Johnny DalBasso – Cannonball (Goodfellas/Valchiria Records)

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Attitudine punk tascabile da mangianastri in disuso per il nuovo di Jhonny DalBasso a concedere grezze aperture da smerigliare con il diamante più prezioso che abbiamo nella frenetica mondanità di questo nostro secolo. Cannonball è un pugno allo stomaco che corre alla velocità della luce senza preoccuparsi di ciò che sarà, ma piuttosto intavolando discussioni che si dipanano a raccontare di un mondo marcio, fatto di sangue, ossa e desiderio inconscio di raggiungere profondità torbide che racchiudono pensieri carnali, sogni infranti, capacità di sintesi e costante ricerca di un posto dove abitare. Johnny DalBasso nell’urgenza del momento ci consegna un disco adrenalinico che trova nelle pulsioni di ogni giorno un punto di contatto con la parte più oscura che ci portiamo dentro. Un animale da palco che lascia spazio perfino a Furore di Celentano ad indicare un amore per la canzone d’autore italiana che trova nell’interpretazione stravolta e ruvida un punto di contatto con un passato sempre più proiettato al futuro che ci attende. Bravo davvero. 


Martino Adriani – E’ in arrivo la tempesta (Alka Record Label)

album È in arrivo la tempesta - Martino Adriani

Cantautorato atipico in chiave rock che scruta gli anfratti di questa nostra quotidianità attraverso una musica circolare capace di raccontare i nostri giorni e inquadrando vapori e umori di questa società attraverso nove canzoni ben arrangiate e altamente comunicative. Martino Adriani scivola da un passato Ivan Graziani fino a toccare le sonorità di Colapesce o Dimartino per un connubio di pezzi estrapolati dal cilindro della vita e qui rivolti all’interno di un percorso che raccoglie all’interno delle esperienze reali piccoli pezzi per costruire e addomesticare un presente in bilico e perennemente in evoluzione. E’ in arrivo la tempesta racconta indissolubilmente di questo nostro universo che abitiamo, da Ariel passando per Demoni, Paranoic Village, Il mio mondo il nostro costruisce architettura dal piglio moderno pur concedendosi un tuffo nel passato per una poesia in musica che acquisisce un certo spessore ascolto su ascolto, nell’indefinito errare di un cantautore alla ricerca della propria strada. 


Hide Vincent – The house marring EP (I Make Records)

Introspezioni sonore da casa che non esiste più abbarbicate lontane nel tempo e piene di realismo centrato e sogni da decostruire per un cantautorato intriso di malinconia e bellezza in grado di attraversare la realtà e guadagnando, giorno dopo giorno, spazi di apertura con qualcosa di personale e unico. Il nuovo di Hide Vincent racchiude al proprio interno delle piccole perle intense e fagocitanti raccontando di vite in bilico e strade da percorrere nel cambiamento, attraversando, con passi sospesi, i territori inesplorati della nostra anima. Dai The Cinematic Orchestra passando per Damien Rice il nostro distrugge certezze assaporando l’utilità dell’ignoto e incentrando la propria poetica all’interno di una scatola chiusa contenente quattro pezzi fragili e sospesi a sussurrarci all’orecchio parole cangianti, labirinti di memorie, case, forse da ricostruire. 


I hate my village – I hate my village (La tempesta)

Super band nata dagli incroci sonori di Fabio Rondanini, Adriano Viterbini, Alberto Ferrari e Marco Fasolo capaci di sfoderare un suono tribale che incontra generi differenti per dare senso tridimensionale ad una realtà che affonda le proprie radici nel ritmo africano e nelle sperimentazioni d’avanguardia. I hate my village è un concentrato in primis di grande capacità musicale che si snocciola canzone su canzone incalzando energia che via via apre a cantati maturati e improvvisi per un suono d’insieme che ricorda per certi versi quel The king of limbs dei Radiohead tanto ricco di sperimentazioni quanto pregno di contenuti e bisogno di comunicare. I hate my village, rigorosamente registrato su nastro, si snoda lungo strade polverose a tratti funk, a tratti psichedeliche; dal singolone Tony Hawk of Ghana fino alla title track e passando per pezzi come Location 8 o Bahum il collettivo I hate my village mescola le carte in tavola per dare vita ad un disco voodoo ed esoterico incastonato, come perla, in questi tempi oscuri.