Grandi insegne il grande allibratore – Ad oggi mancano (Autoproduzione)

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Canzoni da città deturpata che segnano un confine invalicabile e insostenibile dove la fantasia supera l’immaginazione e dove gli accenni di un mondo migliore in costruzione sembrano solo nuvole temporanee in cerca di un posto migliore dove andare. Il progetto ricco di forma ed espressione di Nicola Cancellieri è un gridare all’universo intero un proprio modo di vedere e intendere la vita tra rapporti andati a male e crisi interiori che non passano di certo inosservate, ma piuttosto si stabilizzano laddove tutti gli altri non possono arrivare. Legato ad una scuola che sembra vicina al nonsense di Gaetano il nostro chiarifica idee e immagini attraverso forme che via via, durante l’ascolto, sembrano ottenere spiragli di luce, pur mantenendo, in un certo qual modo, una dose di oscurità legata a questa e ad altre vite. Il risultato è un mix eterogeneo di ambizione sonora che ben si amalgama con la seconda voce femminile, per un album da ascoltare nelle giornate piovose, tra casolari abbandonati e malinconia nera che inghiotte sputando fiori a cielo aperto.

Praino – Il disco di Praino (Rec Dischi Indipendenti)

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Diario di vita vissuta per il disco di Francesco Praino capace di interagire questo con gli spaccati di quotidianità che si intersecano al nostro essere, parlando di modernità certo, parlando anche di semplicità, di difficoltà e di bisogno di vivere oltre ogni convinzione. Il disco di Praino racchiude al proprio interno un disagio post adolescenziale che raggiunge il mondo degli adulti con musiche mai scontate e banali, intercettando i malumori della nostra realtà e scaraventandole in ogni direzione, ad ogni latitudine del nostro guardare. Il nostro ricorda il Dalla migliore e l’ironia nascosta nelle canzoni mostra la parte più amara del tutto, la parte meschinamente presente nell’essere umano in quanto tale. Praino sfodera dal cilindro un insieme di canzoni dall’appeal assicurato che rimandano sicuramente ad un certo cantautorato di spessore che oramai sembra disperso dei meandri del pop da aperitivo. 


Broono – Running (DeLirica)

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Multiformi ossessioni di paradisi da raggiungere in canzoni che sprizzano a velocità supersonica nelle nuvole dei nostri pensieri assottigliando il confine tra reale e immaginato e ponendo a distanza sempre minore il nostro bisogno di parlare e il nostro bisogno di apparire tra fughe dalla realtà e luoghi immaginifici e sperati da raggiungere. Con Running i Broono intersecano strutture di generi sempre nuovi e riempiono la scena musicale con sei brani che fanno dello stile personale un punto chiave, un punto di svolta per dare un senso importante ad una musica pop che implode ed esplode ricordando per certi versi le elucubrazioni sonore di Bjork o di Bat for lashes. Duo cosmico quindi i Broono che assaporano la nostra realtà, il nostro venire al mondo costruendo una musica pop che risiede a chilometri di altezza dalle nostre teste e risulta limpida e chiara in tutta la sua cangiante bellezza.


La chiave di Giugno – K (CIMICE RECORDS)

Copertina di LA CHIAVE DI GIUGNO K

Suoni acustici che rapiscono al primo ascolto perché parlano da vicino al nostro cuore e lo fanno con parole dirette e prive di strutture narrative complesse, ma piuttosto recanti un bisogno di comunicare prezioso. Il progetto di Giancarlo Sabatti si fonde attraverso un insieme di pezzi che si lasciano ascoltare e condividono la passione per le cose semplici ed essenziali per un disco che fa la sua bella figura e porta a casa un risultato davvero importante in bilico tra un pop mai conclamato ed un sotterraneo rock pronto sempre ad esplodere e a colpire. K è il segno di questo tempo, pezzi come come l’apertura affidata a Già domani, Dentro me, Nuova identità, Animale sono sono solo piccoli tasselli ad incresparsi sulle onde di questa nostra anima tormentata alla scoperta di un centro, di un punto da cui partire per fondare un nuovo credo o più semplicemente per dare un senso sempre maggiore a tutto ciò che ci circonda. 


De Grinpipol – Elephants (Autoproduzione)

De Grinpipol, “Elephants”: la recensione

L’elefante si nasconde all’interno di sonorità prestigiose che toccano apici di internazionalità intersecando la musica di Arcade Fire e Interpol sono per citarne alcuni costruendo un disco davvero impressionante sotto molteplici punti di vista. Un album che di italiano ha gran ben poco se non fosse per Quello che importa, ma non più di tanto, unico pezzo sghembo che lega poco con il resto, ma che nel contempo getta forse le basi per prossimi futuri. Il nuovo lavoro dei De Grinpipol è fecondo di innovazioni e carico di quella rabbia e bisogno di comunicare che nella canzoni indie rock qui proposte fa da tramite alle soddisfazioni della band sarda che per l’occasione sfodera dal cilindro una sapiente capacità nel creare che diventa salto nel vuoto nel momento della sperimentazione, ma che in un attimo ritrova la propria via costruttiva nell’approccio e nella sovrapposizione essenziale di voci e strumenti. Ciò che ne esce è un album altamente contagioso e compatto, una prova superlativa fresca e vitale, una prova che si fa riascoltare e capace di accontentare anche i palati più raffinati. 


Mac and the bee – One of the two (Officine Musicali)

Elettronica che si spinge oltre i confini che conosciamo, elettronica sospinta imprigionata negli occhi vacui di un non definito, ma emblematico, personaggio di copertina ad incorporare elementi, tempi di profusione e accessibilità velata in una spirale tortuosa e cavernosa in grado di sorprendere, in grado di far sperare. Il quartetto sardo confeziona un disco davvero eterogeneo e vitale, capace di spaziare attraverso generi, ma puntando inequivocabilmente ad un rock che non ha frontiere, un rock che porta con sé il profumo di un’internazionalità affacciata alle sonorità del nuovo millennio. Melodie d’oltreoceano quindi  per questo One of the two da Feel you fino a Noisy passando per Asleep e I wish per un condensato di impressioni mai celate, ma piuttosto ingabbiate in una musica in grado di smuovere qualcosa dal di dentro che non ha un nome, ma che si pone a essenzialità da riscoprire, si pone a vuoto da colmare oggi più che mai. 


Matteo Perifano – Uomo Europeo (Autoproduzione)

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Influenze orientali e di mondi lontani che permettono l’approccio ad un disco fatto di architetture smussate da une geometria esistenziale che parla di universi incrociati al far della sera. Il giovanissimo Matteo Perifano intesse un album davvero importante e in grado di andare oltre le mode e i cliché comuni intelaiando grandiosamente energie che ritrovano nel cantautorato di Branduardi e Battiato, ma anche, aggiungo io, di Andrea Poggio e di Dino Fumaretto, una via d’uscita dalla quotidianità, una via periferica che abbraccia culture, abbraccia vite aldilà dei muri interiori che ci portiamo ogni giorno appresso. Uomo europeo, per lo stesso autore, è un insieme di Nove arie contemporanee per quartetto d’archi, pianoforte e voce, un disco ambizioso, ma nel contempo un album strutturalmente ineccepibile, un vagare errante che racchiude corpi e melodie, occhi che scrutano ed esigenze di andare oltre lo sperato in una modernità rivista e rivalutata alzando l’asticella sempre più in alto. 


Andrea Cassetta – Melodie impolverate (Autoproduzione)

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Rock cantautorale che riscopre l’odore del vintage vissuto partendo da presupposti che sono legati indissolubilmente alla vita di tutti i giorni e si contendono spazi quotidiani tra un essere e un avere che sembra non avere fine. Il disco di Andrea Cassetta è un riscoprire al nostro interno il bisogno preponderante di costruire qualcosa di interessante partendo dalle immagini che la realtà ci propone, senza intermediari o mezze misure, ma piuttosto attingendo al calderone della nostra anima le parti mancanti e necessarie per la riuscita di un progetto ambizioso, ma nel contempo reale. Andrea Cassetta riesce nell’intento di dare alla sobrietà un’altra faccia, una schiettezza che si sposa bene con la melodia, con le parole e con i testi mai banali e di certo, in parte ricercati che fanno dell’introspezione univoca un punto di contatto con qualcosa di sincero da afferrare. Da Sirena a Grida Mute passando per le bellissime Daphne, Fuliggine, La prossima estate il nostro intesse su tappetti di vita le trame per la riuscita di un disco che racconta, filo dopo filo, la nostra esistenza. 


Whiu Whiu!! – Glamour (Bad Karate Dischi)

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Desiderio di cambiare rotta nei flutti di un mare in tempesta per i Whiu Whiu!! band che incanala le energie viscerali del momento per estrapolarle attraverso una musica diretta e senza fronzoli che alle volte non si prende troppo sul serio, ma che sicuramente sa costruire qualcosa di importante nei gesti e nelle fasi alterne di un disco in pressione atmosferica che non rinuncia alla forma canzone, ma piuttosto parte da un desiderio concettuale di appartenenza con una terra per poi risputare al suolo un concentrato di punk rock emozionale che ricorda i primi Ministri, i FASK in sodalizi con la parola live che rendono forse l’idea più completa di questa band in evoluzione. Le musiche sospinte a toccare il cielo, partendo dal mare, sono impressioni di una vita che si affaccia alla modernità e nel contempo racchiudono un chiaro intento di creare un ponte necessario tra passato e presente, sempre in primo piano, sempre scandagliato e reso unico dalle sovrastrutture presenti nelle canzoni proposte. Glamour è la rabbia assiepata in un concentrato di vitalità davvero importante. 


Io – Spaceseduction (Mus’IF Records)

album SpaceseductIOn - IO

Canzoni in primo piano dietro alla maschera della vita che come tangibili essenze si fanno punti nevralgici ad ottenere risultati che si protendono come navicelle spaziali verso performance d’alto contenuto impresso e pronte a scandagliare in lungo e in largo pezzi mancanti del nostro essere. Le canzoni di Io sono e si fanno ricerca sostanziale per suoni futuri che attraversano l’universo grazie ad un uso massiccio di sintetizzatori che trasformano i contenuti in derivazioni prog lasciando sul terreno particelle dichiaratamente aperte alla musica degli anni ’80 fino a concedersi spazi di sopravvivenza in versioni che si spostano dall’inglese all’italiano in un gioco di parole capaci di entrare in profondità, nei nostri pensieri, interagendo con un miscuglio sempre presente di voci, suoni e misteri da comprendere. Spaceseduction è un album composito, non ad alta digeribilità, ma piuttosto un quadro d’insieme provocante e ambizioso capace di riassumere concetti immensi in un disco che gira alla velocità della luce.