Edoardo Baroni – Il momento di pensare alle cose (Lapidarie Incisioni)

Contrappunti sonori ben delineati che riempiono stanze buie al calare dal solo e scrutano tra le persiane l’arrivo di un nuovo giorno, intenso, sperato, magnetico e compreso tra attimi introspettivi e felicità da raggiungere, da ammirare e da vivere pienamente. Il cantautore romano Edoardo Baroni ci regala una prova che sa di poesia che non c’è più, quel raffinato intendere il vivere del momento attraverso gli occhi di chi non ha nulla da perdere e consegna nel diario della vita un’esigenza di intrappolare il momento, la felicità sperata, l’ingegnarsi per un mondo migliore. Dentro a Il momento di pensare alle cose c’è un universo in espansione che vibra di voce e arrangiamenti scarni, ricopre il cantautorato di un Dalla e di un Battisti migliore per arrivare ai più recenti Tiromancino e sono gli attimi quelli che contano, sono loro a rendere protagonista la nostra stessa storia. L’album si dipana in un’omogeneità di fondo che non stanca, ma aggiunge canzone dopo canzone un tassello importante che ci fa riscoprire la poetica accompagnata da una leggera elettronica di sottofondo, per suoni a tratti vintage e a tratti moderni dove il testo in primo piano è sicurezza comunicativa da qui al giorno che verrà.

Skelters – Rivoluzione 9 (IRMA Records)

album Rivoluzione 9 - Skelters

Cantautorato sottile e studiato che ha il sapore degli anni ’90 e del primo 2000, un indie d’autore capace di seminare cristalli di luci e ottenebrare il circostante con leggerezza mai troppo compressa, ma piuttosto raggruppando un insieme di caratteristiche intrinseche ad una specificazione e ad un intrecciarsi di rapporti umani e di vite vissute. Un ciclo quindi quello degli Skelters, un ciclo che raggruppa malinconie pop alle schitarrate arancioni della Terra d’Albione in un concentrarsi quasi metafisico di poesie in musica che si spingono oltre e vogliono costituire un punto d’approdo per soddisfazioni e meriti ricchi di rimandi al Bianco dei Beatles, ma qui riproposti in chiave attuale senza mai strafare, ma piuttosto concentrandosi sulla pulizia dei suoni e sulle parole che nel disco contenute danno un senso diverso ai sentimenti che ci toccano da vicino. Siamo è la traccia d’apertura che conduce ad Eroe e poi a pezzi necessari come Senza lei o il finale lasciato a Chimica dell’amore per un gusto vintage che riprende aspetti e stilemi passati, senza però dimenticare l’epoca in cui viviamo, un’età dove l’assoluta ricerca di un qualcosa di diverso per sopravvivere porta alla luce dischi notevoli come questo e ci fa sperare in un ritorno all’essenzialità che anche in musica ha il bisogno necessario di ritrovare la propria purezza.

MDGA – The Album (Beta Produzioni)

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Commistione di generi in alternativa ascendente dirompenti per necessità e bisogno di attanagliare vita e concedersi in pezzi da primo album che regalano eterogeneità alla proposta e un gusto per la sperimentazione davvero non indifferente. Gli MDGA sfornano un lavoro di per sé strutturalmente complesso, carico di quel bisogno di comunicare che non è di certo facile rappresentare ai giorni nostri e con spirito d’iniziativa i nostri contengono ambizioni per parlare di vita quotidiana, di realtà che facilmente possiamo cucirci addosso come abito che ci sta stretto e che prima o poi sentiamo il bisogno di cambiare per sempre. All’interno del The Album c’è un insieme di generi davvero particolare, si parte dallo ska  e alle spruzzate di reggae passando per l’hip hop e la canzone d’autore, il tutto costituito ed elargito a far da costante magnetica per pensieri non banali di certo, ma che ci regalano attimi di pura emozione in pezzi come l’apertura lasciata A sud di ogni cosa ad intervallare capacità espressiva in Big town, Questa è la mia vita o Sunshine fino al gran finale che odora di richiamo e gioventù concesso a Ear me now. Un disco stratificato quello dei MDGA che uscirà a Settembre inoltrato, un album in cui l’originalità di fondo dona la possibilità di aprire le proprie aspirazioni ad un qualcosa di condiviso che tocca vertici notevoli e sentiti.

Fenriver – Delta (New Model Label)

Oltre l’heavy-psych che conosciamo i Fenriver al loro esordio intascano una prova davvero interessante che coniuga elementi di post hardcore con un qualcosa di più sotterraneo e tecnico, un heavy oscuro che abbraccia la passione per il prog e le sovrastrutture stratificate all’inverosimile tanto da far suonare il pezzo come una canzone dentro ad un’altra canzone senza fine. I quattro veneti si concedono ad attimi lisergici che scoppiano poi di esplosioni sonore distorte tanto gainizzate e compresse da far scervellare risalendo la corrente dei nostri incubi peggiori e raggranellando influenze su influenze, dai Black Sabbath ai Kyuss, passando per i Melvins e i contagiosi Led Zeppelin in un vortice di quattro canzoni, cantate in inglese e italiano che arroventano i ferri del mestiere e si concedono nel finale alla potenza sonora totale di In solitude, suite di otto minuti che comprime e dilata il tempo a proprio piacimento. Una prova d’esordio davvero importante questa che sottolinea non solo la forte capacità tecnica del gruppo, ma anche e soprattutto le doti di comunicazione della band che utilizzano un registro vintage avvolgente che incontrerà il piacere di molti puristi della prima ora.

Riverweed – Full Moon (New Model Label)

Nati sulle rive del Sile e pronti a sfociare nell’Adriatico e oltre i Riverweed, duo composito fatto di chitarra e batteria, amplifica le visioni lagunari ed estende la passione musicale con occhio di riguardo nei confronti del delta del Mississippi, blues concentrico, garage rock e amarezza bruciata dalla rabbia capace di creare vincoli da scardinare in un approccio immediato e distorto fatto di rimandi al passato e concretezza da vendere fin dal primo ascolto. Un Ep di sei pezzi, un album che ha il sapore del presagio e che si differenzia per una spontanea attitudine a ricreare suoni di superficie che ben disorientano su di un palco legnoso e ricoperto di luci da far vibrare fin dalle prime battute, da The mole fino a Flower dust, passando per inni come Barefoot blues o l’altra centrale Homo Sapiens. I Riverweed consegnano agli ascoltatori un mix di sudore ambivalente per palati esigenti, ma non solo, il gruppo trevigiano ci lascia il sapore di un qualcosa che sta esplodendo come sassi di granito gettati al suolo.

Pivirama – Senza Rete (New Model Label)

L'immagine può contenere: una o più persone, spazio all'aperto e sMS

Continua la ricerca stilistica di Raffaella Daino, cantautrice siciliana che con il nuovo disco Senza Rete si tuffa negli abissi della discografia contemporanea dando alla luce una prova originale e intrisa di cruda realtà. Un album di pop rock cantautorale sospeso tra progetti che accarezzano la realtà circostante e fanno presa grazie ad una voce delicata e sospirante, fluttuando tra leggere derive elettroniche e suoni d’atmosfera che fanno capolino guardando lontano e cercando di raccontare ciò che accade con occhi critici e nel contempo con occhi da eterna sognatrice in un gioco di luci e ombre che si attestano a chiarificare territori ambiziosi e talvolta incontrollati. Canzoni in apertura come Sassi di vetro e Nuvole giocano con le dicotomie e i colori per poi assemblarsi in quotidianità sospesa in pezzi come Jungle, frontiere chiuse e Arida per arrivare alla Title track ricca di fascino che ci conduce via via verso composizioni personali come Asimmetrie e Alter Ego in un bisogno di comunicare la propria appartenenza ad un mondo in subbuglio dove la lotta sembra essere rimasta l’unica e sostanziale via di fuga. Senza Rete è un disco completo sotto molti punti di vista e conferma la capacità di Raffaella di narrare vicende che ci toccano inevitabilmente da vicino giorno dopo giorno.

Forestale Val d’Aupa – Dorsale (Ribéss Records)

Folletto dei boschi reali che imprime sugli alberi le voci di questi giorni, farciti e conditi da testi che ripercorrono poesie ermetiche e registrate in baite montagnose che danno al tutto un senso di contorno davvero speciale per una bassa fedeltà d’intenti voluta in grado di sottolineare con grande capacità la noncuranza per le mode e la totale estraneità ai mezzi di comunicazione di massa, social ovviamente compresi. Bruno Clocchiatti è uno spirito libero, di giorno distribuisce bibite, di sera registra lo-fi le proprie condizioni umane. Il disco in questione è ripreso grazie ad un microfono di un tablet e il risultato che ne esce è un insieme di canzoni davvero ispirate in bilico tra la canzone d’autore e un vinile di un tempo passato che suona ancora e proietta sui propri solchi il gusto per una poesia attuale e vetrata quanto basta da disegnare profondamente le intelaiature delle finestre per i paesaggi che ammireremo da qui al domani.

TIR – CLIMA (Ribéss Records)

Evoluzione sonora di quello che era il gAs, gabinetto di Alchimia sonora, costola di improvvisazione che aveva come punto d’incontro la sede della Ribéss Records, un disco composito fatto di astrazioni questo CLIMA, un processo continuo di fare e dismettere, maneggiando con cura l’intero spazio che abbiamo a disposizione e ricoprendo di apposite e dovute precauzioni quel senso di ambiente sonoro elegante e pieno di sfumature, capace di inabissarsi e poi condurci verso lidi lontani, mirabili come gli orizzonti che solo al tatto possiamo immaginare. Moltitudini di generi che si affacciamo alle nostre orecchie sono solo accenno alle strutture che possiamo percepire in questa produzione, nulla è dato per scontato e tutto sembra aprirsi ad un mondo in dissoluzione per dare vita ad una colonna sonora del nostro tempo che è si fuga dalla realtà, ma anche e soprattutto amore per il tangibile, quello stesso amore che segna le nostre esigenze e ci conduce nel vortice infinitesimale di pezzi come Kobane, Eternebra, Munduruku. Dalle astrazioni concettuali dei Casa di Filippo Bordignon passando per l’evoluzione di un post rock elettronico TIR è la candela che ci fa osservare da vicino la profondità degli oceani, della terra e dei cieli che abitiamo.

Crowdfunding per sostenere il progetto:

https://www.musicraiser.com/it/projects/8108

Pieralberto Valli – ATLAS (Ribéss Records)

Il punto di forza di questo disco è la capacità di raccontare il nostro tempo con delicatezza e leggera distorsione della realtà in un quadro tanto criptico quanto comprensibile tra il bisogno nell’attingere linfa essenziale e quell’arte per l’arte fatta di prodezze sempre più necessarie al giorno d’oggi. Pieralberto Valli, già leader dei Santo Barbaro, gruppo conosciuto per prove alquanto sublimi e importanti nel panorama della musica indipendente italiana dà vita ad un concept che ricopre spazi di interezza risultando per complessità narrativa fuori dal tempo, fuori da ogni vincolo precostituito e ricco di phatos atmosferico che coniuga alla perfezione il pop-piano di un ritorno malinconico e l’elettronica in sovrapposizioni non preponderanti, ma piuttosto ritmiche che compensano un’anima capace di esprimere in dieci pezzi un condensato di introspezioni inizio secolo. Per parallelismo mi viene da pensare all’ultimo disco di Paolo Cattaneo poi mi fermo un attimo e mi convinco che questa musica è un organismo a sé, capace di vivere di vita propria, basti pensare a pezzi come l’apertura Atlantide, Frontiera che cita Luca Barachetti e i suoi passati Bancale, passando per il Rumore del tempo, Esodo e nel finale Non siamo soli per comprenderne la cura sonora e gli spazi interposti da qui al futuro in una grandezza tangibile e in evoluzione. I social abbondano di schifezze e di diatribe continue, dai TheGiornalisti passando per Motta, nessuno escluso, mercificazione e sponsorizzazioni in abbondanza, discussioni sulle ultime inutilità di questo tempo, poi così dal nulla ti arrivano dischi come questo, in copie numerate e dal packaging così prezioso e ti riscopri in qualche modo lontano, diverso, più maturo, con la sicurezza che quello che stai coltivando, abbandonando tutto il resto, è solo necessario.

-FUMETTI- Patrizia Rinaldi/Marco Paci – La compagnia dei soli (Sinnos)

2Titolo: La compagnia dei soli

Autori: Patrizia Rinaldi/Marco Paci

Casa Editrice: Sinnos

Caratteristiche: brossura, pag. 96

Prezzo: 12,00 €

ISBN: 978876093364

 

Bambini sperduti o quasi in un territorio che non esiste, non stiamo parlando di Peter Pan, ma di un capolavoro moderno ed essenziale della narrativa a fumetti per ragazzi: La compagnia dei soli. Già dal titolo la chiave di lettura e di interpretazione si fa presente e costante e rimanda inequivocabilmente il racconto ad un solitario peregrinare in un mondo ostile, dalle atmosfere cupe legate ad un clima per niente edulcorato, ma piuttosto in grado di sottolineare le difficoltà della vita, le prova da superare, il vivere fatto di ostacoli e il bisogno di ritrovarsi insieme, lontani da tutto ciò che opprime.

Sinnos editrice affonda le radici nella solitudine dell’animo umano, lo fa con la caparbietà che la contraddistingue da sempre stampando un testo importante, nonché fresco vincitore del Premio Andersen 2017 come miglior libro a fumetti per ragazzi. Nel testo viene racconta una storia corale, fatta da più personaggi, da ragazzi che fuggono dalla barbarie di un tempo indefinito, ma non troppo lontano, dove la guerra, le violenze e la temibile esplosione di un vulcano fanno da contorno a storie di fragilità, di rabbia, di privazioni, ma anche di volontà nel recuperare l’abbandonato in una spirale che dà fondo alle disillusioni della vita e che proprio da queste riparte per conquistare la libertà sperata.

Le immagini si muovono attraverso un notturno sole di potenza espressiva immaginifica e a tratti claustrofobica grazie alle ossessioni monocromatiche e in bicromia di Marco Paci, illustratore in grado di dare voce in modo direi esemplare al singolare linguaggio della già premiata Patrizia Rinaldi utilizzando, nelle illustrazioni, un colore dominante diverso per rappresentare il singolo personaggio narrato. I testi, invece, abbandonano la trama lineare concentrandosi sulla creazione indiscutibile di uno stile unico capace di intrecciare poesia ed alta letteratura in un connubio singolare che consente all’intera produzione di guadagnarsi un valore aggiunto che incide notevolmente sul risultato finale.

La compagnia dei soli ha dei chiari punti in comune con capisaldi della narrativa per ragazzi come Il signore delle mosche di Golding o del più “recente” Il corpo di Stephen King conosciuto ai più nell’adattamento cinematografico di Rob Reiner Stand by me, anche se devo dire che questo graphic novel, per struttura di certo non lineare, si discosta notevolmente dai precedenti citati donando ritmo intrigante alla narrazione ed implicitamente regalando ai pre-adolescenti e non solo, uno spaccato importante di questa società. La rabbia e l’abbandono sono i fantasmi che ogni giorno bisogna affrontare e la condivisione di vita è forse l’unico antidoto, l’unica possibilità per ritrovarsi a guardare il mondo con gli stessi occhi, lontano, oltre ogni apparenza, oltre la morte del nostro stesso pensiero.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.sinnos.org/il-premio-andersen-a-la-compagnia-dei-soli/