VeiveCura – Me+1 (Rocketta Records)

L'immagine può contenere: 1 persona

Davide Iacono, in arte VeiveCura immortala momenti sintetizzati di ambient condiviso in canzoni che strappano l’energia del rock e la condensano in quadri elettronici capaci di perforare la tela della realtà e aggiudicarsi un posto d’onore nelle parete labirintica di una mente in completa stratificazione, attraverso messaggi di synth che ricordano MGMT, Bon Iver, James Blake e attraverso una ricerca sempre continua che trova nell’esigenza di dare valore alla componente strumentale il proprio punto di forza. Piccoli mondi a se stanti che collimano assieme però nella dichiarazione d’intenti iniziale, un universo fatto di suggestioni e rapide discese verso ambienti da scoprire nella raffinata ricerca da perpetuare nel ricordo e nella cura stessa. Tra lacrime di pioggia a lavare ciò che resta nella nostra pelle ci sono le istantanee di ricordi polverizzati in sulfuree nuvole autunnali, ci sono i pezzi d’atmosfera e quelli prettamente pop e armonici, da What we were in our Past life fino a See you in the Next life, tra passato e futuro Davide sforna un ottimo album che non ti aspetti contraddistinto sempre e comunque da quel tocco originale che ha caratterizzato e caratterizza la ricerca dell’artista siciliano.

Peter Piek – “+” (Peter Piek Painting Studio)

L'immagine può contenere: cibo

Universo di colore sperimentato su tela che getta alla Pollock strati di verosimiglianza con la vita che accomunano le sfumature di queste canzoni intrise di significato e posteriorità che ingloba e trascina lasciando melodie sotterraneamente pop ad incipit di primario silenzio e solitudine in una delicatezza fatta ad arte e capace di consegnare una prova multisfaccettata e carica di appeal in pezzi d’amore che variano, sedimentano, esplodono circolari in evenienze disturbanti, ma del tutto consone ad uno stile unico e particolare, ricercato quanto basta da rendere questo disco dal titolo inusuale +, un valore aggiunto di rara intensità che si domanda, si chiede, si consuma e ama, in una contrapposizione dichiarata tra veloce e lento per un artista poliedrico che canta, suona la chitarra, il piano, il basso e la batteria come non ci fosse un domani, nell’essenza dell’attimo stesso Peter Piek ci dona un disco sopraffino e congegnale alla sostanza materica da lui stesso creata, una sostanza in suadente movimento perenne, tra i colori di fondo e la luce in dissolvenza.

theNEMO – Dagli Snap! Al Crack (Discipline)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Dal cantautorato tradizionale fino agli abissi raggiungibili dell’elettronica moderna dove il passato e il presente si fondono tra organismi in evoluzione e sostanza da consegnare al tempo che verrà in una piccola prova d’esordio che racchiude al proprio interno un intrinseco bisogno di comunicare esperienze di vita e istantanee futuribili di nuove ricerche sonore ben delineate già nella traccia d’apertura Lavorare di notte dove le chitarre in distorsione si sposano bene con l’elettronica dei sintetizzatori che pian piano si mescolano e destrutturano un ambiente che lascia posto a brani che chiudono il cerchio da Mi ricordo fino a Grazie lo stesso passando per Teca, quasi a voler imbrigliare, in un solo attimo, la bellezza iridescente di una musica colorata e intima da preservare nell’istante e nei ricordi migliori, dove le luci delle auto di notte ci fanno, forse, sembrare un po’ più vivi di quello che siamo e dove una natura oscura ci sa prendere per mano verso l’ignoto in evoluzione.

Marti – King of the minibar (Cassavetes Connection/Believe)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Dentro al nuovo disco di Marti c’è un mondo da scoprire, carico di significati e di poesie urbane che abbracciano la solitudine del presente, lo fanno in stanze d’albergo a Berlino dove le canzoni sono veicolo di diffusione di un sentire capace di raccontare storie, forse anche le nostre, convogliando la cupezza interiore dell’animo umano in un contesto di certo non asettico, ma pieno di vita e di morte. Ogni stanza ha il suo ospite dal naufrago a Evatima Tardo una delle donne più belle del mondo secondo Houdini, ma c’è anche un futuro possibile e concepibile in questi racconti, un desiderio di creare dal nulla una storia che possa catturare l’attenzione e in un certo senso stupire convogliando la potenza delle parole alla potenza stessa della musica, abbracciando poeticità nascoste dai Cousteau fino al lato più pop rock degli Stranglers, passando per l’indiscusso Nick Cave in un’amalgama di vite che richiama l’attesa, proprio come quell’uomo alla finestra in copertina, ideato da Igort che per l’occasione ha curato il libretto e l’intero artwork del disco, un valore aggiunto di certo a completare un disco che scava nella parte più profonda di noi senza lasciarci mai.

-LIBRI ILLUSTRATI- Letizia Galli – Agata Smeralda (Franco Cosimo Panini)

Libro Agata Smeralda. Ediz. a colori Letizia Galli

Titolo: Agata Smeralda

Autore: Letizia Galli

Casa Editrice: Franco Cosimo Panini

Caratteristiche: 40 p. , ill. , Rilegato

Prezzo: 16 €

ISBN: 9788857011202

 

Edifici grigi, scuri e minacciosi che non lasciano entrare la luce, ma si fanno carico di una notte opprimente e piena di mistero dove il tempo, quello passato, narra una storia di riscatto e incontro, di abbandono e di rinascita, attraverso i secoli, attraverso il buio che avanza, questa storia è speranza completa per i sogni a venire, una speranza flebile, una speranza però su cui contare per lottare ancora una volta verso un principio di autodeterminazione che è esso stesso scommessa per una vita nuova e vissuta appieno.

Letizia Galli illustra e racconta la storia, seppur romanzata, della prima bambina lasciata sulla “finestra ferrata” il 5 Febbraio 1944, bambina che crescerà in un mondo duro, aspro, fatto di lavoro, privazioni e amore intermittente fino al giorno del riscatto in una completa ricerca della speranza che attraverso le pagine di questo cartonato di grandi dimensioni permetterà al lettore di entrare in un universo dove la luce di una candela, in contrasto con il buio della notte, farà risaltare il volto di una bambina, i suoi desideri e le sue aspirazioni, gli amori insperati e il destino scelto da altri e quasi ineluttabile che nella mente della protagonista sarà soltanto un punto da cui iniziare una vita apparentemente piena.

Franco Cosimo Panini scommette su un’opera che incorpora le suggestioni di Tamara de Lempicka e le ambientazioni di De Chirico, una storia che sa raccontare e raccontarsi narrando di contesti difficili e affacciando il proprio sguardo nei confronti di un mondo che ancora oggi reca con sé lati oscuri e attuali, immergendo questioni, seppur narrate in altre circostanze temporali, in un focus narrativo dove il senso dell’adozione è spiegato dalla parte dei più deboli: i bambini che con i loro stati d’animo riempiono un intero di attesa e provano a desiderare, grazie all’immaginazione, un contesto diverso in cui sperare.

I bambini quindi, in balia di un futuro privo di certezza, dove l’amore deve sempre e comunque essere prerogativa necessaria per futuri sostenibili; una storia di attesa, ma anche di coraggio questa, tra le scelte di ogni giorno e quel sottile bisogno di sentirsi parte di un tutto che deve essere soppesato, accolto e integrato, lasciando in disparte il confine tra abbandonato e sentirsi parte e accentrando il bene più grande che è la vita stessa.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.francopaniniragazzi.it/index.php/letture/illustrati/agata-smeralda.html

Oppure qui:

Umberto Maria Giardini – Futuro Proximo (La Tempesta Dischi)

UMBERTO MARIA GIARDINI futuro proximo

Prosegue il percorso di avvicendamento alla bellezza di Umberto Maria Giardini, prosegue raccontando un futuro prossimo destabilizzante sulle note sicure e già principalmente testate nei dischi e nei progetti precedenti, mantenendo un’impronta post rock con cavalcate intrise di significati che solo le parole possono completare dando continuità di senso e addizionando ironia tagliente proiettata nel nostro presente, aspettando forse ciò che mai verrà e contemplando gli attimi di vita vissuta come fossero ricordi da custodire per sempre.

Ci sono dieci pezzi in questo album, dieci pezzi che sono perle a se stanti che si fanno riascoltare per comprenderne sfumature dimenticate e lasciate al caso, ma qui nulla è abbandonato anzi, il nulla che avanza si ricopre di novità proprio quando le novità sembrano essere lasciate in disparte; l’Avanguardia è giusto incipit di attese che si apre alla canzone forse più orecchiabile dell’intero disco Alba Boreale, ricoprendo di introspezione pezzi come Dimenticare il tempo o Graziaplena per un finale di indiscusso valore a caratterizzare una produzione che si affaccia alla modernità con un amore chiaro e limpido nei confronti del passato, nella cura del suono e nella cura dell’anima, tra sali scendi emozionali e un comparto sonoro e poetico invidiabile ai giorni d’oggi e così vicino al domani da restarne profondamente colpiti.

Alberto N.A. Turra – FILMWORKS (Felmay)

L'immagine può contenere: notte

Poliedricità è la parola giusta per descrivere Alberto e la sua costante ricerca nel ricreare e ammaliare di sostanza magica la pellicola del cinema, cambiando forme, costruzioni, alternando l’energia delle chitarre in distorsione per approdare ad una musica minimal pianistica che via via si avvicenda e si apre a paesaggi lussureggianti e multiformi che per l’occasione intensificano l’approccio e danno alito nella creazione di una difficile, ma armoniosa inquadratura, si perché Alberto Turra è artista a tutto tondo e i campi lunghi cinematografici si possono scorgere appena dopo il muro che ci separa dal nostro non volere assaporare i minimi dettagli che questa opera è in grado di dare, un’opera che si propone, grazie ad una potenza espressiva esponenziale, di racchiudere l’idea di un mondo lontano, quasi subacqueo e vorticoso e pronto ad aprirsi a luoghi che non conosciamo, regalando emozioni sonore di rara intensità che nella circostanza del momento si fanno portatrici di colori dominanti e carichi di consapevolezza.

Hide Vincent – Hide Vincent (IMakeRecords)

Grande prova di introspezione sonora che recupera la bellezza dei cantautori americani dell’ultimo periodo da Bon Iver passando per Bonnie Prince Billy, Iron & Wine, Micah P Hinson e intervallando i quadri dipinti in sostanza sussurrata che si avvicina ai mondi descritti nei primi album di Damien Rice o di Tom Mcrae con arrangiamenti eccellenti e qualità che raramente si può ritrovare in un cantautore dei tempi moderni tanto più che il nostro Hide Vincent è italiano e assomiglia per purezza d’intenti a quel Waiting to Happen dei primi Perturbazione. Troppi nomi?Troppe citazioni?Mi fermo allora perché questa musica in sostanza scava l’anima nel profondo e ci fa vedere una parte diversa dentro di noi, una parte in continuo conflitto con il nostro essere, la parte forse migliore da ascoltare. Dischi di un’immensità come questo riescono a farci riscoprire l’importanza nel valorizzare la bellezza che ci circonda in un’assonanza di ballate nel tempo e per il tempo che arrivano come un fulmine a ciel sereno e si trovano un posto sicuro dove stare, là sul filo di una carezza, prima che venga la sera.

Téta Mona – Mad Woman (Garrincha Go go)

album Mad Woman - Teta Mona

Avventure sonore di bellezza che si apre a solitarie lande in levare tra un reggae psichedelico di altissimo libraggio e grandiosa capacità nel creare atmosfere stratificate ed energia pulsante in stop motion a balzi retrattili e appigli che nel tempo del lampo costituiscono una solida impalcatura di base capace di lanciarsi in sperimentazioni mozzafiato, nella purezza del momento, dell’istante imbevuto di incertezza e di forte bisogno di esprimere punti di vista oltre l’immaginato. Teta Colamonaco, in arte Teta Mona, nel suo primo full length mette in campo tutta una serie di capacità nel consegnare all’ascoltatore una prova ricca di savoir faire che non abbandona, ma aumenta il proprio valore nello scorrere delle canzoni tra cantautorato e dub style in lingua inglese c’è anche il posto per due perle in italiano: Orologio e Whiskey quest’ultima di Mina, omaggiata per l’occasione portando avanti una determinazione di fondo che si sposa bene con quella della pantera di Goro, per un disco prodotto da Prince Jaguar e che mette dei paletti di indiscussa qualità in un quadro di insieme da poter affacciare oltre oceano.

Espada – Love Storm (BV Records)

Ci si consuma e si ama all’interno di immaginari desertici che improvvisano stati d’animo da cuore trafitto, con una voce che si immola nella sabbia, disintegra gli accessi ad un mondo sostenibile e si crogiola al sole disidratando ciò che resta del mondo in decomposizione. Una dichiarazione d’intenti nei confronti di una pienezza che si staglia veloce alla ricerca di un proprio canale di sbocco, tra lisergici assoli chitarristi e brividi che salgono su per la schiena, tra Calexico, Wilco, Mercury Rev e quella velata introspezione che ci consegna un disco da assaporare, svolgere e far proprio, attraverso le sfumature dell’anima, proprio quelle sfumature che rendono ancora più vicina l’idea di grandezza e di caldo tepore blues che si evolve conoscendone presagi e distribuendo pezzi di veridicità in canzoni al fulmicotone come l’apertura lasciata a Hard Times per proseguire con la ballad malinconica Dwayne e con la bellissima e sussurrata Young and devious per approdare nel finale alle incertezze del futuro con The well dove una voce da lontano parla, forse, di ciò che succederà, lasciando al manierismo la conclusione di un album ricco di un’originalità trascinante e allo stesso tempo intima e riflessiva capace di scardinare gli ordini precostituiti: ora il pubblico sarà chiamato in causa per capire nel profondo la grandezza di queste canzoni.