Manica – La faccia degli dei (Autoproduzione)

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Essenzialità punk riscoperta negli anfratti celati di un cibo in scatola andato a male, un cibo da dove attingere la parte migliore per trasportarla nella nostra quotidianità e ovviamente farne buon uso per riscoprire un bisogno unico e necessario. Il disco di Manica, ferrarese trapiantato a Bologna, è un album strampalato che rincorre linguaggi capaci di fa correre la memoria ai CCCP, agli Skiantos a Rino Gaetano e per coraggio necessario anche a Vasco Brondi in un sodalizio con la musica d’autore italiana così improvvisa e immediata che ricorda un naif di rara intensità. La faccia degli dei è solo un connubio di cinque canzoni che possiedono una ricerca poetica disinteressata ai perbenismi e potenzialmente elevata nel dare un senso alle occasioni del momento. La partecipazione alla chitarra, nel brano d’apertura, di Fabio Testoni: il mitico Dandy Bestia dei già citati Skiantos dona quel valore aggiunto che nel suo complesso rende il disco uno sfogo di libertà, un grido fuori dal coro di protesta interiore. 


I Lobello – 220 (Autoproduzione)

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Punk rock visibilmente sopra le righe che vede il ritorno, dopo anni di pausa e silenzio, I  Lobello, super band che fa della potenza sonora e anarchica un punto di contatto con il proprio credo, con il proprio stare al mondo. 220 scorre alla velocità della luce senza risparmiare nessuno, ma anzi facendo della realtà un punto essenziale e importante da cui partire per descriverne vizi, corruzioni e cambiamenti racconti attraverso una musica che sembra non sentire il peso del tempo segnando un netto confine con tutto ciò che possiamo considerare moderno e attuale. Cinque canzoni, un singolone Giovanna e tante altre impressioni mosse da uno spirito fuori controllo come Barbara, Daniela, la canzone del ragazzo. Una musica calata nella quotidianità quella de I Lobello, un ritorno folgorante sulle strade di questo nostro vivere per una band che attraverso la difficoltà dei rapporti raccontati, trova il proprio senso presente e continuo di non appartenenza e di protesta. 


The Scream – Req. of redemption (Autoproduzione)

Cover Album degli Scream

Inutile girarci tanto attorno, i The Scream confezionano un album che si fa ascoltare tutto d’un fiato attraversando decenni di punk alla NOFX sporcato qua e là da incursioni hard rock della scena america e intessendo prodigi di metal atomico che per velocità di rappresentazione obbligano l’ascoltatore ad aguzzare bene le orecchie e ritrovare quella sana energia che fa smuovere parti basse e affini in un tripudio di viscere contorte e di sano menefreghismo collettivo. Otto canzoni per un primo lavoro in studio che ha il profumo acerbo delle cose lasciate a metà, ma che nel contempo se ne fregano delle etichette e portano con sé un significato importante nel comunicare ambizioni e desiderio di occupare palchi polverosi e madidi di sudore. Le canzoni scorrono che è un piacere lasciando una traccia di potenza a rinfrancare questo trio che fa del divertimento arrabbiato una base d’appoggio per una musica da ascoltare a bomba, magari in autostrada. 


Ominoacidi – Nocivo (Autoproduzione)

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Punk rock sfacciato e compresso in una vuota realtà ad inglobare i margini di questioni irrisolte e qui raccontate con piglio deciso e di sicuro effetto quasi primordiale per un album che alla velocità del suono integra i bisogni del passato con quelli del presente e ci lascia una prova che mescola l’ironia con la cruda attualità informando di inebriante rabbia mai sopita il nostro cervello, le nostre menti. Secondo disco questo per gli Ominoacidi, album che incanala la rabbia giovanile e si estende oltre il muro di vetro che percepiamo ricordando le storiche punk band dello stivale come Derozer e Punkreas in un insieme di musica, sudore ed energia che scorre a fiumi in questo Nocivo. Ciò che ne esce è una prova che spazia da Srl a Anno Sabbatico, passando per pezzi come Cuore di cemento e Rantolo in un tentativo di fuga dalla realtà che porta con sé il profumo delle cose più genuine che conosciamo. 


Spaghetti wrestlers – Spaghetti wrestlers (Vina Records)

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Potenza sonora disinibita e disincantata a segnare una prova di certo non addomesticabile, ma alquanto orecchiabile incline a sonorità pop che non disdegnano però la potenza punk di un suono garage da cantina abbandonata all’umidità, ma nel contempo pronta a ricevere il sole estivo rassicurante per un’energia viscerale che conquista al primo ascolto. I Spaghetti wrestlers intascano un EP di sei canzoni veloce come un sussurro e rapido come un fulmine. Un insieme di pezzi che sono simbolo di una scena che si fa racconto, tra amori finiti male, divertimento e pazzia, questi conditi come ingredienti necessari per la riuscita di un disco fresco e convincente. Spaghetti wrestlers si sorseggia alla velocità della luce, è potenza udibile e necessaria, fascio di luce che non si chiede troppo, ma che raggiunge l’obiettivo sperato in un rapido batter d’occhio per una prova d’insieme che ha nel sangue il profumo di un rock’n’roll che non conosce fine. 


Malkomforto – Malkomforto (E’ un brutto posto dove vivere/Dischi decenti/Taxi Driver Records)

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Dentro al nuovo disco dei Malkomforto c’è la rabbia di un’intera generazione rigettata al suolo senza vincoli e ancore di salvezza, ci sono le grida e ci sono le ricerche nei testi che si assecondano con l’incedere di una musica diretta, senza fronzoli, mescolando l’inquietudine punk hardcore di gruppi come At the drive in, fino ai veneti Il buio passando per i Distillers in una musica che non concede spazi di respiro, ma piuttosto si ritrova immersa in un’onda chiamata vita che immagazzina la corrente e la risputa a ricoprire di acqua sulfurea le mode del momento con stile diretto e senza fronzoli, senza orpelli e arrivando a quel finale Senza Dio che probabilmente racchiude la summa di un pensiero di libertà da respirare e assaporare, lasciando in disparte l’innocenza del tempo perduto e proseguendo la strada dei ricordi in attimi di luce alternati alla notte di una camera oscura dove le fotografie di ciò che è stato completano il puzzle del nostro futuro migliore.

Trevisan – Questa sera non esco (Fumaio Records)

Trevisan è un pirata moderno, uno che solca i mari delle introspezioni future e lascia sul tavolo di legno tarlato l’ideale di sentimento che attanaglia, circoscrive e rassicura, contorcendosi a dismisura e ponderando una sorta di musica d’autore che si fa ponte tra passato e futuro, una voce roca sopra coperta, l’acqua tutt’attorno e il nostro imperscrutabile navigare lungo i flutti della coscienza, a raccontare storie, a non dare giudizi e soprattutto a non dare nulla per scontato in un’esigenza quasi letterale di approfondire gli istanti, le bellezze e le persone, un po’ con ironia un po’ con il fare di chi in vita ne ha viste molte, da Il mio disco nuovo fino all’omaggio esaltazione dei Rancid Olympia, WA il cantautore bergamasco si concede ad un temerario esistenzialista punk d’avanguardia acustico, imperniato da strutture che si affacciano direttamente nella quotidianità di ognuno di noi, intrecciando il cantautorato a qualcosa di più complesso chiamato vita e che ci rappresenta oggi forse più di ieri.

Visioni di Cody – Celestino (Autoproduzione)

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Celestino è la storia di ognuno di noi, noi relegati ai margini di un mondo troppo poco punk e omologato in questioni che non ci riguardano, ma ci obbligano a sottostare a leggi, a fili manovrati e volontà precostituite, noi alla ricerca di un posto dove vivere, dove poter scambiare ancora attimi di luce generazionale che ci permette di esistere, che ci permette di lasciare qualcosa a chi verrà.

Grazie a parole importanti questo disco ci racconta di un mondo in cambiamento, dove la parola rottura con il passato non è sempre ambita e dove le strutture predominanti sono sempre segno di emarginazione e povertà di intelletto, un disco, questo Celestino che le Visioni di Cody sanno interpretare bene, lo fanno con il piglio alternative dei primi ’90 intessendo la scala dei valori con testi da puro cantautorato multiforme e post moderno nell’attesa che le sembianza del nostro genere umano si possano modificare in un’ascesa obbligatoria verso ciò che ci caratterizza veramente, verso ciò che conta; pensare a pezzi come Giusto fra le nazioni o la potenza di Mammarò fa presagire l’importanza di una ricerca testuale che in primis vuole comunicare dando un senso sempre maggiore a canzoni stimolanti come La forza di mille uomini o Bravi, giovani, cannibali per un album, formato da nove tracce che sono il manifesto coscienzioso di uno scambio intergenerazionale che deve essere un punto di rottura costruttivo con tutto ciò che è stato.

Isterica – Pensieri parole opere omissioni (Autoproduzione)

Punk viscerale che mette sul piatto della bilancia tutte le nostre insicurezze e paure, abbandonando porti sicuri per gettarsi a capofitto nelle illusioni del momento e conquistando una porzione di vento esistenziale che ingloba arte e dimena il garage sotto casa fino a far scoppiare i timpani dal suono di rimbalzo che come ping pong emozionale non lascia scampo a power chord d’annata ad ingabbiare giustamente un suono molto italiano che guarda in faccia senza mezze misure CCCP fino a Prozac+ passando per i vicentini Derozer e ad altre cose più recenti accentrate e immedesimate nei problemi di tutti i giorni, nel nostro nuovo sentire condiviso.

Gli Isterica sono in grande forma e si sente, magari da ammirare su di un palco sgangherato di cemento, da Barabba fino ad Isterica, la title track, passando, in modo quasi del tutto naturale, attraverso pezzi come Nina, Adrenalina e Rive Gauche , a ribadire ancora una volta la battaglia quotidiana contro lo strapotere dei pochi a dispetto delle povere vite dei molti in un concentrato d’eclissi, di buio e luce che può far sperare.

Let it slide – A small step forward (Overdub Recordings)

Le viscere del punk rigettate sul pavimento nella speranza che il nostro grido si possa ancora ascoltare nella ruvidezza del giorno, nella tenebra della sera, nella luce del mattino che ammalia e ci costringe ad ascoltare questi pezzi pesantemente compressi e pronti ad esplodere, segno dei tempi e delle tentazioni, imbracciando una chitarra e una batteria capovolta a linee di basso martellanti in un suono prettamente californiano intersecato dall’alternative sferzante in grado di attraversare speranze, sogni e abbandoni in un disco, quello dei Let it slide che coinvolge e da il senso e il gusto per un’internazionalità fuori controllo, diseredata e da pogo totale per suoni accattivanti e in bilico tra Offspirng e qualcosa di più pesante come Rancid, per citarne qualcuno, in un delirio rappresentato da una tartaruga in copertina, che nella calma del suo incedere riconosce la meta a chilometri di distanza.