Dario Ferrante – Uno (Autoproduzione/Regione Toscana)

Uno è il punto d’inizio verso strutture bianche concentriche che riaffermano uno stile volutamente minimal in bilico tra elettronica e piano crescente capace di incontrare mostri sacri dei nostri tempi intersecando i fraseggi dei nostrani Bavota e Carri per musica da film che come moto ondoso accoglie ed espelle, rotea nel vortice delle emozioni e consegna all’ascoltatore un’imprevista discesa negli anfratti più profondi della nostra anima, mite ritorno verso il punto di partenza, da dove rischiarare gli orizzonti e sentirsi capaci di decontestualizzare il momento; cubi che si trasformano e senza esitazioni ammaliano tra piano, violino, cello e quell’elettronica che conquista e rapisce, da Spleen a Youth, questo è un viaggio mirabile e desiderabile, minimamente mai rassegnato a se stesso, ma piuttosto portatore di quel desiderio di conoscere nuove e sostanziose parabole soddisfacenti, sei pezzi eterogenei esaltanti e pronti ad essere ricapitolati e riascoltati in rallentamenti cosmici che fanno da contorno al giorno che deve nascere attorno a noi.

Zocaffè – Esaurimento (Phonarchia)

Il suono della coscienza che non comunica, ma tenta attraverso spiegazioni di vita quotidiane di riconciliare quel tutt’uno con racconti considerevoli che lasciano il tempo alle spalle per parlare di attimi di vita vissuta, di esaurimenti spontanei, conglobati al suolo per ristabilire un ponte con il passato, un cantautorato che si esprime, a tratti sbilenco, per dare vivacità ad un sostanziale bisogno di comprendere le piccole impalcature della vita, i piccoli e necessari meccanismi che permettono o che almeno tentano di entrare dentro ai sentimenti vissuti in noi, dentro proprio a quegli attimi che grazie al duo toscano prendono forma e stabiliscono con l’ascoltatore un bisogno quasi essenziale di percepire le nostre debolezze.

Un ritorno al passato dove il folk abbraccia la canzone d’autore, dal non sense di Rino Gaetano, passando per Lucio Battisti e per tutta la tradizione della musica leggera italiana, un conglomerato centellinato di piccole perle ad identificarsi con il mondo che abbiamo vissuto, come una fotografia nostalgica che ricopre la stesura di testi ironici, ma non troppo, dove il fondo di coscienza ristabilisce un certo equilibrio e una certa dose di coraggio nel progredire, nell’andare avanti e soprattutto nello stupirsi grazie ad un suono fresco e convincente.

Antonio Giagoni e Gianmichele Gorga riescono nell’intento di creare aspirazioni sonore in grado di colpire in profondità, grazie ad una formula rodata e una capacità alquanto preponderante di far sorridere intelligentemente.

-FUMETTO- Davide Barzi/Sergio Gerasi – G&G Giorgio Gaber a fumetti (BeccoGiallo)

G&G-Giorgio Gaber a fumettiTitolo: G&G Giorgio Gaber a fumetti

Autori: Davide Barzi/Sergio Gerasi

Casa Editrice: BeccoGiallo

Caratteristiche: brossura, 144 pag, b/n

Prezzo: 17,00 €

ISBN: 9788899016340

 

Il giovane e l’adulto in una poesia di pensieri che incrociano l’esigenza di dare un senso ad un’esistenza fuori dagli schemi, in cerca di un contatto d’amore che non vede il riflesso dei propri genitori, ma piuttosto un Signor G che funge da padre bizzarro e maestro di vita, un insegnante folle che ripercorre gli anni di una carriera altalenante che gioca un ruolo da protagonista proprio quando l’affossamento preponderante di idee sta per arrivare, in una continua rappresentazione di farsa teatrale, non incasellata, ma inglobata in un vortice di stati d’animo che suscitano interesse e nel contempo disorientamento; un’opera letteraria prima di tutto che costringe il lettore a riprendere in mano più volte i diversi aspetti della vita del cantattore per capirne le esigenze, ma anche e soprattutto valutarne la poliedricità che si coglie nell’attimo, nel momento appena vissuto.

Un lavoro di perizia quindi, quello di Davide Barzi e Sergio Gerasi che attraverso un comparto grafico e letterario davvero invidiabile, riesce nell’intento di compiere una trasposizione in fumetto metaforica della vita di un bambino, alle prese con il mondo e con una famiglia sempre meno attenta alle sue esigenze, un bambino in cerca della propria libertà, parola abusata, ma essenziale per capire i chiaro scuri esistenziali che si respirano nell’aria, quella libertà fatta di promesse e di bisogni da conquistare, timido sole in un pomeriggio d’inverno capace di ricreare nel cuore la primavera palpabile, come foglie tra le pagine di un parco a riscoprire l’amore, ciò che non troviamo dentro lo cerchiamo fuori, e la narrazione si muove ricreando nella mente immagini che rimandano alle più belle canzoni di Gaber, raccontate per l’occasione con velato sarcasmo istrionico in un teatro canzone capace di segnare decenni di cultura italiana per un modo di approcciarsi alla vita unico e raro.

Freschezza disinvolta che non cade nel banale, ma stratifica la lettura grazie a passaggi spontanei e carichi di energia in un parallelismo continuo che spiega e ricorda, scava e assapora, in un groviglio sbirciato proprio da quel sipario-confine tra canzone e nuovo avvio artistico post ’70, quel nuovo così difficile da comprendere fino in fondo, quel nuovo che a pensarci bene inizia proprio con Il Signor G, spartiacque necessario per la poetica del domani, passando per La libertà, Dall’altra parte del cancello, virando verso il nucleo centrale del tutto, attraverso quella Polli da allevamento che è manifesto anti omologazione, uno dei mali del nuovo vivere, quasi una scelta necessaria per combattere la solitudine, una solitudine da lasciare in disparte e ricordata nel finale attraverso le parole importanti quelle raccolte in Non insegnate ai bambini, canzone-monito, per gli uomini che saremo.

Un’anarchia segnata, quella di Gaber, dal passaggio e dalla trasformazione, perché Lui parlava quasi sempre di speranze e di paura come l’essenza della sua immagine futura, un’immagine che con dimesso savoir faire ha saputo coltivare fino all’ultimo saluto, su quel palco che si chiamava vita e che amava, poi, così tanto.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.beccogiallo.org/shop/157-gg-giorgio-gaber-a-fumetti.html

Oppure:

-LIBRO- Toni Mannaro Jazz band in Note di città – Manuela Salvi/A.C.Quarello (Orecchio Acerbo)

Titolo: Toni Mannaro Jazz Band in Note di Città

Autori: Manuela Salvi/Maurizio A.C.Quarello

Casa Editrice: Orecchio Acerbo

Caratteristiche: pagine 32, cm. 20 x 29

Prezzo: 11,50 €

ISBN: 9788889025345

 

Toni Mannaro è un lupo solitario alla ricerca della strada da percorrere attraverso sogni da realizzare, in una città che vive di notte e che grazie alla notte illumina locali consumati da ingannevoli lampadine al neon e dove i percorsi alternativi esistono solo se si ha la capacità di cercarli; un animale che incute timore, da tenere a debita distanza, ma questo solo all’apparenza, perché il nostro ha un grande cuore, deve solo dimostrarlo e Toni lo dimostrerà, perché lui sa suonare, sa suonare come nessun altro, il suo ibrido ottone preferito, quel sax che lo accompagna nella solitudine del momento a riempire le strade di note jazz tra un Coltrane e un Kirk a dominare la scena: malinconica melodia di un tempo imprecisato per aspirazioni intrise di nuovi orizzonti.

Note di città è un affresco che richiama le sensazioni immaginifiche di Hopper sia per scelta di colore che per atmosfere ricreate, dove un lupo migrante vuole realizzare i suoi due sogni: diventare il musicista più famoso della zona ed entrare nella band di Maria Pig; un racconto semplice questo, ma nel contempo costruito ad arte che ci permette di entrare in un mondo consapevole, dove, per riuscire nell’impresa, ci vuole coraggio, determinazione e caparbietà, qualità e doti che non mancano di certo al nostro protagonista che, vedendosi chiudere l’ennesima porta in faccia, in un momento quasi felliniano, incontrerà una talpa cieca, una talpa che non può vedere fisicamente il lupo, ma lo può sentire con il cuore, una talpa pianista in grado di valorizzare un’amicizia prima di tutto che sfocerà nella formazione di un duo ad illuminare il cielo di musica e colori.

Occhi per vedere oltre il buio quindi, prospettive diverse che si incontrano e si fondono in un’amalgama terreno che scuoterà i cuori dei piccoli lettori e non solo, per un ritratto intimista di un lupo alla ricerca di se stesso, un’altra scommessa vinta da Orecchio Acerbo grazie ai testi di Manuela Salvi, didascalici nel raccontare una narrazione che lascia molto all’immaginazione, aiutata dal sempre presente Maurizio Quarello che con dimestichezza da vero artista cambia registro stilistico, rispetto al passato, in maniera del tutto naturale e sbalorditiva, consegnandoci delle tavole che prendono ispirazione dall’America anni ’30; una notte di note dove la luna è solo contorno per i sogni di un lupo che sta diventando grande grazie al suono del suo strumento preferito, sopra ad un palco polveroso, con lo sguardo rivolto al futuro, ricordando ancora una volta l’importanza di inseguire i propri sogni, prima che sia troppo tardi.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=482&Itemid=68

Oppure qui:

Le ombre di rosso – Momenti di lucidità (Autoproduzione)

Le ombre di rosso aspettano il treno del dolce risveglio che li accompagnerà in Irlanda tra il folk d’annata, le birre a fiumi e il desiderio di danzare fino a tarda notte, tra la polvere dei solai anneriti e il desiderio di lasciare alle spalle ogni pensiero inutile, facendo della musica una rotaia da seguire per quel treno che si chiama amore e che ingloba attimi di speranza nel grigiore quotidiano.

Le ombre di rosso sono anche una band di folk cantautorale cantato in italiano, dove la tradizione del passato lasciata ai ricordi, incrocia gli strumenti più inusuali come il violino e la fisarmonica, strumenti però del tutto necessari per dare vita ad una poesia musicale che si affaccia sulla modernità, raccontando di storie quotidiane, di amori lontani, personaggi di paese e uomini corrotti, un raccontare che è anche simbolo di ricerca strutturale che guarda al mondo della narrazione per immagini su carta, quella per intenderci di un Lorca ispirato e di un Eliot che lo è altrettanto, abbracciando la canzone d’autore italiana con un De André presente a delineare i concetti più semplici attraverso l’uso di un vocabolario sempre attento e puntuale, intrecciando storie come fossero fotografie da scattare.

Le ombre di rosso, in questo disco, sono anche in grado di scherzare e fare dell’ironia un momento di condivisione, quasi a trasformare i momenti di lucidità in momenti di ludicità, dove il gioco e il divertimento sono l’altra faccia necessaria di un progetto che non è sola introspezione, ma vera e necessaria vita vissuta.

Spiriti affini:

-LIBRO- Frantz e il Golem – Irène Cohen-Janca/A.C.Quarello (Orecchio Acerbo)

Titolo: Frantz e il Golem

Autori: Irène Cohen-Janca/Maurizio A.C.Quarello

Casa Editrice: Orecchio Acerbo

Caratteristiche: pagine 48, cm. 21 x 27

Prezzo: 16,50 €

ISBN: 9788899064280

 

Una Praga acciottolata e bagnata dai raggi lunari, il blu di preponderanza che squarcia la luce e inabissa con eleganza una contrazione grafica legata al mistero della vita stessa, raccontata tramite una storia che affonda le proprie radici dentro alle leggende dell’ebraismo: il Golem, un simbolo di civiltà perdute, un legame alla terra indissolubile, questo essere gigantesco antropomorfo, fatto di materia, quella stessa materia che ci conduce dalla vita alla morte, la terra dunque o meglio l’argilla a risvegliare sembianze di un tempo lontano, l’inquietudine della fanciullezza nello scoprire e nello scoprirsi, esigenza mistica di dare vita sapientemente ad un racconto che nell’ennesima trasposizione si fa veicolo di bisogni perduti e fa comprendere al lettore con sguardi innocenti, scelti attraverso gli occhi di un bambino e una bambina, che la vera forza di riscatto sta nel popolo ebraico stesso, nell’essere umano, accezione universale che rimanda all’uomo padrone del proprio destino, dove il mito e la realtà si incontrano e dove la comunione d’intenti rende vigore ad effetti scenici che ci consegnano prima di tutto un’opera grafica in grado di comunicare attraverso immagini che si muovono elegantemente tra sogno e realtà.

Orecchio Acerbo punta sempre sulla qualità e offre una rivisitazione alquanto riuscita di una leggenda attuale, dipingendo minuziosamente, attraverso la narrazione di Irène Cohen-Janca, per intenderci quella del capolavoro L’albero di Anne e grazie alle illustrazioni personalissime e in divenire, cariche di sostanza materica mescolata ad un acquarello dai toni commoventi del nostro grande Maurizio Quarello; una storia che racchiude l’attenzione sulla diade immaginato e reale, una complementarietà che entra in simbiosi con il lettore stesso e sposta il focus narrativo su più piani, tanto da confondere la finzione con la vita reale, in un cerchio concentrico chiamato vita così ricca di sfumature da dover riempire la tavolozza dei colori con linguaggi che costruiscono atmosfere, incontrano vite, proteggono e distruggono e nel contempo ammaliano di forma e sostanza nel designare la grandezza di un’opera che si fa artefatto reale per la salvezza.

Un libro dalla forte connotazione simbolica che, abbandonato il piano di lettura principale, si lascia ad un finale carico di speranza dove l’amore, anche questa volta, vince su tutto, un amore che riscopre il suo valore e si rinnova; l’inquietudine di un giovane e la delicatezza di una bambina pronta a raccogliere quel cuore da spolverare, quel cuore dal tempo impreziosito, prima celato e ora aperto, pronto a vivere di nuovo, tra la magia del momento e una vita da costruire, insieme.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=453

Giacomo Marighelli – Il cerchio della vita (La cantina appena sotto la vita)

Il nuovo disco di Giacomo Marighelli è un consumare la carne dentro alle tecnologie complesse del cuore, tra il sangue dell’amore e le lacrime abbandonate al sole del tempo in un’estasi che si fa realizzazione tangibile dei propri ideali concreti, in fase di rinato assemblaggio tra ciò che è stato e ciò che sarà, immortalando istantanee che sono la summa di una poesia non frenetica, ma meditativa, affranta eppur meravigliosa, che si avvale di suoni acustici coadiuvati da elettriche di fondo a ricordare le disturbanti note di Giorgio Canali nel prodotto più riuscito degli ultimi anni, a ricordare quel Vasco Brondi che parlava di cuori in affitto e di giornate da riempire, un cerchio della vita qui però che si sviluppa attraverso non tanto la fine ricercatezza di frasi ad effetto, ma piuttosto di una bellezza intrinseca alle canzoni stesse in grado di dare un senso al buio che avanza, una carne che si fa spirito ed esprime gli abbandoni del cuore con tanto trasporto da poter miscelare in modo esaustivo quella voce quasi narrante nel teatro della vita; il nostro, già sotto pseudonimo Margaret Lee, incanta con pensieri che si fanno contrappunto sonoro in pezzi coerenti con un pensiero legato ad un’elevazione di coscienze, incanta in L’angelo dalle mani di tela dove gli arpeggi di chitarra acustica vengono suonati da Massimo Menotti, collaboratore di Philip Glass concedendo in tutti i pezzi proposti, attimi di vita vissuta tesi ad una sostanziale ricerca del bello che si fa arte da qui al futuro.

Spiriti affini:

Milo Scaglioni – A Simple Present (Akoustik Anarkhy Recordings/Crytmo)

Una ricerca profonda nel proprio animo blu per capire chi si è veramente, alle prese quotidianamente con un divenire che ci incolla alla poltrona del divano e non scardina i costrutti del tempo passato, anzi li rafforza, rendendo tutto il nostro stare al mondo occasione per non saltare finalmente dentro al cielo che ci appartiene per approdare in una mare degno precursore di ciò che verrà, specchio d’acqua dalle mille sfumature che collega l’Europa al Regno Unito, per un approccio corale che si imbatte proprio lungo gli scogli della terra d’Albione per rimettere in sesto un suono scarno, ma nel contempo suggestivo, che ricorda i grandi del passato, fra tutti i Beatles in un rinfrescare le attese con una simbologia aurea che consente all’ascoltatore di ascoltare oltre il gusto di udire e di generare implicite divagazioni immaginarie per portare la mente lontano dal tempo e dallo spazio, gradiente inusuale per soddisfazioni future, opera di rilassatezza post ’60 da fine serata dove le menti argute di Enrico Gabrielli, Roberto Dell’era, Lino Gitto e qua e là la presenza di un Gianluca De Rubertis al piano che contiene ed amplifica, donano profondità di campo a tutto questo splendore, per un disco assai anomalo nel panorama della musica italiana, che ha saputo ridare speranza e beatitudine psycho beat ad un genere dimenticato, ma nel contempo di facile appeal e sincerità da regalare alle nuove leve.

Spiriti Affini:

Marabou – The end of the rainbow (Costello’s)

album The end of the rainbow - Marabou

Schiettezza elettronica che riapre tentativi di fuga verso una dance potenzialmente contagiosa che gestisce con un ingegno un disco fatto di emozioni chiaro scure, che si inabissano nel profondo fino a destreggiarsi in modo quasi miracoloso partendo dalla new wave degli anni ’80 per arrivare ai giorni nostri, in un viaggio che abbraccia culture e si protende verso il cielo, proprio verso quell’arcobaleno colorato da cui veder la fine, forse la fine di questo tempo, sta di fatto che il nostro Giovanni Alessandro Spina, in arte Marabou, congela l’apatia della macchina per confezionare una prova di respiro internazionale, grazie ad un uso sapiente degli strumenti in possesso e grazie anche ad una forte dose di creatività, capace, fino all’ultimo, di costringerci ad ascoltare proprio quella Sunset che stabilisce il confine tra ciò che è stato e ciò che verrà, per ripartire con Garden’s Dream, l’incipit di questa miscela ultraterrena; ancora i colori quindi, ad indicare la via, la strada da percorrere, verso la luce interiore che comprime e si apre a dismisura per inglobarci per sempre in elucubrazioni sonore bisognose di aperture vocali per così dire minimal, tra testi surreali al limite con l’astrattismo e  una caduta nel profondo bisogno di comunicare, attraverso un loop continuo, attraverso una forma di gratitudine verso ciò che ci circonda.

Spiriti affini:

Massimo Ruberti – Granchite Yumtruso Pt.1 (Nostress Netlabel)

album Granchite Yumtruso PT 1 - Massimo Ruberti

Viaggio nel passato senza ritorno per il livornese Massimo Ruberti che di sostanza in questo disco ne mette parecchia, aggrappandosi al filo dei viaggi storici per disegnare una linea di continuità con il futuro, ridiscendendo il fiume della coscienza e ricreando una sorta di stadio mistico da cui provengono impressioni e stratificazioni leggendarie, piene di pathos e mistero per tappeti sonori che abbracciano synth e un sax perlopiù a farla da padrone in un divisione quasi netta delle quattro tracce presenti in questo compendio numero uno della propria eccentricità musicale; i primi due pezzi racchiudono il segreto delle filosofie orientali, della vita eterna, quell’essere trasportati fino alle alte vette del Tibet per ammirare con dolcezza il nostro essere al mondo il nostro esistere quotidiano, mentre l’ultima parte del disco è affidata a suoni più metallici, industriali, che abbracciano un’era post moderna, entrambe parti della stessa medaglia in grado di osservare l’uomo al centro di questo cambiamento in questa ossequiosa narrazione che va ben oltre le nostre capacità immaginative e in grado di regalare emozioni ad ogni nuovo ascolto, si perché questo disco strumentale è uno specchio del nostro vivere, di ciò che è stato e di ciò che sarà, emblema lucido dei nostri tempi, di due modi di vita opposti, in attesa della seconda parte, del secondo disco a concludere, forse, questo viaggio arcano dentro la nostra anima.

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