Shiver – Settembre (Autoproduzione)

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Settembre è uno stato umorale, un folk impresso su polaroid passate che instaurano incalzanti un sodalizio con una musica che fa ballare, fa alzare lo sguardo al cielo in un momento di eternità brillante speranza. Gli Shiver impacchettano per bene queste quattro canzoni, queste quattro sostanze d’autore per l’ennesima prova che strizza l’occhio ai suoni d’oltreoceano, alle vertigini trasognanti di canzoni che vanno alla velocità della luce e ricordano in qualche modo i racconti di gruppi come i Blindur o i Telestar assiepandosi dolcemente nell’album fotografico migliore che abbiamo da mostrare. Le tracce proposte si rincorrono vicine, si rincorrono a ribadire concetti e buona volontà, dalla bellissima apertura affidata a Medicine per il morale, passando per la title track che si avvia a riconoscere l’altra perla del disco ovvero Storie di sospiri e di ginocchia sbucciate fino al finale di Oltre il suo ritorno. Settembre è la malinconia di un mondo che dovrà rinascere nuovamente, Settembre è anche un piccolo disco che accontenterà anche i palati più esigenti. 


Eleonora Bordonaro – Cuttuni e lamé (Finisterre/Felmay)

Nel disco di Eleonora Bordonaro ci sono i profumi e le sensazioni di terre lontane, c’è la possibilità di comprendere una musica etnica che scava nelle radici interiori in un corso costante di pensieri che si fanno musica che si fanno emozioni private e poi condivise in un vociare che nel canto si fa poesia e bisogno mutevole di rassicurare. Un disco in siciliano, un album che vola con i ricordi ad un tempo non definito, ma sicuramente caro e vicino alla cantante, alla sua terra, al mondo che condivide e che cerca di tramandare grazie a canzoni che attraverso una musicalità sospinta si protendono nel ricercare spazi di luce, colorati, spazi azzurri che si confondono con la profondità del mare, con la meraviglia del cielo. Cuttuni e lamé è un disco che parla di natura, ma anche di persone, di ritratti, di immagini scolpite come fotografie lasciate all’attesa, sono frammenti di vita e di bellezza istrionica mosse da qualcosa di profondo e a tratti incomprensibile, ma sedimentato a dovere attraverso una voce che lascia al racconto il proprio senso di esistere. 


Magar – Capolinea (Alka Record Label)

Quello dei Magar è un disco intenso, una piccola perla del panorama indie italiano, una perla fatta di quattro pezzi sostanziosi in grado di entrare prepotentemente nella testa dell’ascoltatore con sonorità decise e divincolate dal moderno che avanza inarcando la testa al passato e valorizzando panorami creati da musicisti come il Buckley migliore in un cantato in italiano che grazie a ritornelli bisognosi di sapere si rende intellegibile ad ogni latitudine. Pezzi atmosferici come l’apertura affidata a Gratitudine fanno comprendere la caratura e il livello emozionale della band sarda che prosegue il proprio percorso con le cavalcate sinuose di Non è semplice e Vorrei fossi qui fino ad arrivare alla finale Le mie orge in un compendio elettrico e delizioso che nonostante la brevità della proposta si fa ascoltare tutto d’un fiato e rende assolutamente bene l’ideale centrato di questo gruppo in evoluzione. 


Devocka – Meccanismi e desideri semplici (Dimora Records)

album Meccanismi e desideri semplici - Devocka

Urtare il muro dell’ignoranza, tagliare il suono in quattro e consegnarlo in parti uguali ai nostri punti di riferimento ambiziosi e ricercati, trascritti nelle pagine del tempo e ossidati ora come lastra meccanica di un congegno a noi poco noto, ma impattante, mostruosamente potente e vibrante sogni migliori. Il nuovo dei Devocka parte in quarta dopo sei anni di attesa, non sedimenta ragioni, non piange sul passato, ma ambisce a sfondare il futuro, allargandolo a dismisura e provocando eruzioni visive che attraverso le canzoni proposte si fa membrana malleabile costruita su di una solida base rendendo la proposta contagiosa, caparbia e piena di stile intrinseco. Canzoni che tagliano in due le nostre vite e di certo non lasciano indifferenti, aprono a qualcosa di diverso, aprono a qualcosa che ci impegna e ci rende manifestanti interiori dei nostri desideri più nascosti. Niente perbenismo, niente falsi pietismi in Meccanismi e desideri semplici, piuttosto in questo insieme di pezzi ci sono le parti nascoste e oscure di ognuno di noi, ci sono i pezzi di puzzle della nostra coscienza, pezzi di vetro riappesi con scotch elastico nell’osservare i nostri occhi che guardano un volto in costruzione e soffermanti si protendono alla luce di questa e altre vite. 


The Bankrobber – Missing (Alka Record Label/VREC)

album Missing - The Bankrobber

Grande rock alternativo che calza a pennello con le migliori soluzioni e le migliori rappresentazioni di ciò che sono stati gli anni ’90 in un concentrato di psichedelia in rock che si lascia trasportare grazie ad atmosfere sognanti e un bisogno concreto e sempre acceso di dare forma e colore ai pensieri che rincorro la nostra testa. I The Bankrobber sono una band davvero strutturata e consapevole delle proprie capacità. La band di Riva del Garda formata da Giacomo Oberti, Maddalena Oberti e Andrea Villani prende spunto da tutto ciò che possiamo definire alternative contemporaneo dagli Arctic Monkeys passando per i The Killers non disdegnando però incursioni al brit pop dei Blur e alle sonate folk di gente come Tom Mcrae e Badly drawn boy in un insieme di canzoni davvero omogeneo e dal facile appeal costruttivo e percettivo. Le narrazioni poi lasciano spazio a leggeri fraseggi distorti che non prendono mai il sopravvento, ma sedimentano, in fondo, una sostanza convinta, una meraviglia da scoprire canzone dopo canzone che attraverso spruzzate di elettronica riesce a rendere questo Missing un album adatto ad essere portato, espatriato, fuori dai nostri confini.