Cambio Cane – Due (Autoproduzione)

Cambio Cane, “Due”: recensione e streaming

Copertina metallica che nasconde un cuore di vetro per un disco narrante stati di complicità emotiva che si disperdono nel buio della notte e accarezzano, ti parlano, sfiorano la pelle e sedimentano, sguardi e pensieri, colpi d’apertura verso l’esterno e leggiadra disinvoltura nel dare senso all’indefinibile della vita. Il nuovo album dei Cambio Cane affonda il pensiero dominante negli anni ’90 tra The Carnival of fools, Uzeda, i primi Afterhours, iMarlene Kuntz e i CSI in un rock che non si apre mai a fragorosi disimpegni post moderni, ma piuttosto crea strutture, intelaiature che ben si fondono con l’incrociarsi di voce maschile e voce femminile in una contestualizzazione minimale che sa di introspezione, ma anche di potenza tagliente rappresa nelle parole e nei significati. Traccia maestosa forse, contenitrice di un intero disco resta a mio avviso Notte Larga a definire un insieme di canzoni, nove per l’esattezza che guardano oltre le mode del momento, dando un senso corposo e ben distribuito a questa piccola opera di luce e oscurità, di speranza e di richiami ad un mondo musicale che può e che deve diventare diverso. 


-LIBRI ILLUSTRATI- Valentina Mai – Quello che voglio (Kite Edizioni)

Quello che voglio

Titolo: Quello che voglio

Autori: Valentina Mai

Casa Editrice: Kite Edizioni

Caratteristiche: pag. 32, 21×21cm., colori

Prezzo: 14,00 €

ISBN: 9788867450909

Tante volte ci perdiamo, seguiamo i fili invisibili che incrociano le nostre paure per poi perderci nuovamente in un viaggio chiamato vita che ci vede non sempre protagonisti, ma piuttosto complici di un passaggio epocale che sempre più rende l’omologazione a livelli inarrivabili, ma tristemente vicini a noi, a quello che ci portiamo dentro, a quello che vorremo essere.

Parlavo con un anziano tempo fa e mi raccontava che la vita per metà la decidiamo noi, per l’altra metà no. Il nostro narrare crescendo è anche imposto dall’esterno, dalle mode, dal lavoro, dalla società, dalla nostra condizione sociale, dai nostri obiettivi, dai nostri traguardi e dalle nostre sconfitte il tutto implicitamente compresso in quel magma composito che ci va a formare come statue d’argilla malleabili, robuste alla vista, ma fragili al nostro interno.

Che posto nel mondo vogliamo occupare quindi, quali sono le speranze che il nostro cuore nutre? Che cosa saremo e che cosa ne sarà di noi? Valentina Mai, giù autrice del fortunato ed essenzialmente bello Rosso come l’amore, già edito per Kite Edizioni, ci fa comprendere, attraverso il linguaggio semplice e diretto che la caratterizza, l’evoluzione del nostro io personale, il nostro io soggettivo dal momento della nascita fino all’età adulta, sottolineando impressioni, istantanee che riguardano l’incedere umano attraverso spaccati immediati che fanno comprendere anche al lettore più giovane, grazie a una carrellata di immagini e testi sintetici, un punto di vista, uno sguardo interiore che tocca le corde più vicine al nostro essere.

Quello che voglio rappresenta una bellezza lineare, immediata anche se sedimentata, un punto di contatto che parla in silenzio, in modo sottile, parla implicitamente dei nostri traguardi, ma anche dei desideri che si fanno tangibili e che solo noi, dall’interno,  possiamo comprenderne significato, attuazione e soprattutto scelta preponderante per questo e altri futuri.

Per info e per acquistare il libro:  

http://www.kiteedizioni.it/it/libri/illustrati/quello-che-voglio

77 Gianky Project – Non mi fermerò mai (Overdrive Records/Duff Records/Scatti Vorticosi Records)

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Punk imperterrito scavato al suolo con approccio evidente, sciolto e mai contorto, in voli pindarici stratosferici che si sposano poi con la nuda realtà abbandonando la quiete e sposando la caotica visione di una sostanza che vale molto più dell’apparenza. Continua a testa bassa la carriera multiforme del chitarrista dei Meat for dogs Giancarlo Capicotto in una prova coadiuvata da Eugenio Pullano al basso e Simone Matarese alla batteria, una prima prova dal sapore d’altri tempi che cerca sempre e comunque una direzione ostinata e contraria alla regola preimposta consentendo all’ascoltatore di entrare all’interno di un mondo fatto di materia lasciata a sedimentare e pronta a ricoprirsi di nuove ambizioni all’insegna di un testo immediato che fa subito breccia e convince. Non mi fermerò mai è un disco che nella sua omogeneità ricerca una parabola nel mondo delle illusioni ponendo, in modo tangibile, un riflesso di un tempo che non c’è più. 


Candies for breakfast – Candies for breakfast (Autoproduzione)

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Alternative rock suonato che ammicca alla bellezza della musica degli anni ’90 costringendo l’ascoltatore a fare inevitabilmente un tuffo nel passato, un tuffo nei ricordi e in tutto quello che ci portiamo dentro. I Candies for breakfast creano nel loro omonimo una commistione essenziale e ben ponderata tra rock e pop che trova linfa vitale e costruzioni ammirevoli nella prima Alanis Morissette e nei No Doubt in un sali scendi emozionale che alterna canzoni dal facile appeal ad altre più introspettive e meditative. La band di Cremona cerca nei testi, inoltre, un proprio punto di fuga, una soddisfazione personale che va oltre le mode imposte e convince a dismisura in canzoni come l’apertura affidata a California, Hot, Are u cryin’, How long, The death of me and you per cercare di dare un senso ad una prova circolare attingendo di luce l’oscurità che avanza. I nostri sanno quello che vogliono, in questo album lo hanno saputo dimostrare. Anche se il punto di maturità e originalità sospinta è ancora un po’ lontano questo concentrato di bellezza li aiuterà a comprendere più a fondo la loro meta da seguire. 


Second Youth – Dear Road (IndieBox Music/Demons Run Amok)

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Punk malinconico e sognante con una forte dose di personalità e caratterizzato da riff in divenire che ti entrano dentro e fanno fatica ad andarsene in conseguenze abissali che sono lo stimolo per questa e nuove avventure in un viaggio continuo fatto di punk, di rock e di qualsivoglia forma di protesta nei confronti dell’illusione del mondo, dell’illusione di questa e altre vite. I Second Youth sono tornati, la loro seconda giovinezza la vivono attraverso questo loro nuovo disco, un vero e proprio Lp sulla lunga distanza a raccontare e a incendiare un momento, un attimo, una parvenza di realtà che si trasforma e convince in tutto e per tutto grazie ad un’immediatezza di fondo e grazie ad una leggerezza che fa scuola. Da Friday Night fino alla title track, passando per Letter home e Close i nostri intascano una prova di coraggio avvincente e scorrevole che guarda con introspezione al passato, ma che nel contempo si rende partecipe di un presente che li vede protagonisti. 


Duracel – Supermarket (IndieBox Music)

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Carriera disinibita su palchi polverosi di una penisola in fibrillazione atriale concessa per un ennesimo disco dal sapore d’altri tempi e che vede i Duracel compiere il miracolo ancora una volta. Dopo L’ora d’aria e dopo un’attesa di quattro anni, torna la band veneziana che da quindici anni di sostenibile potenza trova ancora nella denuncia sociale una propria strada, un proprio grido potente per raccontare e raccontarsi, all’interno di quella scatola chiamata Italia che troppe volte toglie senza nulla dare. Le canzoni si sciolgono come aspirina nell’acqua e il toccasana riprodotto ha il gusto di qualcosa di forte e di ben strutturato, musicalmente classico, ma pieno di quella sostanza che si fa ricordare. Dodici canzoni che sono lo specchio di questi tempi, dodici pezzi che a fatica si dimenticano. Bentornati Duracel e che sia sempre un inizio per voi. 


The Yellow traffic light – Worlds Within Walls (WWNBB Collective)

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Shoegaze espresso in emozioni pulsanti attraverso un circolo tumultuoso che scuote dal di dentro e rinfranca percependo gli istanti, gli attimi simultanei di una musica proveniente dal passato, circondata dagli anni ’80 e approdata inesorabile al nuovo millennio in una ricerca che si fa costanza divampata e immortalata per l’occasione attraverso una gran bella rappresentazione di undici pezzi stellari che toccano l’indicibile e che di base approdano su lidi trasversali. Le capacità di fondo dei The yellow traffic light si sentono eccome, c’è in questo sfogo musicale un desiderio maturo di creazione e di sodalizio, di psichedelia interculturale che affronta la realtà attraverso uno studio approfondito e ricco di citazioni, mai affranto al suolo, ma piuttosto convincente fin dalla traccia d’apertura Constance per passare alle riuscite Eveything you’ll need, Care, Flower of Yugao, Silver Filum o la finale Merovingii attraverso un viaggio che sembra non concedere spazi all’abbandonato. Di costruzioni parliamo, di architetture sonore di rara bellezza che accostano le luci del traffico notturno ad un profumo maestoso, tra i The Jesus and Mary Chain e i My Bloody Valentine passando per Lush fino ai A place to bury strangers i nostri intascano una prova che come specchio interiore analizza i campionamenti umorali di un credo rarefatto e in dissolvenza.


The sweet life society – Antique Beats (Black Seed Records)

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Disco strutturato e architettonicamente complesso capace di inoltrarsi all’interno di un caleidoscopio di colori che abbraccia idee e meraviglie che ricoprono ampi spazi di mondo, culture antropologiche e distanze quasi siderali in un’unione sorprendente e davvero unica nella sua originalità di fondo. Il disco dei due producers e fondatori che compongono con la propria orchestra i The sweet life society rende viva l’idea di paesaggio in dissolvenza che si apre a territori inesplorati, senza tergiversare sull’abbandonato, ma piuttosto dando vita a forme sempre nuove, a forme che nella lontananza del momento si fanno vicine, percettibili e donando ad una musica priva di confini un senso maggiore di appartenenza, un senso maggiore di crocevia multiculturale egregiamente suonato. Antique Beats sembra una Torre di Babele moderna dove commistioni elettroniche sono la parte fondamentale per costruire, da una base comune, una diramazione sostanziale con quello che ci portiamo dentro, una direzione che ognuno di noi sa trovare, un punto di contatto col nostro essere tanti in un mondo in continuo cambiamento. Ai The sweet life society va il pregio di aver saputo dare un senso necessario alle immagini musicali costruite in questo disco rendendoci ancora più vicini ad un vivere intrecciato e composito, ad un vivere che nella follia concettuale trova punti di contatto con quello che siamo. 


Barriga – Insana voglia (Freecom/Lilium Produzioni)

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Pop condito a dovere in una soluzione fresca e genuina che trova nell’immediato disco dei Barriga un desiderio innato di consapevolezza e facilità, di senso interiore e di parole che entrano dirette senza passare per il Via, ma piuttosto incasellando momenti, incasellando istantanee geografiche di giornate soleggiate e fotografie contemporanee di consapevolezza raggiunta. Il nuovo dei Barriga è leggerezza primordiale, canzoni di facile appeal si disintegrano parlando con la voce dei nuovi ventenni, tra quotidianità sospinta, tra sesso, web, università, amenità varie e desiderio innato di costruire qualcosa che alla fine dei conti possa restare per coloro che verranno. Insana voglia suona veloce, suona con l’intento e il desiderio di disintegrare l’ordine prestabilito pur restando confezionato e relegato in una scatola pop concentrata in soluzione semplici, ma dal giusto tiro e dal facile appeal. Le canzoni si sciolgono nell’istante trascorso da Non puoi toccarmi sul web fino ad Avete rotto i coglioni narrando di libertà e di punti di vista intenzionali e ammirevoli e che in questo disco richiamano al nuovo che avanza inoltrato da un desiderio sempre più forte di far parte di un qualcosa di unico e condiviso.


Monica P – Rosso che non vedi (A Buzz Supreme)

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E’ una questione di connubio con il mondo che ci gira attorno, è una questione di approcci sinceri, di vita vissuta e di intenzioni a proclamare senza fine il proprio credo, il proprio senso di appartenenza e costanza ad un mondo in evoluzione, è il raccontarsi intimo di un diario vitale che consegna a noi ascoltatori interventi di bellezza sfumata rock strutturata e composta, mai banale e capace di affondare le proprie radici in un cantautorato importante e personale. Il nuovo di Monica P è un album legato al filo rosso della vita, numerosi gli interventi colorati che acquisiscono importanza attraverso sfondi sfumati acquarello che diventano tempere mordaci, colori che ricoprono la nostra vita e parlano da vicino del nostro essere, di come ci sentiamo e di tutto ciò che in qualche modo vorremo diventare. Rosso che non vedi è prima di tutto un album interiore, un disco davvero composito che non rifiuta l’elettronica, ma che trova nella classicità della proposta e nella voce personalissima della nostra un proprio punto di fuga.