Honeybird e the birdies – You should Reproduce (Trovarobato)

E’ come entrare e essere risucchiati.

Accolti in un bellissimo inverno caloroso e ritmato, maglioni sempre presenti che regalano quella morbidezza di cui uno ha bisogno e allo stesso tempo quell’essere spigoloso, freddo, ma magicamente perfetto, invitante, il non uscire dal calore principale che ci ha portati ad essere quello che siamo.

Tutto questo lo possiamo trovare nel nuovo lavoro degli Honeybird e the Birdies, impossibili da etichettare e altrettanto folli e alchemici.

Una voce maschile Federico, due le voci femminili Paola e Monique, incroci con Molko e Bjork, ma moltiplicate all’ennesima potenza, quasi indescrivibili, tanto le trovate geniali in questo disco sono evidenti.

Dalla Bossanova, ai ritmi caraibici, dal rock dei Beatles al pop più radiofonico di Lisa Hanningan il trio regala, una dietro l’altra, canzoni originalissime e ricche di trasporto, non sempre facili al primo ascolto, ma sicuramente che guadagnano punti con ripetute esecuzioni.

Gli strumenti utilizzati sono innumerevoli: dal charango alla chitarra, dal berimbau al cajon, dall’ukulele alla diamonica senza dimenticare sintetizzatori vari.

Sinceramente una gran prova da studio che vede anche la presenza di Enrico Gabrielli nelle vesti di produttore e musicista in alcuni brani; un album che ci farà ricordare il calore estivo anche davanti a questo lungo inverno e ci farà vedere il mare fissando il muro di casa.

http://honeybird.net/

Treremoto – Treremoto Ep (Autoproduzione)

I padovani Treremoto sono un miscuglio eterogeneo di suoni legati a sonorità alla Nirvana, Verdena, Motorhead, Audioslave, Pearl Jam, pur mantenendo una costanza e un’integrità non indifferenti.

Sono in tre Nicola Alfine alla chitarra e voce, Oscar Cey Libero all’organo, tastiere e cori e Giorgio Rosin alla batteria.

Un progetto bass less che fondamentalmente non ne sente il bisogno, tanto il suono è pieno e ben misurato.

L’ep in questione è completamente autoprodotto ed è il primo lavoro non solo della band, ma anche del grafico e dei fonici di studio.

I suoni sono granitici, la voce affilata e giustamente roca è adatta al genere.

Impressiona la parte chitarristica suonata dallo stesso cantante accompagnata dalla puntuale batteria e dall’organo stile hammond che richiama a suoni più vintage ricondotti alla tradizione e al passato; vedi Le orme, Banco, Pfm.

I pezzi che compongono l’album sono 6: si parte con L’onda e in un attimo ci troviamo catapultati in un mare in burrasca: ma se sapessi nel rumore che pace c’è.

Si prosegue con Dentro il deserto ricordando il delay che muore di Verdeniana memoria.

Corvi a mio avviso il pezzo più riuscito con quella frase che con difficoltà esce dalla testa: ricorda bimba se allevi i corvi prima o poi ti caveranno gli occhi.

La quarta canzone Sara che… è un blues maledetto mentre la successiva La nuda danza del sesso alza i toni per accompagnarci alla finale e progressiva Luna con partenza alla Pink Floyd dei diamanti pazzi e di welcome to the machine e proseguendo in un crescendo dirompente.

Bella prova e bella autoproduzione, ora manca solo di sentire questo trio dal vivo e ne sono certo non deluderà.

Frankie Magellano – Adulterio e porcherie (Muki Edizioni)

Ritmi gitani sostenuti, serrati, parole contorte in continui saliscendi emozionali circondati da bravura musicale e tante tante sorprese.

Così si può riassumere il nuovo lavoro di Frankie Magellano, cantautore istrionico che si muove tra le onde della miglior canzone cantautorale italiana, vedi Caposela e ritmi balcanici e dell’Europa dell’Est vedi Gogol Bordello.

Il progetto di Frankie vede la luce in quel di Correggio nel 1995 dalla mente di Matteo Morgotti, postino nella vita di tutti i giorni, ma sapiente cantastorie e teatrante fuori dalla divisa blu e gialla.

La sua è una storia alquanto strana: il primo album omonimo risale al 2002, sperimentale, elettronico, molto distante dai lavori attuali.

Successivamente crea una band, la cui line-up rimarrà invariata fino a oggi, ma nel corso del 2006, in un memorabile concerto si fa portare fuori dal palco su una bara uccidendo il proprio alter-ego.

2 anni silenzio, poi decide di ritornare, girando l’Italia con il suo Piccolo Teatro Mobile Schifoso e di riprendere in mano i progetti lasciati incompiuti anni prima: ecco la nascita di Adulterio e Porcherie.

11 canzoni che parlano di carne fragile, corrotta, sensuale dedita all’adulterio, un viaggio verso mondi che non si possono vedere, ma sapientemente raccontati da Frankie con la sua musica.

Una musica come non mai che viene dal di dentro, dai nostri sogni più nascosti, dalla nostra voglia di scoprire: fallo senza rancore, come un debito da incassare canta in La favola del pasticciere oppure ma dietro l’ombra di luce lunare un insetto sta per uscire in La zanzara ecco allora i temi dell’uscire allo scoperto, di non avere preoccupazioni, di seguire il proprio istinto, perchè Frankie è un cantastorie d’istinto.

E poi il tema dell’essere insoddisfatti della vita Niente giardino del tempo, niente più fiori nel Tramonto della rana pescatrice o la delusione dopo la scoperta in Amore mio fallimentare.

Una voce roca, fumata nel tempo e negli anni, quasi diabolica e tossica, ma allo stesso tempo terrena, moderna oltre il modernismo e onesta oltre l’onestà.

Un bel lavoro, fresco e originale che di certo non fa passare l’appetito.

A proposito: Cameriere?!

Twiggy è morta – Credo mi citeranno per danni (HitBit Records)

Twiggy è morta: che sorpresa!.

Il gruppo sta esplodendo nel Lazio affiancato da band come i Thegiornalisti o i Sad side project.

Già premiati al M.E.I come gruppo indipendente, si distinguono in questo mini-album con quattro canzoni al cardiopalma dove il ritorno alle origini, del rock poetico, la fa da padrone.

Tra i primi Marlene Kuntz e i Placebo, passando per Afterhours e Editors questo quartetto che vede Paolo Annesi alla voce e chitarra, Valerio Cascone al basso, Andrea La Scala alla chitarra, Simone Macram alla batteria, sfodera pezzi orecchiabili e allo stesso tempo originali.

Quello però che colpisce di Twiggy è l’agente, ciò che li fa vivere, che li rende protagonisti e cioè la necessità di dare all’arte la sua collocazione.

Se prima nascevano gruppi come Modena City Ramblers, Diaframma, Verdena, Moltheni ora con band come Lo stato sociale, I cani, Dente la musica da slogan vince sul resto, distruggendo la poesia, quella vera, lasciando poco spazio alla comunicazione e alle emozioni in musica.

L’ep parte con il Parossismo del cuore canzone premiata al Circolo degli artisti di Roma.

I suoni si intrecciano a ripetizioni Kuntziane di Lieve armonia, il testo un concentrato di futuro irraggiungibile: cosa sentono nello stomaco le farfalle innamorate? Sui loro volti l’anteprima di sgomenti e fucilate.

Seconda traccia: Crepapelle, un pezzo di gran atmosfera.

Un grido di disperazione prosciuga inferni che si congelano al freddo: Noi non scivoleremo più a frantumare i ricordi come fossimo ancora due amanti

Legno, la canzone successiva, richiama al pessimismo cosmico di Pessoa e Bukowski, l’essere nient’altro che legno secco, spezzato, che porta l’ascoltatore all’esigenza di muoversi dal proprio stato larvale per esplodere in farfalla.

L’album si chiude con A bocca aperta, una voce sussurrata, richiami poetici di Sottili linee bianche e chitarre Interpoliane che incorniciano un brano forse di poco spessore, ma che lascia ampi spazi all’improvvisazione sonora.

Certamente questo è un gruppo da ascoltare per i prossimi mesi, nell’attesa di un album vero e proprio; intanto mi “accontento” di aver ascoltato una tra le più belle novità musicali che offre il panorama italiano in questo periodo.

Confusional Quartet (Hell Yeah/Goodfellas)

Che suono.

Che elettricità.

Che energia.

Dire che il Confusional Quartet è semplicemente un gruppo che stanco di aspettare i tempi del cambiamento, si è messo a creare nuovi suoni, è riduttivo.

L’ascoltatore in questo album di prog, new wave, indie rock, samba, jazz, bossanova elettrizzata e chi più ne ha più ne metta, è coinvolto in un vortice di suoni potenti e dirompenti.

Questi giovincelli non più giovani portano con sé ancora la necessità di fare musica ad alti livelli.

A tratti PFM a tratti Eterea PBB, tra i primi Devo e gli Area, si possono scoprire echi di rinascita in quella Bologna confusionaria dove tutto è nato.

Il Confusional Quartet è nato nel 1977 e tra il 1979 e il 1981 realizza alcuni album e tanti live, collaborando con l’Italian Records di Oderso Rubini. Poi il silenzio fino al 2011.

Ora però sono tornati con una nuova band: la musica si è fatta più matura e vissuta, meno ironica e più incisiva, dove tutto è possibile, dove l’inesplorato non esiste e dove vince la cura dei suoni e dei ritmi che conducono a spazi di creatività infinita.

La formazione con Lucio Ardito al basso, Gianni Cuochi alla batteria, Enrico Serotti alla chitarra e Marco Bertoni alle tastiere è accompagnata al mixer da Giugno Ragno Favero (Teatro degli Orrori, One Dimensional Man).

Ricordo che non c’è il cantante nel Confusional Quartet.

Non una sola parola in queste canzoni.

A cosa servono poi le parole?

Buon Ascolto.

Umberto Maria Giardini – La dieta dell’imperatrice (Woodworm/La Tempesta)

 Ritorna Moltheni. Ritorna Umberto. Ritorna sottoforma di nuovo essere vitale: Umberto Maria Giardini.

Nel corso del tempo lo abbiamo potuto apprezzare nei suoi numerosi progetti primo fra tutti con lo pseudonimo Moltheni, passando per i primi Hameldome e gli ultimi Pineda.

Non chiamatelo ancora Moltheni però.

Questo ritorno sancisce un processo di maturità notevole accompagnato anche nei live, da una formazione tutta inedita rispetto al passato, niente basso, ma con Marco Maracas alle chitarre elettriche e pedali, il prof. Giovanni Parmegiani piano Rhodes e organo e Cristian Franchi tamburi.

I suoni sono quasi più cupi rispetto ad un tempo, molto curati e riverberati, batteria lineare che lascia molto spazio a una voce dilatata e spettacolare come non mai.

Assenti chitarre acustiche, ma molte elettriche che creano atmosfere oniriche di arpeggi infiniti e piccoli assoli.

Contrappunti di cembalo a ridefinire un tempo quasi deforme, ma incantato.

Il disco parte con un brano strumentale L’imperatrice seguito da Anni luce in cui sembra di rincorrere nello spazio la persona amata, senza raggiungerla.

Il trionfo dei tuoi occhi cela una bellezza racchiusa nelle parole finali: Chiedendo all’acqua che ti dia la fatica mia.

Quasi Nirvana è un inno al cambiamento dei tempi…antiaderenti al mio cuore, ci si può sentire i Gatto Ciliegia in questi dialoghi tra le chitarre fino all’apertura degli archi vigorosi e imponenti quanto gravi.

Il desiderio preso per la coda inizia con echi di chitarra funky e si protrae per il resto del brano con la melodia portante in un riff destinato ad essere ricordato.

Discographia è un inno contro la multinazionale in se …vendimi in ogni megastore, cambia, muori fredda e gela,leggera aurora.

Fortuna ora anticipa Saga…dimmi che avrai oltre mille navi e cavalli perche’ e’ quello che mi spetta e che ruotero’ vicino a quei pianeti che hai creato con il fuoco per me…

Genesi e mail è il capolavoro dei nostri anni, un mondo di amici mai visti e mail per rintracciare qualcuno che mai conoscerai.

L’album infila due ulteriori perle con la psicadelia prog de Il sentimento del tempo e con L’ultimo venerdì dell’umanità…chiave chiudi i quaderni miei tanto a chi dovrei o potrei leggerli?

Un disco subito non facile, ma che entra e ti tocca le corde del cuore dopo qualche ascolto.

Mi auguro che ora Umberto resti ancora con Noi e che riesca sempre a regalare le meraviglie a cui ci ha abituato, senza dimenticare appunto uno stile e un’etica fuori dal comune.