Onorata società – L’animale animale (Autoproduzione)

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Raccontare di questa quotidianità attraverso l’ironia contagiosa e motivata grazie ad un sound in evoluzione che si esprime attraverso il contagio di un Mediterraneo da scoprire e qui posto a veicolo nel proporre a dismisura l’abbandonato e il ritrovato lungo gli scogli di questa e altre vite. Il terzo disco degli Onorata società parte in quarta grazie ad un suono fresco che non cala mai di appeal, anzi intensifica via via il proprio senso di appartenenza a questo mondo grazie a melodie di un certo spessore che scorrono alla velocità della luce e lasciano immagini colorate di una vita che diventa racconto sociale del nostro essere coinvolgendo apertamente una società al limite da cui cercare di trarre un briciolo di umanità. L’animale animale si apre con Randagi a ben rappresentare un suono che diventa circolare e ci conduce mano nella mano attraverso pezzi come Bisogno necessario, Nuovi eroi, Il cuore di Andrea e il finale lasciato a Finalmente social. Il disco dei nostri non passa di certo inosservato, sa coniugare i ritmi del mondo con qualcosa di moderno che ricerca nella realtà virtuale di questi nostri giorni un punto di fuga necessario. 


Azimut – Colpo di vento (Autoproduzione)

album Colpo di Vento - Azimut

Miscuglio eterogeneo di generi che si affacciano alla quotidianità italiana raccontando una vita di provincia con occhio attento e critico capace di scandagliare nell’immediatezza e nella semplicità qualsivoglia comportamento tipico dei nostri giorni. Gli Azimut confezionano una prova ariosa capace di entrare di prepotenza nella testa con pezzi che ci riguardano da vicino, prendendo in prestito l’uso e l’incrocio di stili musicali come il folk, il reggae, lo swing in un caleidoscopio colorato che si sofferma nella bellezza del racconto e nelle immagini che a loro volta vengono a crearsi ascolto su ascolto. Colpo di vento è la necessità impellente di gridare un proprio credo e una propria appartenenza alla terra, tra la natura della campagna e della montagna fino alla caotica città. Gli Azimut con questo disco che racchiude il vecchio e il nuovo del loro repertorio raccolto negli anni, si autodefiniscono raccogliendo la bellezza del tempo trascorso incorniciandola a simbolo di nuova vita. 


Alfabeto Runico – Alfabeto Runico (Apogeo Records)

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Archi che si intrecciano a creare melodie di fondo che incontrano una voce suadente e importante capace di condurci nei mari interiori che scaviamo giorno dopo giorno, volta per volta alla ricerca di un’attesa che sembra contemplare bellezza ad ogni latitudine. Quello degli Alfabeto Runico è un progetto in divenire molto particolare, un trio dove contrabbasso e archetto sfiorato e altre volte dirompente e deflagrante si incontra con la leggera inquietudine di una viola e di un violino a formare canzoni che parlano di tradizione e nel contempo parlano di modernità, di ciò che ci gira attorno e di tutto quello che vorremmo desiderare ancora. E’ inutile dire che la bravura dei tre è punto principale e fondante dell’intero disco, ma non dobbiamo tralasciare la capacità del gruppo di trovare una via di fuga dalle produzioni odierne con classe ed eleganza, con originalità e con un desiderio sempre nuovo di stupire e far innamorare l’ascoltatore attento all’evoluzione del suono. 


Shiver – Settembre (Autoproduzione)

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Settembre è uno stato umorale, un folk impresso su polaroid passate che instaurano incalzanti un sodalizio con una musica che fa ballare, fa alzare lo sguardo al cielo in un momento di eternità brillante speranza. Gli Shiver impacchettano per bene queste quattro canzoni, queste quattro sostanze d’autore per l’ennesima prova che strizza l’occhio ai suoni d’oltreoceano, alle vertigini trasognanti di canzoni che vanno alla velocità della luce e ricordano in qualche modo i racconti di gruppi come i Blindur o i Telestar assiepandosi dolcemente nell’album fotografico migliore che abbiamo da mostrare. Le tracce proposte si rincorrono vicine, si rincorrono a ribadire concetti e buona volontà, dalla bellissima apertura affidata a Medicine per il morale, passando per la title track che si avvia a riconoscere l’altra perla del disco ovvero Storie di sospiri e di ginocchia sbucciate fino al finale di Oltre il suo ritorno. Settembre è la malinconia di un mondo che dovrà rinascere nuovamente, Settembre è anche un piccolo disco che accontenterà anche i palati più esigenti. 


Matteo Fiorino – Fosforo (Phonarchia Dischi)

Matteo Fiorino è un fuoriclasse sghembo che canta storto intessendo il non sense con un approccio goliardico e fiero pur rimanendo nel complesso dimesso e quasi esistenzialista. Il nuovo album prodotto da Nicola Baronti è un insieme di visioni naturali del nostro essere al mondo raccontate in modo del tutto originale e sicuramente personale, dove avvenimenti o esperienze vissute direttamente dal nostro, intrecciano il proprio procedere con un qualcosa di più frammentato e a tratti malinconico, strappando comunque sorrisi e bellezza che possiamo scoprire analizzando i testi. Impresa alquanto ardua in quanto il significato soggettivo del tutto concede la possibilità di dare interpretazioni personali che vanno oltre l’opinione diffusa e donano però al cantautore una nota di merito per il lavoro svolto e per l’attenzione dedicata ad una visione strampalata di tutto ciò che ci circonda. In realtà a Matteo Fiorino non frega niente di tutta questa complessità, piuttosto il nostro naviga i flutti della quotidianità partendo dal proprio essere e canzoni come l’apertura Gengis Khan, Madrigale, Canzone senza cuore o la stessa title track sono poesie emblematiche per comprendere ogni singola lucentezza estemporanea proposta.

Le strade del Mediterraneo – MontDerSud (Autoproduzione)

Recensire un disco del 2016 nei primi mesi del 2018 è un fatto alquanto strano, non penso siano complici le poste questa volta, penso sia soltanto un’esigenza della band in questione di far ascoltare ancora un album che forse non è girato abbastanza e che merita comunque la giusta attenzione. La seconda prova de Le strade del Mediterraneo è un disco scanzonato e nel contempo impegnato, abbraccia in primis un folk cantautorale che non disdegna le incursioni nel ritmato e ricorda per certi versi la musica degli Eugenio in Via di gioia contaminata dalla presenza della Bandabardò in suoni sicuramente già sentiti, ma sempre freschi e attuali. La parte testuale è ben architettata con la presenza di vere e proprie poesie contemporanee che parlano del nostro vivere e di quello che ci circonda, lo fanno in modo mai banale o sconclusionato, ma piuttosto ricercando l’originalità in trame o citazioni dalla vita di tutti giorni con pezzi quali Bazar, Io non ti conosco o Margherita. Le strade del Mediterraneo intascano una buona prova d’insieme lasciando in disparte le indecisioni e ottenendo un risultato di sicuro interesse e di sicuro appeal, ballabile e introspettivo quanto basta per destare il giusto interesse.

Roberto Ventimiglia – Bees Make Love To Flowers (Autoproduzione)

album Bees Make Love To Flowers - Roberto Ventimiglia

Autoproduzione totale che nel lo-fi di facciata nasconde importanti contenuti atti a veicolare sensazioni, emozioni e storie che si fanno racconto in prima persona accompagnate da una luce fioca sul far della sera. Il disco solitario di Roberto Ventimiglia affonda le radici nel cantautorato inglese con spruzzate di folk americano che nella sua accezione più ampia rispecchia stilemi in grado di portare la mente dell’ascoltare all’interno di vortici a raggiungere vertici capaci di intersecare la musica delle ballatone acustiche di Billy Corgan e compagni passando per le introspezioni di musicisti come Elliott Smith e Damien Rice in sei canzoni che sono un diario di vita fatto di schizzi, acquerelli e malinconia a rasserenare i prati di vita della nostra mente. Roberto Ventimiglia percepisce le delicatezze del mondo trasportandole su disco, rassicura con le proprie essenze da cameretta e ci dona l’emblematica presenza di una voce fuori dal coro che possiede il senso del comunicare oltre ogni moda imposta.

State Liquor Store – Nightfall and Aurora (Libellula)

L'immagine può contenere: nuvola, cielo, sMS, spazio all'aperto e natura

Tuffo nel passato per il primo disco dei State Liquor Store, atmosfere cupe e quasi desolanti si scontrano con un cantautorato fatto di pochi oggetti a riempire le stanze, oggetti importanti, cose preziose da non lasciarsi fuggire. Gli State Liquor Store conoscono la lezione dei grandi che furono, incrociando le densità di Neil Young e di band folk che hanno contribuito a dare un senso diverso al new di folk che avanza inesorabile. La band di Asti infatti predilige un approccio classico, ma comunque incisivo e ben strutturato dove le divagazioni sognanti si immedesimano nella realtà quotidiana, quasi ad inseguire un sogno tra le strade polverose della vita. L’omogeneità delle canzoni permette di creare un cerchio concentrico di bellezza rarefatta e l’arte del sogno riprodotta si staglia come pagina aperta da scrivere e implementare giorno dopo giorno. Da Dreamsleeper fino a Lazy morning on the shore i nostri intascano una prova convincente che porta con sé il colore di un notturno tramonto di rara intensità.

Psicantria – Neuropsicantria infantile (LaMeridiana)

Unire impegno e leggerezza non è sempre facile, unire un grande tema come quello dei disturbi e dei problemi legati al mondo infantile e dei bambini con la musica ha un che di anacronistico, fuori dal tempo, quando ancora la canzone era veicolo per messaggi importanti e dove la finalità culturale del tutto risiedeva in ciò che anche i nostri genitori ascoltavano per radio. I tempi sono cambiati, i vari De André, Gaber per citarne alcuni non esistono più e i ricordi di quegli anni si fanno vividi più che mai nella mente di chi ha imparato a lottare grazie alla musica, di chi ha sperato e forse spera che il messaggio musicale possa ancora smuovere masse e accarezzare il brivido dell’utilità non fine a se stessa. Da educatore ascoltare un disco come quello della Neuropsicantria infantile mi fa sgranare gli occhi e aprire bene le orecchie. In questo trattato ironico sono presenti in forma canzone avventure immagino in parte autobiografiche dove il tema principale riguarda i disturbi legati alla crescita dei più piccoli il tutto suonato con un folk sbarazzino alternato a parti più meditative in grado di colpire per profondità, coerenza e fedeltà ad un qualcosa che non tutti conoscono, ma che dovrebbe acquisire il giusto senso in questi giorni sempre più malati. Neuropsicantria infantile raccoglie diciassette pezzi che ci riguardano da vicino, molto da vicino, sottraendo tempo all’inutilità e dando finalmente e nuovamente una funzione salvifica e importante alla parola canzone.

da Black Jezus – They can’t cage the light (Weapons of love Records)

Impressionante album d’esordio per un duo composito che mescola black music e folk in una formula stravagante intrisa di chitarre e voci profonde e graffianti, particolari, strane nella loro omogeneità in complessi assolutamente luccicanti e nel contempo oscuri e introspettivi. I da Black Jezus compiono una specie di miracolo attraverso nove canzoni che profumano di internazionalità e bellezza, pezzi stratificati pieni di chitarre e leggera elettronica a fare da contraltare ad una voce maschile spettacolare e originale per una freschezza che si respira sin dalle prime note riuscendo a dare un senso alle melodie e alle architetture create inesorabilmente. Le canzoni proposte non passano di certo inosservate e la dicotomia buio e luce è una chiave di lettura per comprendere appieno questo accecante concentrato di saperi ed emozioni installate a dovere per sorprendere in una dimensione intima quanto essenziale. I da Black Jezus danno vita a qualcosa di difficilmente replicabile, ma che ora possiamo goderci appieno.