Disegni sonori in dissoluzione spaziano all’interno di una poliedricità che fa scuola ottenendo spigolose ambientazioni che riescono nel tentativo di decifrare forme e sostanza all’interno di una scatola mai chiusa dove colori necessari diventano la chiave esistenziale per capire passi mai incerti e tantomeno sfocati. Qui, nell’avanguardia che respiriamo, ci sono le stratificazioni sonore che fanno dell’elettronica di confine un punto utile nel definire spazi e momenti. Movimenti che si fanno un tutt’uno con il corpo e con la parte più nascosta di noi fondendo nu jazz, lounge e tutta una serie di suoni sintetizzati e d’atmosfera. Plastic era racconta e si spinge, cerca nuove soluzioni nel labirinto della quotidianità e riesce ad ottenere un viaggio spaziale di sola andata verso territori nascosti che trovano nelle sfumature del tempo la chiave per comprendere la complessità che avanza. Da Inside fino a Golden bridge passando per After hate, Hurt box, Seamless, il progetto Eva Kunt progredisce nell’indefinita quotidianità grazie ad una spinta davvero convincente.