Hoodya – A song has a thousand years (Record Y)

Fiammiferi esplosivi si lanciano nell’etere e imprigionano energia vitale attraverso una composizione fatta di sensazioni post psichedeliche raggruppate nella torre di un suono minimale impreziosito da contrappunti sonori entusiasmanti, ma nel contempo meditativi. La musica delle Hoodya sembra provenire da terre lontane, è un connubio apocalittico con la natura circostante a ricoprire i vuoti di voci che si rincorrono creando atmosfera e riuscendo nel tentativo di dare alla luce un disco molto particolare, mai banale, ma piuttosto verboso, circolare, con punte di lirismo non convenzionale e lisergico quanto basta per farci entrare in un flusso canalizzatore che ingloba passato, presente e futuro. Tracce come l’apertura I have never loved someone sono necessarie per comprendere un’unione di parole mai lasciate al caso, come del resto I migliori anni della nostra vita, canzone clamorosa estrapolata e reinterpretata, senza dimenticare poi le essenziali Replay e Hyperballad per un album d’insieme dove magia e poesia sembrano essere un’unica cosa.


Nickel Kosmo – In principio era il nichel (Record Y)

Sentieri inesplorati fatti di materia e polvere si inabissano all’interno di cristalli simultanei che scorrono alla velocità della luce trasformando un’opera multidisciplinare in qualcosa di intimo e coraggioso. Musica, narrativa e fumetto concentrati nel dare un senso tangibile e volutamente reale ad un qualcosa che nasce dalla fantasia per poi condensare l’esperienza vissuta in unicità in evoluzione. In principio era il nichel racchiude i segreti della nostra Terra e del Cosmo intero. Un viaggio emblematico dove sintetizzatori riescono a cucire una sorta di jazz sperimentale ed elettronico dove i singoli momenti vanno a confluire in un unico quadro d’insieme che si fa bellezza nell’incedere quotidiano. Un album davvero particolare e suadente quanto basta per affascinare anche l’ascoltatore più dubbioso. Da Thus was born Nickel Kosmo, fino a Insolita emozione, Flavio Zanuttini e Michele Bonifati riescono a costruire architetture spaziali per un insieme di tracce calate nella contemporaneità. Un album ricco di sfumature capace di sfidare il tempo. 


Phorminx – Phorminx (Record Y)

La creatura sonora di Ruggero Fornari prende vita incentrando una ricerca musicale che si apre a suggestioni impressionanti a ricoprire la natura circostante di messaggi da decifrare, di codici esistenziali, di passaggi verso altri mondi mai descritti prima e ricamati nel tessuto cerebrale di un progetto qualitativamente importante. Oltre al già citato Ruggero Fornari alla chitarra troviamo Alessandro Cianferoni al basso e Lorenzo Brilli alla batteria per un risultato d’insieme, una musica strumentale, davvero destabilizzante e in grado di inglobare caleidoscopi difficili da incasellare. Un art rock sporcato dal jazz, dal suono tribale, una colonna sonora metafisica d’ampio respiro che non si accontenta, ma che riesce a trovare spiragli necessari grazie ad ogni nota riprodotta e incapsulata all’interno di universi in divenire che donano all’insieme prodotto una delicata visione di una realtà che cerca di scoprire la propria interiorità. Dai Pink Floyd fino ai Radiohead  passando per Mogway e Portishead i nostri riescono a trovare una propria strada da seguire nella complessità narrata.