ULI – Black and Green (WasabiProduzioni)

Il folk del futuro è qui, in questo disco, dove la contrapposizione tra il bianco ed il nero si trasforma in forme e tonalità di verde profondo che regalano all’ascoltatore incursioni letteralmente elettroniche e accennate in un contesto che sa di fanciullezza svanita e ambizioni importanti, chitarre acustiche inframmezzate da elettricità costante, mai banale, dove le strutturazioni sonore sono paesaggi per l’anima e dove l’ambientazione rende ricca l’idea di una vera ricerca verso nuove finalità; il mondo che non ti aspettavi è proprio qui dentro, dentro alla mente di questa giovane ragazza che riesce a combinare in modo sapiente il dream pop di band culto come Lali Puna per passare a Bat for Lashes e i primi album di Bjork, strizzando l’occhio al minimal folk americano e ad un contesto fertile di nuove espressioni che si evincono già nelle sofisticazioni della traccia d’apertura per arrivare a quella Hicks Y Z che è un finale, ma anche un inizio per ciò che di meglio ancora dovrà venire.

Un disco pop che va oltre il pop, in un susseguirsi fervido di immaginazione e colore, significati da smembrare e ricomporre, quasi fosse il puzzle della nostra esistenza.

The Flying Madonnas – Per Aspera ad Astra (Factum est)

Le fatiche danno le soddisfazioni maggiori e da questo nuovo parto della Factum Est Records, etichetta proveniente direttamente dal corpo multiforme della Jestrai Records, esce un disco estemporaneo e significativo dal titolo Per Aspera ad Astra dei romani The Flying Madonnas.

Luci primaverili che si affossano in una psichedelia diretta al nocciolo e capace di trasformare onde sonore in multiformi ipercubi in metamorfosi, indicando l’infinito che era prima di noi, senza racchiuderlo in segmento, senza farlo partire, ma relegando il nostro scorrere in una linea retta, puntini di sospensione e energia cosmica indissolubile, penetrante e intersecata ad energie che sono esse stesse causa del nostro vivere quotidiano.

Un disco che parla di galassie lontane e di come noi esseri infinitamente piccoli ci troviamo ad osservare un orizzonte ancora troppo importante per essere compreso, un orizzonte compreso solo da chi sa osare ripetutamente nelle ultradimensioni che ancora non conosciamo.

Ecco allora l’eterogeneità dei generi: dal post rock all’elettronica, dal noise fino al potente piglio progressive, in un disco che è esso stesso viaggio cosmico verso una via lontana, forse inarrivabile, ma di certo via da seguire.

Pollock Project – AH! (Autoproduzione)

Terzo album per i Pollock Project che continuano sulla via della sperimentazione a colori in spore primaverili che brillano di luce propria e si fanno concatenamento della mente, difficile da sciogliere, in una costante ricerca appassionata di andare incontro ad un art-jazz che non si ferma alle apparenze, ma che mescola in maniera del tutto coscienziosa un modo nuovo per raggiungere la bellezza contenuta nella frase esclamativa stessa che da il nome al loro nuovo disco.

Un album per pochi, un album difficile, ma pieno di sostanza multiforme, cacofonia, jazz che si innesta all’elettronica per passare ai sample vocali tanto cari all’idea dell’immagine che va oltre lo schermo e che crea un tutt’uno con i ricordi che ci portiamo dentro fin da bambini in un’esperienza oserei dire plurisensoriale, dove la materia è solo un ricordo e dove gli anfratti che si celano nella nostra coscienza sono substrato sonoro per un mondo diverso e forse migliore.

Tre nomi importanti, tre nomi che pesano nel panorama italiano, Marco Testoni, Elisabetta Antonini, Simone Salza e un disco che è pura innovazione, alla ricerca complessa e non sempre strutturata di nuovi modi per comunicare.

fatsO – On tape (jazzhausrecords)

Abbracciare il tempo che passa seduti a guardare su di una panchina di legno i viandanti assonnati al calar della sera che tornano dal lavoro e si fanno compagnia respirando la stessa identica aria: l’aria della Colombia.

 Vapori sulfurei della notte che avanza e capacità di dominare la scena lounge in prospettiva, oltre i luoghi comuni, ma personalizzando e contaminando un blues sopraffino con un jazz d’annata ricco di sfumature che incontra il cantautorato di Tom Waits e Joe Cocker passando per gli estinti, ma sempre nel cuore, Cousteau.

I fatsO hanno le carte in regola per far diventare una grande metropoli come Bogotá, in qualcosa di conosciuto, di essenziale, alla portata dell’uomo, sono capaci di penetrare la scena e rinvigorire il tempo perduto, scavando in profondità per cercare l’essenza nell’anima della musica, senza chiedere riscontri commerciali, ma lavorando duramente per raccontare le immagini di un popolo, l’essenza stessa di un movimento verso il bello, verso ciò di cui abbiamo bisogno.

Ecco allora che i pezzi si sciolgono lentamente, tra le luci soffuse di un locale in penombra; il silenzio costante di un’esigenza in divenire e l’ambizione di ricostruire qualcosa di vero nel caos di ogni giorno.

Gasparazzo Bandabastarda – Forastico (New Model Label)

Una grande festa che non ha fine pronta a concederci la possibilità di ballare a ritmi sostenuti, sentiti e vissuti, tra incursioni che vanno, senza mezzi termini, dal folk al punk, dal reggae al cantautorato, passando per la world music in un collettivo disimpegnato e amante della sperimentazione etnica, in un album, il sesto album, che non smette di stupire ad ogni ascolto; il raggiungimento del punto giusto, dell’alchimia perfetta che consente di unire strumenti moderni ad altri della tradizione, dal sapore vintage, dal sapore del passato, una magia musicale vera e vibrante, ricca di quella capacità nel sostenere ragioni di vita essenziale, tra rimandi cinematografici e bellezza nei testi che si possono rintracciare in rete, un’iconografia ben realizzata che da un maggior senso al termine forestiero, che di questi tempi è saggezza e calma nell’affrontare la vita, un termine che sempre più ha e avrà valore, come senso di accoglimento; un’accoglienza che ci vede protagonisti nell’accettare il lontano, il diverso, il povero: i forestieri potremmo essere noi prima o poi, noi protagonisti di queste canzoni magari in un’altra terra, magari in un’altra vita.

Igor Pitturi – Vesto Male (Frivola Records)

Igor Pitturi è il cantautore del chissenefrega, assolutamente indifferente alla fama e al successo, il nostro tenta nell’impresa di dare un senso nuovo alla forma canzone, in modo ironico e divertito, lasciando parlare di se grazie ad un linguaggio colorato e fiorito, in cerca di un posto nel mondo, con umiltà e capacità di domandarsi se tutto questo intorno abbia un senso.

Vesto male è appunto la summa di questa ricerca, è il concretizzarsi, grazia e due parole, di un mondo voluto e cercato, di un percorso che lo vede al fianco dei conosciuti Filippo Dr Panico e Matteo Fiorino, che per l’occasione si prestano alla costruzione sonora di questa sgangherata opera di riconoscimento, una piccola opera che parla di svuotamento di ideali nella nostra società e di quella ricerca sarcastica del bene nel più vicino male.

E’ meglio non prendersi troppo sul serio, è meglio vivere la vita attimo dopo attimo, le emozioni verranno e noi saremo diversi, capaci ancora per una volta di assaporare il meglio che arriverà; con piglio romantico e sbarazzino il nostro intraprende un viaggio chiamato vita che lo identifica nella massa e lo rende viaggiatore idealizzato del nostro tempo.

Tubax – Governo Laser (Autoproduzione)

Accenni di bagliori e luce che pian piano si apre ad incursioni prog dal sapore d’altri tempi, ma con occhi e orecchi tesi al futuro, mescolati da sintetizzatori ben miscelati e da una capacità intrinseca di dare senso al vuoto, di dare spazio ad uno strumentale atteso e sperato, ben confezionato e ricco di rimandi per ciò che verrà.

Loro sono i Tubax e con questo loro secondo disco si affacciano al mondo su di una finestra aperta a 360°, pronta a sperimentare e intascando le prodezze del passato, spunti necessari per il compimento di un album che sa di colonna sonora, di inseguimento poliziesco anni ’70, i calibro 35 al centro e l’innovazione che costringe l’ascoltatore ad ampliare i propri orizzonti sonori, con caparbietà e determinazione.

Governo Laser è un disco registrato in più sessioni, per raggiungere una perfezione quasi maniacale, un disco nato in un garage prontamente attrezzato e addobbato al meglio per dare forma e sostanza a pezzi che sono perle di genere, hanno i numeri per diventare luci in un mondo si sistemi automatizzati, hanno i numeri per diventare esse stesse prime per scelta e per merito.

Russo Amorale – Russo Amorale (New Model Label)

Cantautore dal piglio vintage e di stampo analogico che regala un ep dall’indubbio spessore artistico che si muove in modo deciso tra passato e presente, tra testi impegnati e non sense disinvolto mirato a creare un nuovo linguaggio, un nuovo modo di scrittura, dopo l’abuso dicotomico toccato dai cantastorie moderni, il nostro Ugo Russo, di origini francesi, intasca una prova che non si ferma al primo ascolto ed è essa stessa raccolta di vita; un insieme di viaggi vissuti da Reggio Emilia, Nancy, Lione passando per Bologna e Parigi, citazioni che si fanno sentiero vissuto e raccontano la parte più vera dell’animo umano, quella parte che soffre e lotta, anime solitarie in cerca di un nuovo mondo possibile e che trovano nell’errare un unico motivo di speranza nei confronti di un qualcosa che è cambiato troppo in fretta; ecco allora che il cantautore si trasforma in veicolo per nuove aspirazioni, capaci di regalare qualcosa di nuovo nel panorama della musica nazionale.

Les Jeux sont funk – Erasing rock (Irma Records)

Musica contaminata dai colori dell’arcobaleno e della neve, in un groviglio esistenziale pronto a sdoganare il rock vecchia maniera per far si che la ricerca sia da stimolo vitale ed essenziale nella trasposizione meticolosa dei suoni e delle ragioni che spingono a creare melodie di una bellezza non di certo rarefatta, ma ostinata, per una prova dal sapore moderno e soprattutto internazionale capace, attraverso un gioco di parole sin dal nome del gruppo, di sradicare le convinzioni del passato per creare un sodalizio tra elettronica e funk, tra strumentale e composizioni lunari che vanno oltre il già sentito, tra echi di St. Vincent passando per Daft Punk e Funkadelic in un Groove deciso e di spessore, una eco continua di rimandi al passato con orecchio proteso al futuro, capace di segnare, in modo indelebile, una strada poco battuta in Italia e in grado di trasformare un’esigenza in qualcosa di più ampio respiro.

Edo e i bucanieri – Canzoni a soppalco (Garrincha Dischi)

Canzoni disimpegnate con fondi di verità ineguagliabile per Edo, che si affaccia al pubblico nazionale con un nuovo nome a sancire le collaborazioni preziose del tempo, a sancire l’esigenza di non essere solo e unico fulcro di un mirabile progetto, ma piuttosto un’esigenza che si fa portatrice di nuovi stimoli per affrontare in modo diverso ciò che la realtà, giorno dopo giorno, ci offre.

Sono storie di vita, quelle scritte da Edoardo Cremonese, cantautore di origini padovane e trapiantato a Milano, sono i racconti delle coppie, sono gli amori indissolubili che si sciolgono come neve al sole, sono il fumo che ci pervade gli occhi prima di riuscire a piangere di nuovo e inevitabilmente sono piccoli fotogrammi di un film che vivono di vita propria: crescono e si adattano, fino al momento dell’abbandono, fino al momento dell’ultimo saluto in un cerchio continuo che si chiama vita.

Ecco allora che gli episodi quotidiani si alternano ai generi più disparati, dal reggae al brit pop per toccare un’elettronica ben dosata e utile nel creare un’atmosfera esigente e al contempo frivola, una dicotomia che parte dal mondo che si osserva, da ciò che gli occhi possono vedere.

Ogni canzone quindi è storia a sé ed è pura sostanza per questi giorni, dieci piccoli racconti che chiedono al tempo di fermarsi e di immortalare, ancora per un momento, quell’attimo infinito.