Portobello – Buona Fortuna (luovo/iCompany)

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Spruzzate di indie pop per l’esordio dei Portobello capaci, grazie ad un appeal davvero comunicativo, di intessere esigenze personali con la nostra società, trasformando tutto quello che risulta essere inutile in qualcosa di accattivante e di facile presa. Spiriti affini ce ne sono eccome. Buona fortuna strizza l’occhio agli Ex-Otago e a tutta la scena indie radiofonica del momento. Il risultato d’insieme per i Portobello è un album che si fa ascoltare e scende come bibita fresca e rigenerante all’interno del nostro organismo. La musica creata dal progetto solista di Damiano Morlupi, poi trasformato in collettivo, è un insieme eterogeneo di canzoni che hanno come filo conduttore il desiderio di interagire con il presente. La felicità da ricercare quindi nelle cose di tutti i giorni è solo la punta dell’iceberg della nostra quotidianità. Quotidianità studiata e amplificata per un disco d’impatto e ben congegnato.


Bob and the apple – Wanderlust I – II (Autoproduzione)

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Viaggiare lontano e sentirsi stranieri, sentirsi parte di un qualcosa di più grande e indefinito, qualcosa da scoprire per cambiare ed essere diversi, forse migliori. Il disco dei Bob and the apple unisce due ep, due facce della stessa medaglia e profuma di cose buone, di cose mai prepotentemente dichiarate, ma piuttosto velate da un’idea emozionale e identitaria capace di dare senso ad un’originalità di fondo. I Beatles incontrano i Radiohead e Nick Drake tanto per scomodare qualcuno ad intensificare un suono a profusione che di certo non passa inosservato, ma piuttosto stabilisce un legame profondo con la poesia d’oltreoceano e con quella della Terra d’Albione. Wanderlust I – II  è un riscoprirsi diversi, un diventare qualcosa oltre le concezioni moderne e oltre i luoghi che abitiamo. I Bob and the apple trasformano la realtà in sogno. Un punto fermo da cui ripartire per viaggi interiori, per viaggi che lasciano il segno.


Cinque uomini sulla cassa del morto – Kairòs (Autoproduzione)

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Folk d’autore spruzzato da un intimismo pop per il nuovo disco della band friulana Cinque uomini sulla cassa del morto. Un disco intrinseco e pieno di coraggio che strappa, dal nostro venire al mondo, metodi e ambizioni per costruire una musica d’insieme suonata come non ci fosse un domani. Gli elementi marcatamente folk della prima prova sono qui soppiantati da un’esigenza d’insieme capace di sfiorare la ballata romantica. Un suono che si dipana tra i chiaro scuri esistenziali di pezzi come Buio, Dal deserto al mare, I miei occhi, I giorni del sole, Torno. Una prova, questa che nella contemporaneità del momento ambisce ad essere processo di maturazione sedimentando una compattezza invidiabile. Una band che ha saputo trasformarsi riuscendo a trarre da ogni singolo gesto un punto essenziale, di contatto, con una quotidianità che come materia per i sogni a venire dona e incanta, costruisce e rappresenta.


Malvax – Niente di che (Libellula)

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Pianoforti non troppo lontani riempiono stanze scarsamente arredate dove stringersi e non chiedere più nulla a ciò che verrà. Poesia intrisa di semplicità per l’esordio dei Malvax, alle prese con un suadente pop spruzzato da una musica d’autore italiana, in grado questa di racchiudere un segreto che nella quotidianità trova il suo punto di sfogo. Di realtà, di delicatezza, di unicità si parla in questo Niente di che a spostare l’attenzione e gli occhi verso territori lontani. I Malvax, prodotti da Marco Bertoni, raccontano storie che si dipanano nella giornata. Momenti di riflessione e solitudine, momenti di disincanto e costrizione, sempre con lucidità nel labirinto della vita, sempre e comunque cercando di comprendere la parte più profonda che ci portiamo dentro. La band di Pavullo nel Frignano si muove bene tra pezzi come In fondo all’anima, Brividi, Dammi tempo, Nei posti che non sai e la stessa title track nel finale. Un disco che ristabilisce le basi del minimalismo autoriale, un album diretto e pronto ad entrare dentro con una certa e disinvolta facilità.  


Randevu – Randevu (Bassa Fedeltà)

 

L'immagine può contenere: 21 persone, persone che sorridono

Musica discostante di meraviglia inarrivabile in simultanea con un approccio autorale che scivola oltre i confini prefissati e stabilisce un rapporto sincero e perenne con una personalissima visione del mondo. Randevu è l’esordio del trio italo-francese omonimo che spiazza in qualche modo per intrecci vocali mai sopiti, ma piuttosto in primo piano per concentriche diffusioni musicali davvero sorprendenti capaci di mescolare lingue e stili in un mix unico. Masterizzato negli Abbey Road Studios il disco dei nostri racchiude preziosi segreti che via via sembrano aprire la strada a pezzi come Follow me, The gipsy, Love is all, Sunflower, Sophie, necessari questi per comprendere una poetica che abbraccia vicoli, strade, marciapiedi e ciottolato urbano ad esplodere poi in raggi solari che sfiorano la campagna. Racconti e memorie, vissuti personali assaporano una libertà unica e precisa per un album d’insieme che attraverso innumerevoli sfumature riporta in auge un romanticismo essenziale. 


Larocca – Ventizerotre (Place To Be Records)

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Suoni caldi e avvolgenti provenienti da un’altra epoca abbracciano le idee e le ispirazioni del cantautore pugliese Larocca attraverso un insieme musicale costante di bellezza mai sopita, ma pronta ad entrare nelle fotografie di un tempo passato, mosso dall’incertezza, ma anche dal ricordo più puro. Ventizerotre è un sodalizio inestinguibile con la migliore canzone d’autore italiana, un insieme costante di energia catalizzata nel momento, talvolta sporcata da un blues impreziosito da una resofonica imbrigliata chissà dove a recidere il tempo che fu attraversando parole che sono capaci di creare mondi inafferrabili. L’intero album masterizzato da Giovanni Versari vede la partecipazione, nel singolo Contorni, di Tommaso Colliva al prezioso missaggio a ribadire un peso importante nell’intera proposta ascoltata. Larocca esordisce con un disco davvero unico e personale, pregno di poesia e lirismo mai scontato, capace di navigare oltre i secoli che ci appartengono. 


Keet & More – Overalls (Impronte Records)

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Blues del delta sporcato dal folk e da quell’insaziabile esigenza di mettere su carta il senso profondo di un viaggio che non ha confini, ma che piuttosto imbriglia, fagocita e permette di tuffarci a pieni polmoni all’interno di un mondo destrutturato e del tutto personale. Il primo disco dei romani Keet & More corre veloce lungo le strade della vita dove strumenti acustici si fondono con violini, banjo, armoniche a ricreare un senso coeso con una musica diffusa oltreoceano, una musica che esce da un film di Leone o Tarantino passando per visioni che nell’introspezione immaginifica trovano un punto di contatto con quello che siamo e con quello che vorremmo diventare. Overalls racconta di quotidianità e speranza, racconta di cose semplici, ma non banali, il tutto condito da classici suoni che sono nell’immaginario collettivo punti d’ispirazione sempre alti e condivisibili. I Keet & More, in gran spolvero, con questo disco, ridanno vita ad un genere forse dimenticato, ma capace sempre e comunque di alimentare storie e desideri che vanno oltre le rappresentazioni di questo tempo. 


Marte – Metropolis in my head (Autoproduzione)

Risultati immagini per marte metropolis in my headSarà pure un disco semplice, ma le canzoni di Martina Saladino, in arte Marte entrano di gran botta nella testa creando un’omogeneità di fondo davvero singolare per un’artista italiana, a maggior ragione quando le canzoni sono in inglese e gli spiriti affini si tingono simultaneamente immergendo l’ascoltatore in un mondo del tutto particolare. Metropolis in my head è il caos, la confusione che trova punti di ispirazione per viaggi terra luna attraverso un suono accattivante e dal sapore alquanto internazionale. Nelle canzoni di Marte si trova facilmente una connessione tra il rock della Morissette e la più attuale Florence Welch a far da sfondo ad incursioni dalla rapida presa e dal sicuro effetto totale. Indie pop quindi e alternative rock per un risultato convincente e maturo che trova nel cambiamento costante un punto di ancoraggio sottile e leggero capace nell’impresa di procedere e sostenere una voce elettricamente imprevedibile. 


Alea and The Sit – Generation (Area Live)

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Costruzioni mirabolanti di sospiri e attimi che circondano l’etere intorno per dare un senso e un bisogno sempre nuovo nel racconto quotidiano ed espresso. Catarsi di colori e luci soffuse a ricrea un’atmosfera da club che incontra le rarefazioni del jazz con il il blues per una musica raffinata, concentrica, disincantata e ricca di rimandi e aspirazioni future. Il nuovo disco di Alea, cantautrice brindisina, ci fa entrare in punta di piedi all’interno di un mondo in dissolvenza caratterizzato dalla profusione stilistica di note e impressioni che sfoggiano importanza nella tavolozza delle produzioni di genere. Generation è un album sottile, un album che esprime il suo lato migliore all’interno di una scatola priva di gravità, dove bolle concentriche si staccano e vagano nel vuoto attorno a ricreare magia e bellezza ad ogni ascolto. Alea and The Sit contribuiscono ad arricchire di importanza un panorama musicale spesso privo di idee, partendo dalle basi, dalle radici e trasformando il tutto in qualcosa di dannatamente contemporaneo. 


Arcano 16 – XVI (Autoproduzione)

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Esoterico disco chiamato a raccontare di questi nostri tempi bui con un linguaggio in dissoluzione e capace di narrare vicende discostanti in un’epopea di fondo quasi teatrale e piena di phatos in equilibrio stratosferico con quello che viviamo, con quello che sentiamo dentro. Il disco degli Arcano16 si rifà ai grandi album del passato con piglio deciso e carico di quel bisogno di comunicazione che caratterizzava un’epoca che sembra, ora, non esistere più. XVI è un album complesso, si muove egregiamente di canzone in canzone, brani che diventano poesie metropolitane d’abbandono alla ricerca di un credo che nella bellezza circostante attrae bisogni ed incide i silenzi che ci portiamo dentro giorno dopo giorno. Camminerò, Il vizio del re, Torre radio, Prigione luna sono solo alcuni momenti di un album che di per sé è un caleidoscopio di forma e sostanza, un insieme di brani davvero interessanti, maturi e consapevoli nello spingersi verso fondali inesplorati.