Iacopo Fedi – Hole in my bucket (Autoproduzione)

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Sentimenti da lontano west incrociati alla solitudine lo-fi e introspettiva di un disco davvero spiazzante e destabilizzante dove l’idea di fondo si sposa alla perfezione con il risultato finale. Il disco di Iacopo Fedi incrocia il folk con la desolazione desert e registrato totalmente con il cellulare e poi riversato direttamente nel programma di missaggio del pc ammalia per atmosfere ricreate e impressioni fuggevoli date da una musica cesellata canzone dopo canzone. Gli spiriti affini di questa prova sono molti dal Dylan di Pat Garrett e Billy the Kid, passando per lo Sprigsteen di Nebraska o del The ghost of Tom Joad, senza tralasciare la profondità di Nick Cave o le inquietudini di Neil Young nel suo capolavoro Harvest. Si parla di oscurità in queste canzoni, di storie che aprono buchi nella nostra anima e scavano a fondo alla ricerca di un posto migliore dove stare, alla ricerca di un posto nuovo da poter abitare, tra i conflitti della nostra epoca e i saliscendi poderosi di una realtà che non lascia vie di scampo. Hole in my bucket è un disco davvero importante, semplice nei mezzi usati, ma come diamante grezzo, di una bellezza primordiale. 


Romea – Madrugada (Resisto)

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Incursioni sonore provenienti da generi su generi che indagano la psiche umana attraverso elucubrazioni musicali che non si fermano all’apparenza, ma intensificano visioni e costrutti essenziali. Il disco dei Romea è davvero un album impressionante, sia per fattura stilistica che particolarità tecnica nel dare vita a nuove potenti visioni che via via si alternano e concedono all’ascoltatore nuovi punti di vista, nuove angolazioni, bisogni sempre essenziali di costituire una realtà da cui fuggire. Madrugada è un disco complesso, ma nel contempo di facile ascolto. Le sonorità presente spaziano da Moby ai Dead Can Dance passando per un bisogno di comunicare che incontra il soul, l’r’n’b in una commistione che si concede, esplode e si consuma lentamente. I Romea danno alla luce un lavoro di cesello, un ottimo mix capace di esplorare territori lontani per un quadro d’insieme ambizioso, colorato, unico. 


Jesus Franco & The Drogas – No(w) future (Bloody Sound Factory)

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Suoni che si innestano a riff potenti ed essenziali che maturano l’idea di un mondo in dissoluzione pronto a scoppiare da un momento all’altro. Dopo tre anni di assenza dalla scena musicale sono tornati i Jesus Franco & The Drogas con un disco pieno di rumore, caos, sudore e bisogno di inglobare una rabbia per rigettarla al suolo attraverso canzoni emblematiche e cariche di sostanza che diventa ribellione e opposizione sociale, militanza e bisogno di concedere spazi ad un senso comune e condiviso. Punk mescolato al garage senza tralasciare psichedelia e stoner sono gli ingredienti decisi e unici di un rock che trova nei testi e nelle liriche un punto di sfogo e di avversione alle multinazionali e alla globalizzazione. No(w) future è un grido sofferto che ci parla da vicino, è un vapore che penetra e sostiene, un’idea di fondo necessaria per andare oltre le consuetudine e parlare, con voce nuova, dei problemi di questo tempo. 


Marsala – s/t (Wallace/Brigadisco/DG Records)

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Nelle costruzioni sonore di Marsala ci sono un’infinità concentrica di mondi da scoprire. Nei pezzi proposti da Andrea Marsala, già voce e chitarra dei The Rambo c’è una perpetua visione d’infinito che abbraccia il rumore e la psichedelia a riconquistare spazi vitali, a riconquistare con un ambient settoriale un suono e un sapore d’insieme capace di realizzare architetture che sono un miscuglio eterogeneo collegato da tastiere, chitarre, sintetizzatori, loop stations. Le atmosfere prodotte ricordano per intensità band come Dead can dance, Portished, Kraftwerk, Brian Eno a ricostituire un approccio singolare e unico con l’ascoltatore, ad avvolgere di pura sintonia sonora i riflessi cangianti di un mondo in dissoluzione. Pezzi come Slipping into open flesh, Wide open wound, Sipario non passano di certo inosservati e riescono a creare collisioni con l’universo intorno. Una prova quindi coraggiosa, ammaliante e piena di rimandi al labirinto mentale di vita che ci vede protagonisti giorno dopo giorno. 


Cara – Altri occhi (Autoproduzione)

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Poppettino concentrico, a tratti edulcorato, per teletrasporti diretti a una realtà lontana e ricca di rimandi ad una scena vintage legata alla miglior canzone d’autore italiana che non esiste più. Torna Cara, all’anagrafe Daniela Resconi, torna con un disco ben arrangiato di stampo lo-fi che mira diretto a denudare l’animo umano attraverso sogni ricoperti e realtà svelata dando senso sempre maggiore alle sfumature, ai colori, alle percezioni che questi nove pezzi riescono a dare. Elettronica e suoni sintetizzati per un approccio a tratti punk che non disdegna l’introspezione, anzi, il tutto parte proprio da un’interiorità sonora che garantisce un risultato d’insieme davvero unico. Da Prendi me passando alla riuscita title track per poi proseguire con Come mi vuoi, I mostri e Prendo senza chiedere la cantautrice bresciana riesce a creare un ponte, un legame indissolubile con il passato senza tradire una quotidianità che diventa palcoscenico essenziale per la creazione di mondi sempre nuovi da scoprire. 


-LIBRI ILLUSTRATI- Shin Sun-Mi – Le fate formiche (Topipittori)

 

Risultati immagini per le fate formiche topipittoriTitolo: Le fate formiche

Autore: Shin Sun-Mi

Casa Editrice: Topipittori

Caratteristiche: cartonato, colori

Prezzo: 20 €

                                                                                   ISBN: 9788833700045

 

Immagini e profumi orientali amplificano le vedute di questa perla di rara bellezza capace di inoltrare sapientemente bagliori sopraffini e cangianti di colori pastello mescolati ad un sapore materno che unisce, trattiene e consola, scalda e rassicura in una continua ricerca tra passato e futuro, idee da coltivare e segreti da custodire nello scrigno delle cose migliori.

Una storia semplice, dialoghi brevi ed essenziali, un racconto d’altri tempi che riesce a stimolare la fantasia del lettore conducendolo attraverso un’evoluzione visiva che incorpora e ammalia per cifra stilistica che nell’eleganza di fondo trova il suo punto di forza maggiore.

La vicenda raccontata dalla coreana Shin Sun-Mi colpisce al cuore e nella sua semplicità parla con voce delicata attraverso la storia di un bambino ammalato, di una mamma che un tempo era anch’essa bambina e di fate formiche, dalle sembianze di giovani fanciulle che si prendono cura del protagonista e appaiono nell’apice della malattia, tra l’ora più scura della notte e la febbre che sembra non scendere mai.

Le fate formiche prima di tutto è un testo che parla di incontro, un avvicinamento continuo tra generazioni voluto e innescato dallo scambio reale o immaginato di questi esseri fantastici capaci di ricordarci quanto sia importante dare un senso alle cose più piccole che vivono attorno a noi. Il libro dell’autrice coreana inoltre è una sequenza fissa di occhi che cercano di ritrovare radici nell’origine di un rapporto unico tra madre e figlio, un vecchio baule decorato, uno scrigno fantastico di ricordi, esperienze, vissuti che non possono morire mai.

La rappresentazione di questa realtà è espressione di un disegno che trova nella quotidianità tradizionale una meraviglia capace di colorare le pagine di un cartonato d’autore che supera non solo i confini spaziali, ma anche quelli temporali attraverso immagini che uniscono il folclore alla magia.

Topipittori, con la pubblicazione di questo illustrato supera l’idea di bellezza incastonandola come gemma preziosa nell’anello del tempo che ci vede protagonisti. Le fate formiche, gentili e amorevoli, ci trasporteranno nella semplicità del gesto e nell’essenzialità del comprendere, ci porteranno a riscoprire che anche una lieve presenza può trasformare una giornata di pioggia in una giornata di sole e che tutto ciò che si muove, nell’imperscrutabilità del tempo, prima o poi ritorna. 


Per info e per acquistare il libro:

https://www.topipittori.it/it/catalogo/le-fate-formiche

 

gaLoni – Incontinenti alla deriva (Goodfellas)

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Bellissima rappresentazione di una realtà vicina al nostro vivere racchiusa all’interno di poesie contemporanee capaci di scardinare l’idea di cantautorato moderno e tuffarsi con stile unico e necessario in una trasposizione originale di ciò che è stato il passato. gaLoni, con questa nuova prova, racconta le fragilità della vita umana attraverso acquerelli sporcati di terra e di visioni, racconta di geografie territoriali e di inutilità dei confini, racconta di amori lontani e desideri da raggiungere sopra ogni cosa. Incontinenti alla deriva sembra un disco di De André trasportato nei giorni nostri. La timbrica del nostro ricorda il cantautore genovese e le tematiche trattate sembrano racchiudere al proprio interno un senso di società e cultura che si espande ad ogni latitudine conosciuta. Si snocciolano perle con grande facilità, pensiamo alla stessa traccia d’apertura Bansky o L’America è una truffa per poi approdare a canzoni come Trattato monetario, Mi resterà il tuo nome a dare peso materiale ad una proposta emozionante. Il nuovo di gaLoni è un pugno al perbenismo, un pugno dato con stile ed eleganza contro ogni cliché e ordine precostituito. 


Terso – Fuori dalla giungla (Vulcano)

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Scappare a perdifiato, correre, lacerarsi, andare oltre per trovare un appiglio sicuro, una nuova strada da seguire, un pezzo di cielo da poter ammirare ancora. Tornano i bolognesi Terso, tornano con un rock altamente elettronico dove i sintetizzatori la fanno da padrone e dove ritmi sincopati e trascinanti ci rendono partecipi inevitabilmente di un mondo raccontato che come metafora immagina giungle metropolitane da dove poter fuggire e non ritornare più. Fuori dalla giungla è un disco complesso e arricchito, ma nel contempo racchiude al proprio interno canzoni dirette e cariche di una bellezza da cogliere in una poetica che si rinnova e usa costrutti contemporanei per raccontare qualcosa di universale e unico. Da Le frasi fino a La tigre bianca passando per le riuscite Lynch, Le promesse, Metamorfosi, i nostri ci regalano un disco alternativo nella forma e nella sostanza, ma vicino alle cose che stringiamo e ci sentiamo accanto ogni giorno. 


Sanmarco – La parte migliore (Platonica)

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Cantautorato nascosto da cameretta novemetri quadri all’interno di un quartiere metropolitano abbandonato ai sogni di gioventù dove tutto è ancora possibile, dove i diari di vita si riempiono di canzoni e di amori andati a male, di persone che non ci sono più e di sogni da inseguire ad ogni costo. Il disco di debutto di Sanmarco, all’anagrafe Marco Sanbinello riscalda come tazza di tè caldo il gelido inverno che ci prepariamo a lasciare alle spalle e dona all’insieme di canzoni proposte un segno distintivo chiaro e per certi versi unico. L’omogeneità dei pezzi proposti si sposa bene con le tematiche trattate. In parallelismo si ascoltano le introspezioni di Damien Rice e di Glen Hansard alle prese con un italiano che partecipa all’atmosfera proiettando ombre ed immagini ad intensificare di netto sette canzoni per altrettanti racconti. La parte migliore, prodotto da Giuliano Dottori, è un disco davvero ben suonato e registrato, ma che a mio avviso manca di un piccolo salto necessario per rendere personale ed eterogeneo un lavoro che trova in questo disco un buon punto di partenza. 


Lapingra – Amore e soldi (Bassa Fedeltà/Artist First)

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Ritorno del duo formato da Angela Pomassone e Paolo Testa, ritorno raccontato attraverso gli occhi di chi scruta la realtà partendo dalla vita reale, quella di tutti i giorni, intensificando rapporti e dando un senso esplicito, sin dal titolo, a ciò che manca ai giovani di oggi: l’amore e i soldi. I Lapingra confezionano un disco fatto di canzoni che ti fanno tornare irrimediabilmente all’era post adolescenziale dove le notti sembrano non finire mai e il desiderio sempre acceso di una vita unica è il punto di contatto essenziale con quel fuoco interiore capace di bruciare all’infinito. La dilatazione del tempo poi prende il sopravvento e la velocità del mondo raccontato rappresenta un punto fermo in una poetica metropolitana che si dipana da Porco mondo fino a Ciao come ti chiami passando per pezzi come 1993,  San Calisto, Male attraversando distese di gioventù in un vortice che via via si assottiglia per scaraventarci inesorabilmente nell’età adulta. I Lapingra danno forma ad una prova d’insieme introspettiva e concentrica, un album di bisogni sul far della sera.