Astolfo sulla luna – CancroRegina (MiaCamerettaRecords)

Astolfo sulla luna è:

Lei – Divagazioni in delay, sfoghi letterali e sottofondi synthetici Lui – Catenelle a caso su piatti ben precisi L’altra – Reazioni calcolate ad overdrive costante

Astolfo ruba pezzi di Letteratura per renderli propri. Astolfo inventa bpm a Tempi dispari. Astolfo ricopre il tempo con un basso Incostante. Astolfo synthetizza la realtà per poi Sputarci sopra con distorsioni in delay. Astolfo è antipatico, antisettico, matematico, irrequieto, irreale, malvagio, tenero. Astolfo non sa cantare nè parlare, però si veste bene. Astolfo è postneoclassicismorealista qualcosa. Astolfo si vede una volta si e 364 no. Astolfo va sulla luna a riprendere il Senno perso, lo riporta Qui. Sotto forma di Rumore.

Concentrato di affanni in delay, sontuose cavalcate attorniate da epiche parole, quasi un poema, quasi un Ariosto del XXI° secolo a scandire il tempo in una giornata di pioggia dove il nulla sembra essere al suo posto.

Ed ecco la rabbia scatenata, momenti di acuto silenzio e sana recitazione contrapposti allo scatenarsi della tempesta inondante. Recitato Offlaghiano, struttura compatta, quasi sensuale carezza, quasi stucchevole ragione dell’intendere.

Trio di batteria chitarra e basso che raccoglie spunti dalla tradizione post rock, per dilatare il tutto con stile.

4 Canzoni che destrutturano la forma canzone, citando anche Dante e il passato, un’anima tormentata quella che canta, un’anima che raccoglie le ore dove la mezzanotte scuote la memoria, dove ci sono anni per costruire e attimi per distruggere, i nostri sogni in un unico sogno. Sono felice per Astolfo, felice che abbia trovato la sua strada.

MedInItali – Coltivare Piante Grasse (Audioglobe)

 “Coltivare piante grasse” è un disco colorato, ricco di energia e di fusioni free-jazz con tocchi di stile, il tutto legato e cantato da una voce bellissima che ricorda i migliori Sangiorgi e Gulino.

Gli accostamenti con la band di quest’ultimo, visto anche la prevalenza nelle canzoni della chitarra acustica, può sembrare d’obbligo e invece no.

Qui il suono si fa molto più ricercato grazie anche alla presenza di una notevole sessione di fiati e lasciando il tutto a un suono acustico, quasi scarno, ma ricco di sfumature e giusti interventi.

La band dei “MedInItali” nasce 5 anni fa dalle sapienti teste e direi mani di Niccolò Maffei e Matteo Bessone.

Nati e noti come Buskers dublinesi sono tornati in Italia creando una vera e propria formazione con chitarra acustica, sax, batteria e basso con cui hanno vinto numerosi concorsi grazie al demo “Soluzione al tempo” e successivamente con l’album “Bruco EP” hanno potuto condividere il palco con Niccolò Fabi, Moltheni, Marta sui tubi, Roberto Angelini e molti altri.

Le canzoni del nuovo album sono un concentrato di poesia sferzante, di canzone d’autore ricercata e mai banale, un sorriso in pieno giorno mentre l’auto corre su un’autostrada infinita.

In “Perle umide” gli occhi si fanno pietra preziosa che trasuda amore, “7 Fiori” ricrea atmosfere circensi mentre “Piante Grasse” ricorda i CSI nelle schitarrate e gioca sull’assurdo che può esistere nel coltivare piante grasse per stare meglio e per combattere il cemento.

In “Non mi stanco” le stonature di chitarra volute creano bene un’atmosfera notturna e sognante..

“Schiava di un’idea” calma le atmosfere lasciando spazio al quite jazz d’annata.

“L’immagine che a fronte a me si staglia non è mia” annuncia la canzone forse più autobiografica dell’album “Mia Identità” che apre bene alle ultime tre tracce.

Chiusura – meraviglia con “Svanita paura” … “vuoti di memoria a colmare spazi densi di ricordi sparsi in una scatola nera”.

Provo a spegnere il lettore, ma inevitabilmente mi trovo nuovamente la canzone d’inizio che non riesce ad uscire dalla testa.

Lascio posto quindi ai pensieri, quelli veri e più semplici e mi riascolto questa nuova, intricata e dolce meraviglia.

Fusch! – Corinto (Jestrai)

Chi sono i Fusch e da quale pianeta provengono?

Forse non abitano così tanto lontano, sono una band lombarda di diversa estrazione che trova un punto di incontro, per questo primo album, Corinto, in quel di Bergamo.

Alla voce troviamo Amaury Cambuzat già Ulan Bator e Faust, Pier Mecca già Fiub, Mario Moleri e Mariateresa Regazzoni, mamma dei fratelli Ferrari, qui in veste di tastierista tra synth e rhodes.

L’album è un concentrato di suoni profondi e oscuri, dove la voce di Amaury, anche se quasi mai presente, tocca lentamente gli animi di chi ascolta, aprendo voragini incolmabili.

Nel disco troviamo la migliore new-wave, con virate sonore e dissonore, mescolate alle novità indie dell’ultimo periodo.

Baustelle, Verdena, Marlene Kuntz, Afterhours avvolti da suoni siderali, spogliati di qualsiasi parola, quasi inutile, quasi a dire non serve, io ti posso sfiorare anche solo facendoti ascoltare sovraincisioni di sintetizzatori vibranti cenere di una città inglese di fine ottocento.

Tanta è la bravura dei musicisti che ti sanno accompagnare in un viaggio tra le nuvole dove tutto può trasformarsi di colpo per lasciare spazio a ciò che è veramente importante.

Con Tropical Fish assistiamo a una cavalcata solare, mentre in Sento i suoni di fondo sono manipolati, looppati, estrapolati e condotti a Liquida in maniera egregia passando per la speranza in Girasole e trovando i Led Zappelin che stringono la mano ai Cure in Medicina Rossa.

Disco che lascia aperta la strada a nuove forme di sperimentazioni e che getta solide basi per creazioni future potendo pensare che in fin dei conti Corinto non è poi così lontana.