Nice – Nice (Autoproduzione)

cover

Nove canzoni, nove brani corrispondenti a nove video. Una storia composita. Un disco che sembra abbracciare un qualcosa di ancestrale, del passato. Un album stratiforme dove le sovrastrutture create sono elementi e visioni per il futuro che è già stato. Il mondo di Nice è fatto di personaggi che catapultano l’ascoltatore in un fantasy contemporaneo dai toni ambiziosi. Una storia dentro altre storie dove le esigenze artistiche, grafiche, sposano quelle musicali in un bisogno sempre acceso di condensare significati per esprimerli sotto una nuova veste. Nove libri con un proemio e un epilogo a narrare le avventure del prode Nice e della sua ciurma di amici fidati in una città lasciata a se stessa. Un progetto ambizioso questo. Un progetto in bilico tra realtà e finzione che vale la pena approfondire come nel migliore dei racconti sognati.


Info qui:

http://www.niceworld.it/

Cazale – Loop Life (Casal Gajardo Rec)

CAZALE - Loop life - Radiocoop

Elettronica notturna suadente e conturbante che apre le porte del giorno con elementi che diventano echi continui di un passato lontano. Il disco di Cazale, cantante dei Frigidaire Tango e dei Vendicators, impressiona per capacità intrinseca di andare oltre territori consueti amplificando paesaggi di abbandono che lasciano spazio e bisogno a nuove costruzioni circolari e perpetue. Loop life è un ridondante bisogno di non appartenenza. Tracce che avanzano nella nebbia della costante perdizione toccando vette improvvise di una naturalezza punk imbrigliata in questa contemporaneità. Moonlight dreams apre al mondo intorno  e via via si amplificano visioni con The test goes on, Slave of yourself, Life slips away a rivendicare un senso di libertà da conquistare nella gabbia della quotidianità. Loop life stupisce. Ci sono delle cose davvero interessanti in questa prova. Un apice in completa espansione. Un apice di tenebra tra questi confini incerti e inutili.


Leon Seti – Cobalt (Autoproduzione)

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Solitudine sonora incentrata sull’abbandono e sulla carica esplosiva che riesce a dare vita ad un’elettronica d’autore emozionale e introspettiva. Il disco di Leon Seti parla di paure e bisogni di appartenenza, parla di sradicamento interiore e pulviscolo atmosferico che diventa sostanza necessaria per l’aria che respiriamo. Cobalt è il colore dell’addio che diventa metamorfosi e apre alle rocce del cuore cercando una via da seguire nel labirinto umano dei sogni infranti. Sintetizzatori e voci eteree raccontano di questo e altri mondi. Raccontano di un’esperienza che diventa essenza per lo stesso musicista. Un album che scava nel profondo e cerca di trovare in sonorità contemporanee una via di fuga che diventa via di salvezza da una fine passata, ma che indelebile resta a ricordo. Le canzoni di Leon Seti sono fotografie che non passano di certo inosservate. Sono cuore, carne e vita nel complesso e inalterabile mondo dei rapporti umani.


Surikate – Don’t listen and drive! (Autoproduzione)

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Sonorità alternative estrapolate a dovere all’interno di una musica al limite dello scibile umano. Sonorità contorte racchiuse all’interno di un mondo che si fa sostanza multiforme e cangiante, ricca di situazioni e di possibilità da assaporare. Il disco dei Surikate è un misto di potenza fuori controllo. Un agglomerato umano di idee e passione che diventano rabbia e abbandono, sfogo personale e immagini pronte a coinvolgere l’ascoltatore all’interno di una formula capace di mescolare garage, punk, metal e grunge in un sodalizio estremo ma efficace. Da Fast a Whatever you’ve said passando per pezzi come CO2, Twice, Inception i nostri affinano identità per un risultato d’insieme davvero potente e fuori da ogni categorizzazione. Don’t listen and drive! è un album che ripercorre chilometri di storia musicale. Un album che miscela attese e le sa convogliare in un risultato davvero sorprendente.


Sicko – Sicko (Autoproduzione)

album SICKO - SICKO

Distorsori atomici che riportano inevitabilmente la mente e il pensiero ad un passato musicale che ora non esiste più. I Sicko confezionano un dischetto davvero fresco e coinvolgente carico di potenza incontrollata e quell’amaro gusto che diventa amore per gli anni ’90. La scena di Seattle, la scena grunge coinvolta con passione all’interno di un’evoluzione architettonica capace di inglobare cose più recenti come la cupa oscurità di band come NIN e A perfect circle. Il combo formato da Alberto Milani, Martina Rover, Giovanni Gorgoni e Jessica Birsa non delude e riesce ad intavolare un insieme irripetibile di colori che si dipanano tra le moltitudini di sfumature, tra la miriade concentrica di possibilità e atmosfere create. Sicko è un disco pieno, accattivante e pronto ad ammaliare l’ascoltatore. Un album che non cerca le mezze misure, dieci pezzi che corrono alla velocità della luce.


Alibi – Alibi (Autoproduzione)

album Alibi - Alibi/musica

Rock che sembra partire dagli anni ’90 per affondare la potenza integra di un incontro in questi anni, un rock che si domanda ad incrociare istinti a profusione e bisogni altrettanto interni e percepibili. Il disco degli Alibi sembra incontrare sul proprio cammino la musica dei Timoria con quella degli Afterhours per un insieme di canzoni  che sono un cerchio concentrico sulle nostre paure, un cerchio con un inizio e una fine a raccontare un peregrinare di sogni e nostalgie mancate. Visione è il singolo di presentazione, ma pezzi come Chi sono io o Accanto a te non passano di certo inosservate, ma sono piuttosto sono un crocevia di strumentazione classica che si fa strada lungo le impervie situazioni della vita. L’omonimo disco dei nostri si rifà quindi ad una formula già sentita, ma sicuramente ben interpretata che osa un po’ di più quando deve osare e che tenta, canzone dopo canzone, di trovare un proprio senso, una propria interpretazione a tutto questo vuoto. 


Massimo Morelli – Il vento (Autoproduzione)

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Sperimentazioni sonore che si muovono tra un cantautorato punk che esplode dalla giovinezza all’età adulta passando per un lo- fi da cameretta intrappolata nel tempo perduto e pronta ad uscire dalle coperte e dal letargo invernale con un bisogno di comunicare stati di vitalità emozionale che nel vento diventano veicolo di storie, immagini e racconti. Il disco di Massimo Morelli è un buon biglietto da visita che lo vede protagonista, dopo anni di militanza in gruppi ska e punk, di un album immediato e nel contempo introspettivo, per una manciata di canzoni che non compongono un disco completo, ma una sorta di EP che ambisce a diventare parte integrante dello stesso cantautore. Da Incoscienti ed affamati fino a Mia libertà passando per Vola Estate vola Massimo Morelli confeziona una prova tascabile ricca di influenze, ma che di fondo nasconde un amore eterno per un’attitudine punk sopra le righe da portare ovunque vogliamo. 


Stefano Lentini – Fury (Coloora Records)

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Disco orchestrale impattante nell’era moderna che ricorda per certi versi un tuffo nel mare più profondo che ci portiamo dentro, accarezzando a dismisura suoni e sapori che sembrano provenire da un’altra realtà, da un’altra galassia. Il compositore romano Stefano Lentini, già noto per gli apporti e le collaborazioni nel cinema, ricordiamo la partecipazione in The Grandmaster di Wong Kar-Wai, La porta rossa di Carmine Elia e Braccialetti rossi di Giacomo Campiotti, apre a dismisura il caleidoscopio di colori a sua disposizione per proiettare il classico nell’era moderna, pur non facendo distinzioni, ma piuttosto valorizzando al meglio la dicotomia luce e ombra che persegue il filo del risveglio, il filo della lontananza e della ricerca. Fury è un viaggio incalzante, di quiete e di tempesta, un viaggio alieno attraverso questi nostri territori deformati. Un passaggio di vita dove il magma del sottostare alla realtà rivela una crepa, proprio nel punto preciso in cui si apre, come voragine, il bisogno di ritrovare uno spiraglio per respirare ancora. 


Valente – Il blu di ieri (Dischi Soviet Studio)

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Intrecci elettronici che si amplificano e ottenebrano una nostalgia che indissolubilmente diventa malinconia, raccontando di giorni passati, di esigenze nascoste, di nuove conquiste e di quadri immaginari da cui attingere il colore della velata introspezione: il blu. Un disco che parla di una tonalità rimembrando passati cosmici e sfiorando la bellezza intrinseca del camaleontico Bowie o la new wave dei britannici Japan per un insieme di canzoni che si affaccia all’orizzonte perpetuando un’oscurità che tende ad aprirsi dietro l’ombra della nostra vita passata. Il blu di ieri è un disco complesso e davvero ben arrangiato, un album fuori dal tempo e sicuramente fuori da questa modernità, fuori da questa attualità. Valente rispolvera l’importanza di scrivere, di incidere, di parlare attraverso la poesia toccando inevitabilmente le corde più profonde che ci portiamo dentro e che tante volte nascondiamo o in parte viviamo. Nove canzoni che diventano piccole perle a se stanti all’interno di un quadro dalle profonde visioni che da Sogni di te a All cats are grey parla e sussurra parole di speranza emotiva, di fragilità da raccontare. 


Sinfonico Honolulu – Thousand souls of revolution (Autoproduzione)

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Non un semplice disco di cover, ma una vera e propria rilettura per ukulule di brani che hanno segnato un’epoca, brani da custodire e in qualche modo da preservare dall’incuria del tempo, sottolineandone in toto sostanza e partecipazione a quel qualcosa di universale che tende ad accomunarci, tende a farci sentire meno distanti. Thousand souls of revolution raccoglie Ramones, Stranglers, The Cure, Joy Division solo per citarne alcuni, brani e autori conditi in salsa acustica e sinfonica per un risultato davvero interessante e importante sotto molteplici punti di vista. L’energia materica sprigionata da questo disco si evince già da una copertina rivisitata di un grande album del passato: London Calling dei The Clash, a sottolineare la bellezza di un progetto che nell’azione e nell’intraprendenza trova i suoi sicuri punti di forza e di contatto, tra un appeal che stupisce e un’inesauribile forza spruzzata dall’ingegno. I Sinfonico Honolulu prendono in prestito dal passato dodici pezzi che hanno fatto la storia del rock ’70 e ’80 omaggiandoli in forma nuova con un risultato che sbalordisce e conquista al primo ascolto.