Barberini – Barberini (Frivola Records)

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Suoni disincantati per l’esordio della cantautrice romana Barbara Bigi in arte Barberini, per un disco che fa della poesia cantata in italiano una propria arma di sfogo e facile appeal ad intessere canzoni da cameretta che ben si estendono nel salotto sognante fatto e creato per l’occasione dalla nostra in un vortice di emozioni che riempie gli ambienti curandone i minimi dettagli e pesando la voce, pesando le rime in un accenno sussurrato che nel bisogno estetico diventa solitario abbraccio per il tempo che verrà. Barberini racconta della nostra vita, racconta di immagini e di fotografie sfocate di un tempo lontano, ma parla anche da vicino al nostro cuore, parla con costanza dell’alienazione e del ritornare in qualche modo alla scoperta della semplicità in canzoni che sono emblema del pop d’autore che conquista da L’ultima notte passando per il singolo Le cabriolet fino a convogliare l’energia rimasta in Titoli di coda per una prova dal sapore d’altri tempi, ma così umana e reale da riuscire sempre e comunque a stupire. 


Rosso Petrolio – Rosso Petrolio (Autoproduzione)

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Solo a guardarlo da fuori questo disco è una piccola opera d’arte, un libretto brossurato che raccoglie le poesie in viaggio del nostro Antonio Rossi, in arte Rosso Petrolio, poesie che si legano indissolubilmente ai pezzi proposti nel disco allegato e incorporato, un piccolo EP di cinque canzoni sotterranee da ascoltarsi in rigoroso silenzio e inglobando le emozioni di questo viandante solitario capace di raccontare il crollo della società moderna passando per gli amori intermittenti grazie ad un album fatto di sostanza di fondo da preservare in stretto contatto con il folk americano si, ma anche in stretto contatto con quello nord europeo, Glen Hansard su tutti, in una proposta cantautorale di brani originali, due in inglese e tre in italiano, capaci di rappresentare alla perfezione pensieri in dissolvenza e ancore di salvataggio per un cantautore in continua maturazione che colpisce per grande esperienza alle spalle, ma che soprattutto colpisce per la capacità di evocare ambienti armoniosi contrapposti ad un’introspezione di fondo che fa scuola.

Skymall Solution – Skymall Solution (VREC)

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Abissi aperti per il gruppo romano che incasella perfettamente la lezione di tutto quel post grunge sorto dalle ceneri dei primi anni ’90 per confezionare a pennello un disco ben suonato e vissuto, stratificato e coeso, creante continuità con uno spirito, un punto fermo, un cardine in grado di approfondire il passato lasciando in disparte le tendenze e toccando vertici di alto lirismo alternative americano tra Deftones, A perfect Circle, Staind e Tool, un sodalizio energico che non perde di originalità e cerca di ricavarsi un porto sicuro dove poter approdare con canzoni simbolo/singolo come Cold war o Touch me senza dimenticare lo spessore di Running Reflection o di Eyes in un suono dolce e nel contempo aggressivo, tecnico e sospeso, puntuale e mai banale dove l’apoteosi sembra sempre essere lì in procinto di prendere il sopravvento, ma nello stesso tempo si affievolisce in attimi meditativi in un moto ondoso che non trova pace.

Zein – Il viaggio, il futuro & Jolanda (ALKA record label)

Disco di matrice pop che si staglia all’orizzonte rincorrendo spruzzate di elettronica non troppo delineata a far da controcanto a cori e chitarre che ben si amalgamano con questo EP d’esordio degli Zein, band romana, già fattasi notare in diversi locali della zona e che grazie a questo piccolo album mette il sigillo sulla qualità di stesura e interpretazione musicale di brani che affrontano la quotidianità attraverso una continua domanda, un continuo bisogno di chiedersi nell’occupare un destino bramoso di rivincite e di sostegno per un’identità musicale che trova nella formula poppeggiante una propria via di fuga, una sorta di interesse rock in chiave moderna che non grida le proprie intenzioni, ma piuttosto le accompagna, le fa proprie e le sostiene, le misura e le dipinge, proprio come nella bellissima cover del disco dove, tra i fiori di ciliegio, una ragazza ascolta in cuffia la propria vita scorrergli dentro, fino a cadere in un mondo idealizzato dove scomparire forse è solo l’inizio di qualcosa di nuovo.

La Griffe – Hypno-Pop (Autoproduzione)

Ep di lancio della band di Roma che intasca una prova dal sicuro impatto emozionale che mescola elementi della quotidianità in un pop rimescolato a dovere, con una forma canzone che abbraccia l’elettronica, tra techno ed electrohouse spruzzato e rappato in un sali scendi canoro e musicale che tesse trame di originalità e convince fin da Deserto per passare al singolo Where are you going? e infiltrando il proprio essere costante in una ricerca che si fa concretezza in pezzi come Suoni e Altrove a identificare al meglio una realtà che sa sfruttare le carte in proprio possesso nell’intento di dare nuova aria e nuova linfa ad un panorama saturo di proposte; sentiremo ancora parlare dei La griffe, ne sono certo, una band che nella ricerca elettronica ha saputo dare movimento circolare a costrutti pop di grande e coinvolgente effetto scenico.

WIR – Unusual Romance (Autoproduzione)

Amore per il rock d’oltre oceano che si staglia all’orizzonte e permette di creare un suono convincente sin dalle prime battute strizzando l’occhio nei confronti di sonorità tipiche degli anni ’90 con lo sguardo egregiamente proteso al futuro, per un disco, quello dei WIR, che racconta con intimità celata la storia dell’amore e delle sue gradazioni, in costante mutamento e in costante esercitazione di riflesso che permette di raccontare e raccontarsi in un sali scendi di emozioni che si perpetua e rincorre il nostro vivere quotidiano, lo fa con una formula azzeccata che accarezza band come The Cranberries e ci narra di un passato da custodire vicino al nostro cuore, per una manciata di pezzi che scavano nel nostro essere più profondo, quattro canzoni che ci accolgono e ci respingono, ci atterrano e ci lasciano con il fiato sospeso, da Borderline fino a 1999, passando per la bellissima Hospital e Humanimals per un disco, questo, che porta con sé il sapore delle cose passate, degli anni che non ci sono più e di tutto il tempo perso a rincorrere nei prati le nostalgie della nostra anima.

Fùrnari – Abusivi sognatori (Terre Sommerse)

Furnari

Il mondo di Furnari è un mondo da scoprire, pieno di immagini oniriche che affacciano i pensieri al cielo di Magritte, in evoluzioni cantautorali moderne mescolate all’elettronica dimessa, che non entra di prepotenza, ma aiuta, come coadiuvante, nell’intento di ricreare una maglia sognante di belle intenzioni che preannunciano testi pindarici ed espressivi, non troppo macchinosi, ma semplici e diretti, dove l’introspezione lascia spazio, il più delle volte, ad un’esternazione importante di stati d’animo e racconti di vita, pezzi che vibrano e scaldano, canzoni che sono la summa di un percorso artistico che raccoglie l’eredità del passato, raccoglie i migliori frutti di un mondo lontano, per farceli assaporare in pezzi come l’iniziale Sopravvissuti, Chimere, Siamo Meteore, Pellicole e l’essenziale I segreti di Settembre, un disco che guarda lo spazio e si ferma oltre, sogna e rende realtà una dimensione acustica amplificata, lassù dove tutto è oscuro, lassù dove il suono non esiste, ma la sostanza è materia che rimane nel tempo.

Un album che delicatamente mescola la musica d’autore con i suoni più moderni intascando le esigenze del momento e ricreandole fuori da ogni logica precostituita.

Humour Nero – Minimi Sistemi (Autoproduzione)

Riuscire a captare i segnali che provengono dall’esterno non è sempre facile, molte volte c’è una forte possibilità che il prendere alla lettera o troppo sul serio alcune questioni, anche in ambito musicale, porti ad una selettività che impedisce di ricevere il malessere di una società e nel contempo non permette di riscoprire una sempre più abbandonata ironia, unica sostanza in grado di osservare il mondo con occhi diversi.

I romani Humour Nero invece, riescono a concentrare le proprie forze, costruendo una struttura musicale e poetica alquanto portante e di sicuro effetto, mescolando in modo sapiente la lezione degli anni ’90, tra Rem e Radiohead, passando per gli Smashing Pumpkins e quell’italianità che si evince nell’uso della lingua e dei testi mai banali che possiamo trovare nei Baustelle di Amen o nei Perturbazione di Del Nostro tempo rubato, a ridare un senso necessario alla bellezza che abbiamo intorno, perlomeno in un aspirato tentativo di guardare, lontano, magari dallo spazio, quel piccolo puntino che occupiamo e che si chiama mondo.

Sei canzoni per un EP che ci lascia il sorriso sulla bocca, nulla a che vedere con l’indie folk degli ultimi anni, anzi, a mio avviso questa potrebbe essere una nuova via da percorrere: ironia in rock, con spruzzate di elettronica a rispolverare ciò che abbiamo perduto, ciò che sappiamo fare meglio, magari dal binocolo di Galileo, per guardare lassù oltre il cielo del già sentito.

-FUMETTO- Fulvio Risuleo – Pixel (ultra)


Titolo: Pixel

Autori: Fulvio Risuleo

Casa Editrice: ultra

Prezzo: 15,90 €

ISBN: 9788867764358

 

Nell’era dell’alta definizione vedere un coccodrillo e un dinosauro illustrati attraverso i pixel, crea in noi una certa nostalgia, non tanto per il passato e per la grafica spartana a 8 bit del Commodere 64, ma piuttosto per i sentimenti, quelli veri e profondi, difficili ancora da assaporare in un mondo così effimero e labile come quello in cui ci troviamo a vivere; un dinosauro e un coccodrillo, amici nel mondo animale cercano qualcuno che li sappia condurre: un leader, un mentore, una guida, un qualcosa che riesca a dare colore e a scaldare in un mondo così freddo come quello del computer e della macchina, un mondo bianco e graficamente perfetto, didascalico e opprimente, ma allo stesso tempo oscurato dalla forza della parola, dalla scambio emozionale, dall’esigenza di esprimere le proprie emozioni in contesti fuorvianti e metafisici, ma carichi di significato.

Il giovane regista romano, classe 1991, Fulvio Risuleo, con delicatezza quasi commovente ci racconta di un mondo ancora possibile, di uno spettacolo nascosto dietro al sipario di un teatro che si chiama vita e che per l’occasione si veste di una grafica semplice ed essenziale, pura, dove appunto l’esigenza di apparire è prepotentemente sovrastata dall’esigenza di essere, due amici che si incontrano per dare un senso alle loro vite, interrogandosi costantemente sul futuro che li attende e dopo un sogno alquanto strano di dinosauro, cercano qualcuno che in qualche modo sia figura carismatica da seguire per futuri radiosi o più semplicemente per dare un senso alle proprie, piatte, vite.

Ecco allora l’idea di invitare i propri amici animali ad un pic-nic al mare, gran parte del fumetto è concentrato sul farci conoscere le caratteristiche peculiari che delineano il profilo di questi: la gallina, il serpente, la giraffa, l’elefante, la balena, solo per citarne alcuni; animali con il loro carattere che segnano, e si sente, il confine in grado di generare dissapori e intese, costrutti e abbandoni, sino a raggiungere ad un finale meraviglia che allaccia maggiormente la realtà al sentimento, la semplicità all’enormità degli argomenti affrontati.

Un fumetto originale e di certo essenziale per i giorni in cui viviamo, una piccola grande opera narrativa che si discosta dalla bellezza estetica per comunicare attraverso linguaggi nuovi, che vanno oltre gli aggiornamenti dei software mensili, garantendosi di diritto un posto nella narrativa d’avanguardia, come esperimento ben riuscito, capace di creare sorrisi spontanei e dando forma a personaggi indimenticabili e di forte impatto emotivo strutturati come architetture geometriche dal grande cuore.

Per maggiori info e per acquistare il fumetto:

http://ultraedizioni.it/authors/fulvio-risuleo/?orderby=menu_order

 

I Goldoni – Il mondo è bello perché è avariato (Autoproduzione)

Ritorna il percorso sonoro iniziato con Il diversivo, per la band proveniente da Aprilia nel Lazio, il trio ironico e istrionico senza peli sulla lingua per eccellenza ci regala un nuovo disco che ci catapulta attraverso gli orrori e gli errori di questa società dove le canzoni sono intervallate da dialoghi al limite dell’immaginato anche se purtroppo del tutto reali per testi intrisi di quella capacità nel raccontare le storie di ogni giorno, le storie di tutti noi, scoprendoci esseri al limite di comunicazione e sostanza, scoprendoci purtroppo troppo umani per poter sperare in cambiamenti repentini di questa società.

Un album che miscela senza problemi il rock alla musica d’autore, passando per il funk e il blues, rimarcando l’essenzialità della proposta virata più sui contenuti che sulla forma, partendo con le paranoie dell’Università e giù giù fino a Dentro ai cessi dei locali, che è pezzo capolavoro contenente la frase simbolo che da il nome al disco; un insieme di colori brillanti tenuti insieme dalla voglia di divertirsi, forse questa è la formula dei nostri, che con facilità e immediatezza si guadagnano un posto di genere nelle produzioni italiane, così poco propense, solitamente, a ironizzare su se stesse, per un disco questo, che fa del suo prendersi poco sul serio un’arma sicuramente vincente.