Apoteosi del costrutto che renda questa un’opera in divenire scolpita nell’universalità dei significati ad incidere di modernità contrapposizioni sonore che spaziano di genere in genere per un’avanguardia magnetica e capace di edificare momenti davvero esaltanti. Il disco di Simone Longo raccoglie la forma mutevole del tempo, incapsulando, in avveniristiche composizioni, la musica sintetizzata e minimale con l’elettronica siderale dei movimenti precursori dei suoni digitali degli anni settanta. Un’unione unica e cangiante che rende questo progetto un caleidoscopio invitante in bilico tra bisogno di andare oltre e quella sensazionale decostruzione futuristica mai sazia del domani. Paesaggi integrati è un album che conosce il senso materico delle cose. Quel senso che accomuna l’insieme del nostro esistere e che cerca, soventemente, un passaggio unico nel labirinto magmatico che ci troviamo ad affrontare, giorno dopo giorno.
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Michelangelo Decorato/Andrea Lamacchia/Marco Zanoli – Flow (ABEAT Records)
Flusso magmatico e continuo di percezioni jazz ultraterrene che profumano di lontananza, di abbandonato, a riscoprire, attraverso l’improvvisazione, un proprio mondo in divenire. Manipolazioni digitali e sintetizzate a dovere riescono nel tentativo di dare un tocco di modernità al tutto all’interno di un ricerca/suono che fa della costruzione e della sintesi punti cardine su cui inglobare nuovi e multisfaccettati significati. In questo Flow si gioca molto sulle note pianistiche e sui tocchi di batteria preponderanti a far da contraltare. Elementi sensoriali che si mescolano danno vita ad una visione d’insieme che si respira in concentrazioni atmosferiche ricreate e mai lasciate al caso. Suoni che provengono da altri mondi, riverberati, interconnessi. Soma, Damasio, Flow, You can, Fenyman, Drift sono solo alcuni dei momenti più riusciti di un disco che deve essere respirato, nella sua totale eterogeneità.
Aldo Di Caterino – Amorè (ABEAT Records)
Musica da colonna sonora meditativa che fa pace con tutto ciò che portiamo dentro e contribuisce a dare vita a qualcosa di egregiamente commovente e impreziosito da contrappunti sonori in grado di perpetuare significati che trovano nell’amore per la musica il significato più alto del nostro stare al mondo. Il disco di Aldo Di Caterino, impreziosito dalla chitarra classica di Nando Di Modugno, occupa spazi di bellezza attraversando mondi da oriente a occidente incapsulando energia mistica a ritrovare la strada che riporta a casa. Una meraviglia da percepire, da fare nostra, ad incontrare il classico e il contemporaneo in una ricerca stilistica di gran classe ed eleganza che emoziona e non tradisce le aspettative. Nove pezzi tra musiche originali e interpretazioni di musicisti del calibro di Ralph Towner, Hermeto Pascoal, Pat Metheny, per una poesia in musica che sfida i canoni estetici, nel tentativo, riuscito, di colorare, attraverso una personalissima visione, un mondo in divenire.
Gaetano Duca – Bugiardi (ABEAT Records)
Funk sovrapposto al pop e perennemente in bilico tra profumo di anni settanta e una contemporaneità capace di scoperchiare il tempo in cui viviamo. Gaetano Duca ci regala una prova brillante che spazia nel jazz quando deve cercare di trovare una sorta di unione con tutto ciò che può essere diverso, quando i classici suoni e i ritmi orecchiabili non bastano per comunicare nuovi significati. In questo Bugiardi c’è groove, c’è tecnica, c’è un sostegno invidiabile. Lo spazio per il superfluo è annientato per lasciare posto ad una sostanza ispirata a dovere. Si sentono echi dei Calibro 35, di polizieschi perduti in qualche videocassetta lasciata alla polvere del tempo. Si percepisce anche un’originalità mai banalizzata che si sposa con un risultato d’insieme ottenuto in grado di dar forma ad un disco davvero eccitante, fresco e ricco di sfumature invidiabili.
Amato jazz trio – Keep straight on (ABEAT Records)
Sesto lavoro verticale a soppesare l’eleganza concentrica di un fiume perennemente in piena con il profumo delle note di colore che imprigionano la sensazione persistente di magnetica visione che va oltre le consuetudini. Nuovo album per l’Amato jazz trio a comporre, con solida struttura iridescente, parallelismi quotidiani che diventano contrappunti sonori nell’intavolare dialoghi profondi che si fanno unione, commistione di più generi. La batteria alle volte suona dritta, quasi fosse rock, sostenuta da elucubrazioni che diventano inevitabilmente jazz ad imbrigliare nella tecnica ricercata la chiave di volta di un disco dipinto con i raggi delle note in divenire. In Keep straight on si assapora però il gusto di una musica che sfida i confini abbracciando sensazioni europee affacciate sul Mediterraneo a riscoprire il senso profondo di un legame particolare con tutto ciò che lo stesso trio respira. Sono quattordici tracce che capovolgono la realtà per un album cangiante, a tratto sensazionale.
CASTA – Noise in the hood (Autoproduzione)
Progetto ricco di spunti e sfumature quello di CASTA, all’anagrafe Alessandro Castagnoli, qui coadiuvato da Giorgio Caiazzo, nel raccontare, con leggerezza, un mondo, un universo che non si chiede troppo, ma che cerca un posto da occupare, nel variegato panorama della musica contemporanea. Si mescola per necessità, si ambisce a creare una costruzione d’insieme che denota freschezza e immediatezza coinvolgente. Una naturalezza che trova, nel concetto di libertà, la chiave per scoprire attitudini sempre nuove e diverse, momenti dichiaratamente pop sfumati inevitabilmente da un’elettronica che si fa jazz, r’n’b, hip hop e sintetizzata quanto basta nel dare vita a qualcosa di straordinariamente solare, di reale e cangiante. Sono otto pezzi che scivolano come drink estivo. Un bagliore necessario a dimenticare le tempeste quotidiane per un disco di ricerca che ha il profumo della strada. Un album carico di energia viscerale.
La Jovenc & Nei Shi – Gardenia/Ten contemporary songs in homage to Billie Holiday (Sonicabotanica/Resisto)
Omaggiare nomi di un certo spessore come in questo caso Billie Holiday non è certo impresa facile da intraprendere, si rischia di cadere, di essere troppo standardizzati e banalmente retorici. La Jovenc & Nei Shi con questo disco intraprendono l’impresa di andare oltre l’immaginato mescolando le carte in tavole e trovando nella sperimentazione un punto di raccordo con il passato. Un bagliore esemplare di luce oltre l’oscurità partendo dalla gardenia, fiore tanto caro alla grande cantautrice. Un fiore di immortale profumo e bellezza che rivive grazie ad un esemplare tentativo di dare un senso alla particolarità intrinseca del suono creato. Lady Day, tra le massime esponenti del jazz e del blues che la storia ricordi, qui viene narrata attraverso l’emblematica visione d’insieme che raccoglie alcuni tra i suoi più grandi successi riammodernati e destrutturati. Dieci canzoni. Due musicisti Giovanni Dal Monte e Alessandro Petrillo. Nel mezzo una passione che si spinge oltre la consuetudine trasformando la raffinata poesia in un raccontare tracciati di vita che hanno segnato la musica per come la conosciamo.
Simone Faraci – Mføku (Slowth Records)
La destrutturazione della realtà diventa intensa visione di un proseguimento costante verso mondi a cui non sappiamo dare nome, valore, significato. Universi paralleli, metafisici e discostanti trovano spazio e si fanno caratterizzazione elementale che non passa inosservata, ma che cerca di comunicare un qualcosa di profondo imbrigliando le brutture moderne e perpetuando vie di fuga da questa nostra quotidianità. Il progetto in divenire di Simone Faraci diventa bisogno di campionare l’estetica contemporanea mettendo in risalto e a nudo il superfluo trasformando in musica quell’immagine violentata che si chiama progresso e che fagocita ogni istante del nostro stare e del nostro esistere alla ricerca di un fondo che fondo non è. Quello che ne esce è un disco che osa volando alto a ricoprire di visioni incandescenti questo nostro peregrinare, tra anfratti metafisici e combustioni cristalline di tensione e lacerata sensazione di vuoto.
CRP – Beati Voi! (Autoproduzione)
Post punk con rimasugli di ore contate a rimembrare il passato scardinando le sicurezze acquisite per dare forma e sostanza alle ombre, mai scomparse, della realtà e intrappolando, nella militanza, quel senso di appartenenza al tutto che abbandona il materialismo, riuscendo a dare, sempre più valore, a ciò che conta veramente. I CRP snocciolano e tirano fuori dal cilindro, delle illusioni contemporanee, un dischetto che possiede un fascino che da tempo non siamo più in grado di respirare. Un bisogno unico e sentito di travalicare il consuetudinario nostro vivere attraverso pezzi di protesta ben calibrata come Manifesto, la stessa title track, Re furibondo, Soviet, Fuoco nero a seminare ancora il bisogno di gridare ad alta voce quell’appartenenza al futuro che solo con la sfrontata ribellione possiamo perseguire grazie a lampi di concentrica e rara bellezza.
Marco Brosolo – Discografia
Parlare dell’importante e vissuta carriera musicale di Marco Brosolo, artista friulano residente a Berlino, non è cosa da poco e forse non riuscirò a cogliere le sfumature pregiate di una galassia da scoprire, ma tra i meandri dispersi di questa musica cercheremo di conoscere, per interpretare, una coscienza immolata ad un’arte introspettiva, di passaggio, pregna di sintomatiche visioni di questo nostro esistere ai margini di un tempo che spesso non sentiamo nostro.
Mi sono stati donati dischi e vinili dallo stesso autore e ricordo che in queste pagine virtuali avevo recensito tre dei suoi album. In primis quella creatura densa chiamata Paranoia Godard in collaborazione con il musicista Godehard Giese. Un progetto capace di sfornare un disco che diventa ninna nanna dissonante chiamato Concezione e ricamato di sembianze post apocalittiche e sudorazioni astrali mai derivative.
Successivamente ho avuto la fortuna di percepire l’inglobante separazione di immagini e visioni con la creazione di quel Col morbo rosa a costruire architetture che concepiscono la realtà attraversando un cantautorato di difficile incasellamento, ma ricco di variazioni cariche esponenzialmente di sperimentazioni.
Per finire l’ultima creatura partorita. Nubi. A raccontare concettualmente deviazioni post pandemia che incontrano legami indissolubili con la terra d’origine e con Pierpaolo Pasolini a mettere in musica dimensioni autorali che si sposano con il nostro lento migrare verso destinazioni spesso inconcepibili.
In mezzo a tutto questo ho potuto, solo ora, ascoltare la meraviglia uscita nel 2007 chiamata Eponymous con lo pseudonimo 9. Un insieme di pezzi che sono ballate concentriche a ricordare Blur, Badly drawn boy, Beatles in un’alternanza di costruzioni pianistiche eleganti e cariche di una sorta di psichedelia d’insieme davvero invidiabile.
Proseguiamo poi con Volo sbranato, un piccolo capolavoro che unisce De André, Radiohead e la poetica di Federico Tavan a raccontare le illusioni della vita con un’originalità che si evince soprattutto nei testi serrati e nelle melodie composite. Parole che non si risparmiano donando interiorità all’immagine in copertina capace di racchiudere i brandelli di un’esistenza che non c’è più.
Ad implementare la monumentale produzione un vinile altrettanto catartico chiamato Cadremo feroci a ricompattare nove pezzi di elettronica in decomposizione, ma magistralmente interpretata nel correre contro le tempeste dei nostri giorni. Ospiti Pierpaolo Capovilla, Bobby Solo, Rudi Moser degli Einstürzende Neubauten, la musicista elettronica di Barbara Morgenstern per un risultato d’insieme stupefacente e degno di segnalazione.
L’artista trapiantato a Berlino, poi, mi trasporta all’interno di una compilation su vinile di musicisti berlinesi Überlebenskunst – Berlins Internationale Musikszene Vertont Den Klimawandel, un enciclopedico viaggio di sola andata ricco di considerazioni, generi, ispirazioni che il nostro ha potuto completare con due pezzi You never love e Pensiero.
La poetica di Brosolo sposa una varietà non indifferente di creazioni accolte e assimilate. Concetti che diventano esplorazioni che si muovono nel mare incontrastato della sperimentazione a descrivere, in modo mai superfluo, un concentrato di sogni mancati all’interno di un carisma in evoluzione. Dischi che restano e che si fanno cultura portante per i giorni a venire.
Per conoscerne l’artista:
https://marcobrosolo.bandcamp.com/