Thomas – Fin (SeahorseRecordings)

Se devo proprio paragonarli a qualcuno i Thomas per capacità d’azione ricordano i primi MGMT tanto la loro propensione si affaccia ad uno stile che non è incasellabile, ma anzi può essere da spunto per un nuovo, vero, genere musicale.

Fin è un album psichedelico racchiuso da una vivacità sonora che esalta le caratteristiche di poliedricità della band piemontese che alla seconda prova da studio si concede di esplorare ancora più in profondità il subconscio umano fino ad entrare nei pensieri creando un funky Groove per palati da intenditori.

Ascoltare Fin è come ascoltare i grandi album che hanno fatto la storia della musica, ballate caratterizzate da una eterogeneità sconvolgente, ma che nel contempo si apprestano a creare un filo conduttore, una guida rassicurante tra il sogno e la realtà in un condensato sonoro di notevole spessore.

La parte goliardica però è sempre presente e i nostri sono in grado di portare ad un livello di seriosità notevole canzoni come Masturbation fino ad approdare alla riflessione sonora in sprazzi di marcata eleganza come in Miracolo Italiano, passando per le introspezioni di Nine o’clock o nelle bellezze scintillanti di April Fool.

Un disco ricco, pieno di spunti e carico di vivacità, capace di consegnare all’Italia una realtà consolidata e meritevole di successi immediati.

Nymphalida – Portraits (Tranquillo Records)

Mi piace definire questa musica, una musica senza spazi e confini, da assaporare nota per nota e da dove poter attingere il giusto nutrimento nell’attesa che avvenga qualcosa di importante e di sperato.

Questo è un progetto davvero singolare, dietro a tutto questo troviamo Pietro Bianco che si diletta tra rumori di sottofondi sonori accompagnati da un pianoforte malinconico e ostentato che ricorda il Nyman di Lezioni di piano, atto alla rinascita in divenire di archi sintetizzati e preciso nell’istante di colpire al cuore ancora un volta.

Un suono calibrato e congegnato da quei meccanismi di ricercatezza che fanno in modo di inglobare narrazioni da altri pianeti e improvvisazioni sonore che introducono a nuovi brani con singolare perspicacia.

Ecco allora che la chitarra classica prende il posto del pianoforte ricreando una malinconia, diversa, quasi desertica aiutata da flussi di vento e incedere filiforme di ombre sonore.

Un disco, una colonna sonora utile e preziosa, raffinata e ricercata, che parla del tempo, della solitudine e di quella costante ricerca di perfezione che accomunava i grandi compositori degli anni passati.

Senhal – Bang (Autoproduzione)

Mescolando Zen Circus, Le vibrazioni e i Negramaro ne esce un buon prodotto di partenza per sconfiggere il tempo e tutto ciò che gira intorno al nostro pianeta, fatto non solo di materia celeste, ma anche di sentimenti e realtà tangibili da vivere giorno dopo giorno.

I giovani Senhal confezionano questo loro Ep in modo diretto e sincero, c’è della buona musica e ci sono un sacco di buone idee a partire dai testi che tante volte trascendono la realtà per arrivare a profondità che solo l’inconscio può capire.

C’è un occhio strizzato all’indie rock d’oltremanica e al futuro che attende sogni di vita pop.

Canzoni che esplorano territori inesplorati, una teoria del caos che risucchia il tutto all’interno di un buco nero, ennesimo esempio di una forza che non ha confini, ma che si accinge ad essere futuro partendo dal passato.

Il passato per i nostri è chiaro e altamente coinvolgente, i maestri ci sono e lo stile sicuro garantisce ottimi risultati, nell’attesa che si possa apprezzare un album intero ci perdiamo tra galassie e asteroidi ancora da scoprire.

Metibla – Crimson Within (Autoproduzione)

Tuffarsi giù fino a profondità inesplorate, dalle linearità statiche, quasi immobili, anche se il ritmo incalza e ti fa muovere, forse perché lo scopo di questo disco è farti immergere nella testa di chi le canzoni le scrive, le compone e le mette in musica.

Metibla al secondo disco si concedono itinerari nascosti nei meandri della mente umana, una mente contorta, una mente atta alla riconciliazione, al ritrovare qualcosa di perduto, una ricerca continua che si fa viva traccia dopo traccia.

E’ un disco importante questo, lo si capisce nella suite d’apertura e tutto è costruito per comunicarci che l’abbandono non è una partenza, non è un soffrire, ma è un istante della vita che bisogna affrontare a testa alta contro ogni intemperia.

I Metibla lo sanno fare bene lungo queste tredici tracce, snocciolando molta new wave e trame lineari che si concedono qualche apertura, ma sempre all’interno di un rigore logico che stupisce, ammalia e ti rende partecipe di un vortice in continua espansione.

Un disco cupo quindi, ma pronto a ricevere la luce, un disco per pochi eletti, per solo coloro che possono capire, che forse la morte non è solo la fine o meglio è un nuovo inizio da cui partire per noi, per essere migliori.

Cumino – Pockets (Autoproduzione)

La colonna sonora che non ti aspettavi, questi sono i Cumino, duo sperimentale composto da Luca Vicenzi alle chitarre e agli effetti e Hellzapop, pseudonimo di Davide Cappelletti alla programmazione a ai synth.

Nove canzoni di una capacità introspettiva elevata, abbracciando Gatto ciliegia contro il grande freddo e preparandoci, musicando, la nostra vita, in modo delicato, disinvolto e sensuale, una padronanza di concetti che va ben oltre la pura commistione di idee, ma che si intensifica nelle sovrapposizione sonora, nei cambiamenti d’aspetto, nel fattore scoperta dell’inesplorato, nell’attesa prima di apparire in scena.

Capaci di esaltare emozioni e suscitare sentimenti contrastanti i Cumino si trovano un posto nel panorama della musica elettronica, strumentale e sperimentale, parlando di loro, del loro modo di vivere, una musica che non ha bisogno di parole, ma che ti porta a “rimanere un po’ confusi” sapendo che è l’unica cosa che potrà salvarci.

Ecco allora la confusione, che non è caos, ma è quel sano essere che ci fa sentire vivi più che mai e che ci fa assomigliare a quel qualcosa che abbiamo sempre sperato: noi stessi.

Ongaku Motel – Ogni strada è un ricordo (Autoproduzione)

Primo disco, primo Ep per gli Ongaku Motel e direi anche prima soddisfazione collettiva per questo gruppo proveniente dal milanese che associa melodie acustiche per cosi dire semplici a testi che parlano di tutti i giorni, quasi a non voler far morire il giorno, esorcizzando la notte che deve ancora arrivare.

Ogni strada è un ricordo, è un racconto di un viaggio e di tutto ciò che uno si porta a casa, un’istantanea di case tutte diverse dove il sapore delle fragranze si mescola ai profumi di terra bruciata, una commistione molto particolare e riuscita.

A livello sonoro ci troviamo davanti a Battisti e a Gazzè, ma anche ai Perturbazione di mezzo, per intenderci quelli di Canzoni allo specchio e Pianissimo Fortissimo; alle volte più introspettivi di quello che sembrano o che vogliono apparire i nostri si concedono cinque pezzi di naturalezza domestica, pronta a stupire e a lasciare il segno.

Le cose che mi hai detto è canzone in stop motion che apre la strada all’introspettiva Le mie paure, la title track è ritmata quanto basta per voler concedersi il lusso di far muovere il piede su e giù.

Chiudono bene il cerchio Settembre e la narrazione sonora di Elia e Michelle.

Un disco di facile ascolto, diretto e immediato, pronto ad essere ascoltato più e più volte, senza rimpianti e senza preoccupazioni, un cammino segnato e una strada da seguire tra vecchie fotografie e ricordi lontani.

Cadori – Cadori (Autoproduzione)

Finalmente un ragazzo che va oltre il cantautorato penoso e ripetitivo che rispecchia l’attualità dei premi Tenco, povero Tenco, e derivati.

Cadori regala emozioni e sembra quasi di ascoltare, per scelta di stile e arrangiamenti, quel Bon Iver a metà tra il For Emma e il successivo omonimo.

Arrangiamenti essenziali, solidi, che si intensificano con il passare delle canzoni.

Istantanee racchiuse da colori velati, seppia, una chitarra acustica che fa il suo dovere e un’elettronica non gridata, non disturbante, ma che ti abbraccia come un caldo manto invernale di lana, tra l’umidità dei vetri di un’auto che aspetta la nascita di un nuovo amore.

Pezzi come Countri 1 o la meditativa Fuori cadono fulmini sono sufficienti per riassumere un pensiero, una ragione per cui credere che tutto quello che ci sta attorno vale la pena di essere vissuto.

Notevole il cambio di stile in La brutta musica, una techno dal richiamo lontano che fa calar le luci in Tempeste di sole e chiudere il cerchio con Le cose.

Album riuscito, pieno di immagini di un crepuscolo lontano, che guarda al nuovo giorno con l’introspezione di chi solo sa regalare poesie che rimangono nella nostra mente.

Claudia Cestoni – La casa di Claudia (The sounds of violins)

Entrare in punta di piedi all’interno di un labirinto suadente, fatto di immagini e capacità espressive che richiamano atmosfere fiabesche impadronendosi del nostro essere, delle nostre capacità, una comunione col tutto in un abbraccio infinito.

Il disco d’esordio di Claudia Cestoni è calibrato, perfezionista, racchiuso tra mura domestiche, ma che ricopre finalmente, a mio avviso, tutta l’esigenza di creare un nuovo cantautorato al femminile.

Si incrociano Consoli, Turci, Rei; quella musica dalle caratteristiche alternative che regalano emozioni da far ascoltare in un inverno che deve ancora arrivare.

Prodotto dal violinista Adrea De Cesare (tra gli altri Fabi, Nava, Negramaro), il disco ha un sapore internazionale, movimentato e introspettivo quanto basta per gridare, dico io finalmente, al miracolo.

Un disco sulla casa, sulla cura di essa, un disco sull’amore, su chi parte e chi torna, . persone in movimento che si guardano senza toccarsi, sussurri vitali in città claustrofobiche: questa è Claudia e questa è la sua casa.

 

Gianmaria Simon – L’ennesimo Malecon (VREC)

Travolti e inglobati da una musica che non ha confini, ricca di quelle sfumature che ti fanno sentire vivo e che ti rendono partecipe di un progetto globale che va ben oltre il comune aspetto e il comune pensiero.

Questa di Gianmaria è una musica cosmopolita e democratica, una musica di frontiera che racconta di territori aridi da vivere spassionatamente come una bottiglia di whisky o come un amore dal tragico finale passando per le vette degli alberi e perché no anche sulle montagne.

Parlo di montagne perché forse l’approccio che conquista è il raccontare di una natura che è parte integrante di un nostro essere, di un qualcosa di meraviglioso passando inevitabilmente al rapporto che si crea con una società che vede l’uomo  uniforme che cerca una strada per scardinare ciò che è convenzione.

Gianmaria va oltre questo, prende la sua chitarra e conquista le strade di Francia e Germania, sale sugli alberi e impersonifica un Barone Rampante in evoluzione.

Ecco allora che nella sua prima prova da studio convince perchè il suo background culturale e artistico spazia in modo convincente guardando Capossela da vicino, ma con un occhio tendente anche a tutto ciò che è balcanico e zingaresco, tra incursioni alla Goran Bregovic in un film di Kusturica.

Ecco allora che il teatro canzone si amplifica in circo dove la gente è parte integrante di uno spettacolo che non ha mai fine.

Tanto di cappello, a cilindro in questo caso, per questo cantautore, malinconico e introspettivo quando serve e furente e leggiadro nei  momenti meno raccolti, a creare un cerchio di comunicazione che va ben oltre ciò che noi possiamo vedere.

 

 

BoomBoomBabylon – DuePuntoZero (IrmaRecords)

Secondo album per i BoomBoomBabylon che si staccano dal precedente per sonorità e compiono il passo di sperimentatori di un’elettronica suonata e sintetizzata con cantato in italiano efficace e convincente.

Portatori di un suono che si fa dub in certe occasioni, il crocevia di stili che si presenta è un sinonimo di capacità espressiva a lungo sperimentata e compressa, un’esplosione di capacità, stile e perché no anche eleganza.

I racconti presenti nelle canzoni sono piccoli drammi quotidiani che si intensificano nelle profondità del cuore umano nei pezzi finali, quasi a chiedersi, a domandarsi un modo migliore di vivere nell’assenza e nell’abbandono.

Dopo On quindi è il tempo di cambiare abito per i piemontesi, costruendo una formula riuscita, per un duo che è stato protagonista in apertura di Casino Royale e Africa Unite.

Si parte con il singolo Salvami lanciato da un efficace video, passando per la corale Non so chi sei e sottolineando il concetto del disco negli amori confezionati di Non una parola.

Le tinte si accendono con Ti ucciderò per poi andare diritti a toccare le corde di profondità inesplorate con Dipingi l’anima, in chiusura le sperimentazioni sonore di Sono dove sei tu.

I BoomBoomBabylon con DuePuntoZero sono riusciti a creare un disco dei nostri tempi, un disco che parla di certezze non raggiunte e di difficoltà esistenziali che parlano di Noi, un album che è fonte di rinnovamento e reazione, un disco del nostro trascorrere e del nostro stare in vita; contro quell’idea che ci associa sempre più a rami trasportati dalla corrente, in attesa della prossima alluvione.