Ironica rappresentazione del lavoratore pubblico attraverso un’elettronica che guarda al futuro e sa sperimentare gesta, elementi e punti discostanti con una realtà che pian piano fagocita. Mi ci metto dentro anche io in questo vortice magmatico di onnipresente sentito dire. Io dipendente pubblico targato ventunesimo secolo ben diverso da ciò che rappresentava il dipendente pubblico del passato. Stipendi bassi, garanzie quasi nulle a discapito di un settore privato ben più remunerativo, ma questo è un altro discorso. Qui la strumentazione in sovrapposizione sembra raccontare di un’Italia che lotta per proseguire, abbracciando le multiformi sensazioni di un imprevedibile sogno che si chiama domani. Molotoy, all’anagrafe Andrea Buttafuoco, ci regala un disco fatto di post rock ambientale che pietra su pietra immagina un universo in evoluzione, tra Gatto ciliegia contro il grande freddo e qualcosa di più personale, innovativo che ammalia e accarezza prima del crepuscolo interiore.