Paolo Saporiti – Acini (Goodfellas)

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Atmosfere pregne di significati per il nuovo di Paolo Saporiti, un album carico di movenze eleganti che si fanno viaggio vitale e come cerchio necessario trasformano i pensieri in qualcosa che si coglie nella mutevole essenza di un luogo senza fine, di un luogo da raggiungere e che nella direzione trovata, manifesta una partecipazione unica e un traguardo da mantenere. Acini è figlio della terra, è figlio di un amore corrisposto, è l’amore di un figlio e di un padre, ma è anche l’asprezza e la durezza della vita, la difficoltà implementata, il tempo che ingoia e che risputa tante volte solo ciò che resta di peggiore, lasciando ai ricordi la parte migliore su cui possiamo sperare. Paolo Saporiti affresca un passato da polaroid sfocata, ma bellissimo nella sua forma mutevole, nel suo essere vero e custodito, rinfrancato e carico di visioni, di immagini, di sostanziale apice battuto come sentiero oltre la notte. Acini è la conquista della libertà, quella stessa libertà che diventa capacità lirica di fondere pensieri profondi e nel contempo di destrutturare un linguaggio che nella ricerca ricorda l’ultimo di Paolo Cattaneo e si pone come punto fondamentale e imprescindibile nel panorama della musica d’autore italiana. 


Fluxus – Non si sa dove mettersi (Autoproduzione)

album Non si sa dove mettersi - Fluxus

Posti da ricercare, posti da recuperare in un luogo inospitale che si chiama terra e che ci vede giorno dopo giorno rincorrere uno sperato che non convince, un posto da recuperare nel buio e nelle tenebre che avanzano nell’imprescindibile bisogno di essere e di far parte di qualcosa di importante, ma che in modo inesorabile ci relega ad essere marionette mute di una società malata. I Fluxus, super band storica targata ’90 ritorna con un disco da paura, un disco arrabbiato e carico di appeal comunicativo ed emozionale, un magma multiforme che dai toni dei grigi arriva a conquistare i neri delle nostre anime contorcendosi ispirati all’albero di una vita scarna, ma in divenire. Il rock pesante che si respira nelle undici tracce presenti in Non si sa dove mettersi è un agglomerato di hardcore rumoroso, ma caratterizzato da un contesto che via via cambia con il variare della canzone proposta, con il variare di un suono distorto e ascritto ad un flusso costante che dichiara ancora una volta da che parte stare prima che sia troppo tardi. 


Gustavo – Dischi volanti per il gran finale (IMakeRecords)

Dischi volanti per il gran finale

Musica velatamente pop che racchiude al proprio interno un cantautorato essenziale che sposa le trasformazioni jazzistiche e si immola a stupire grazie ad un tutto mai gridato, ma piuttosto raccolto e sedimentato nella dolcezza che culla, nella sera che rinfranca. Il disco di Gustavo, all’anagrafe Francesco Tedesco è un insieme di canzoni notturne che volano sopra i tetti delle case e si fanno portatrici di suoni reali, amalgamati e coraggiosi, in una ricerca davvero inusuale delle parole, delle associazioni e delle trasformazioni che la musica permette ed è in grado di far trasparire, in grado di far ottenere, tra momenti di introspezione e altri leggermene più movimentati e aperti. Dischi volanti per il gran finale è un album che ha il sapore di un orchestra che suona in riva al mare, una descrizione vissuta di ricordi e momenti che attraverso racconti in musica si fa più reale, quasi tangibile, metaforicamente assaggiabile. Gustavo ci regala una prova lavorata con il cesello, un disco uscito dal cilindro della vita che racchiude con sé una magia primordiale pronta ad incantare. 


Manitoba – Divorami (Sugar/Woodworm)

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Un album partito da una vacanza al mare, un disco nato dopo anni di conoscenza e sedimentato nei ricordi e nei vissuti di un ragazzo e di una ragazza, ora diventati grandi e in grado di mantenere parabole discostanti che ripiegano le soluzioni facili e ambiscono, come fucina creativa, a creare costruzioni immacolate di pura fantasia artistica imbrigliata in fasci di luce autorevoli e pieni nella loro forma desueta nel cercare qualcosa che vada al di là del già sentito. Sotto il nome d’arte Manitoba si nascondono Filippo Santini e Giorgia Rossi Monti, un duo composito che sputa addosso alla realtà il proprio stato d’animo e con citazionismo raffinato, maturo e soprattutto con fame sempre viva di musica cercano di trovare un posto d’onore all’interno del panorama della musica italiota. Le canzoni sono un agglomerato di generi, dal cantautorato alla new wave, passando per un indie essenziale nelle sue sfumature per approdare a desideri reconditi di un rock sbarazzino e idealizzato nella mente dei due. Pezzi unici dimostrano la caratura del gruppo già nell’apertura affidata a Dio nei miei Jeans, passando per Divorami, Andiamo fuori, In questo freddo e nel finale con l’onirica Aida & Mellotron. I Manitoba danno vita ad un disco cangiante, fatto per chi non si accontenta e che sa coniugare in modo egregio la realtà indie con quella più poppeggiante del caso trasmettendo una passione unica che si trasforma in fame costante e in un bisogno unico di respirare suoni. 


-LIVE REPORT- Baustelle – Gran Teatro Geox – Padova 27/04/18

La qualità si respira sui palchi polverosi sporcati dal tempo che passa segnando un’evoluzione all’insegna dei modi desueti e del volere andare in direzione contraria pur calpestando il pop digerito nel corso degli anni e trasformato in musica d’autore per poi essere ricucito, sventrato ancora e incollato per non buttare via niente, per raccogliere le cose migliori modificandole a proprio piacimento in un pensiero in musica che non ha fine, almeno per il momento.

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La musica percepita dei Baustelle oltre che ricca di rimandi e di citazionismo è prima di tutto uno spaccato di vita capace di raccontare istantanee e momenti che si fanno piena comunicazione proprio durante i live, durante quella comunione con l’ascoltatore attento e complice di essere davanti ad un gruppo di classe e di stile, mai banale e convincente.

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Stasera qui a Padova siamo in tanti, il Gran Teatro Geox ospita per l’occasione la tappa finale, della prima parte del tour di L’amore e la violenza Vol.2 ennesima fatica della band toscana che chiude il percorso iniziato lo scorso anno con il primo frammento sostanzioso del Vol.1 e che segna una svolta rispetto al precedente Fantasma, album orchestrale, introspettivo e dalle tinte che si muovono dilatate da un bianco accecante ad un nero notte inoltrata.

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Ad aprire il concerto Andrea Poggio, con la sua elettronica minimale, un po’ Battiato e un po’ creatura nordica a ricordare Erlend Oye dei Kings of Convenience in una musica piena di rimandi a qualcosa di passato, ma nel contempo tangibile e prezioso ai nostri giorni. Bravo davvero. A seguire i Baustelle e quel nome a posteriori illuminato al neon che oramai è diventato un marchio di fabbrica per i nostri e che abbaglia di luce una band che ha fatto del palcoscenico un punto d’approdo e che li vede sempre più protagonisti di una scena che hanno contribuito a creare e a mantenere.  Il comparto sonoro e strumentale è qualcosa di favoloso, i suoni sono vintage, hanno l’odore del tempo, sono calibrati a dovere e il risultato non delude le aspettative, anzi mette in risalto voci e sovrapposizioni tra Francesco e Rachele in pezzi che comprendono per la maggior parte estrapolazioni delle ultime due fatiche. L’iniziale Violenza, Amanda Lear, L’amore è negativo, Il Vangelo di Giovanni, Perdere Giovanna sono solo alcune delle più riuscite canzoni di una serata che ha visto, in una seconda parte del concerto, l’apertura a pezzi più vecchi, ma impressionanti  e sentiti dal pubblico come Nessuno, I Provinciali, Monumentale o la sempre attuale La guerra è finita.

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I Baustelle hanno raggiunto una maturità artistica ineguagliabile, complice il fatto di essere liberi di creare composizioni che non devono per forza accontentare tutti, ma che piuttosto fanno del passato una radice imprescindibile da cui partire per trasformare architetture abitudinarie e vicine all’orecchio dell’ascoltatore in qualcosa di spiazzante e avvincente, mai banale, ma piuttosto necessario per comprendere appieno una poetica contemporanea e vitale destinata ad occupare un posto d’onore nel panorama della musica italiana.

Testo: Marco Zordan

Foto: Pietro Rizzato

Arvioux – A safe place (Autoproduzione)

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Progetto elettronico cangiante del bresciano Alberto Gatti a ristabilire col nostro animo atmosfere cibernetiche da spazi siderali in una quiete sospinta a dare gesti e forme inusuali riscoprendo dalle radici di qualche decennio fa una musica fatta da vocoder e sintetizzatori di classe a coinvolgere aspettative e inusuali costruzioni in divenire. Quattro pezzi soltanto per un Ep egregiamente sfornato, quattro canzoni che sono e che fanno da sfondo al nostro mutare quotidiano da Insecure fino a My soul is free passando per Waiting for summer e M per un disco da digerire tutto d’un fiato e da riaccendere come espressività della nostra realtà tra pixel messi a fuoco e colorazioni sfumate di un’eclettica prova che, seppure nella brevità accennata, convince e rinfranca. 


Spread – Vivi per miracolo (Go Down Records)

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Nel disco degli Spread si respira tanta di quella libertà da far spavento, un concentrato di parole suono che intercorrono dalla prima all’ultima canzone dell’album in sodalizi con una musica desueta e preservata da registrazioni d’insieme che permettono di saggiare i nostri sul piano della molteplicità attitudinale e sulla capacità implicita di scardinare l’ordine precostituito per dare vita a qualcosa di personale e sentito. Vivi per miracolo fa esplodere il comparto ritmico per lasciare spazio a geometrie sghembe che si contorcono in ossimori, nelle contrapposizioni tra potenza e quiete, in uno stato perenne di tensione emotiva che imprime al disco un’aurea di misticismo e novità. Il merito di tutto questo va in parte anche ad Alberto Ferrari dei Verdena che ha curato per l’occasione la registrazione e la produzione, un album di difficile categorizzazione che parla delle nostre debolezze e delle nostre solitudini rimpiazzate da feticci colorati a riempire gli scaffali della nostra anima. Vivi per miracolo è un album dove l’ansia scorre sul filo tagliente della vita, un album che ci ingloba e si fa ascoltare tutto d’un fiato, fino a quando avremo respiro. 


La Notte – Volevo fare bene (Woodworm)

Una psichedelia inoltrata, con una base di chitarra acustica, serve per creare atmosfere di gran pregio, aggiungici poi un cantato in italiano, mai preponderante, ma di sicuro effetto e ti ritrovi ad ascoltare il nuovo disco dei La Notte, Volevo fare bene, un album di attese e sogni infranti, di amori che si consumano e domande a cui non siamo in grado di dare una risposta. I fiorentini La Notte intascano una prova davvero importante sotto diversi punti di vista, un insieme di canzoni che possono andare a delineare un brain storming di pensieri in evoluzione costringendo l’ascoltatore ad entrare in sensazionali quadri dipinti per immagini che lo stesso Yuri Salihi, voce e autore della band, affresca e compone con grande capacità metrica e comunicativa, coadiuvato da un reparto strumentale davvero generoso e ben calibrato. Nel nuovo dei nostri si può ascoltare un’intimità che avanza e attanaglia, un’introspezione convincente che si evidenzia in pezzi come l’apertura affidata a Per nuovi pescatori, fino alla bellissima title track passando per le malinconie di Ho visto la scena e via via, giù fino al finale lasciato alle bombarde ispirate di Sotto Assedio e Buddha Bar. Sintetizzatori ed elettronica messa al servizio di canzoni ispirate rendono questo disco un punto di maturazione sostanziale per la stessa band, un modo importante per mettere a fuoco un obiettivo, in questo caso centrato nell’omogeneità di questo racconto in musica. 


Sabrina Napoleone – Modir Min (Orange Home Records)

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E’ un canto che viene da lontano attanagliando respiri e facendosi ninna nanna solenne per poi aprirsi ad inquietudini di vita, ad anfratti celati e compresi fino in fondo a cullare aspettative e giorni intensi che verranno. Il disco di Sabrina Napoleone è un album complesso e concentrico in grado di portare all’estremizzazione concetti che partono dal nostro di dentro, si sedimentano come geografie di immagini virato seppia conturbando all’ascolto protratto e intessendo trame inusuali per una cantautrice in un vortice di sensazioni davvero importante e stratificato. Modir Min è un connubio viscerale di melodie e sperimentazione di generi, sovrapposizioni che si ascoltano già nella title track aprendo ad un amore che si consuma via via nello sciogliersi di brani come L’oro, Creatura di rabbia, Resilienza, per approdare ad una bellissima e personale rivisitazione di La ballata della moda di Tenco in una manciata di canzoni che trova nel ricordo un porto sicuro su cui approdare. Modir Min lo possiamo definire come capolavoro della contemporaneità, nulla è banale o dato per scontato in questo disco, in esso troviamo un’aspirazione profonda e continua alla ricerca, al nostro essere diversi in un mare di omologazione. 


-LIBRI ILLUSTRATI – Francesca Dafne Vignaga – Igor (Edizioni Corsare)

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Titolo: Igor

Autori: Francesca Vignaga

Casa Editrice: Edizioni Corsare

Caratteristiche: 24×24 cm., cartonato, pag.36

Prezzo: 18,00 €

ISBN: 9788899136352

Partire senza sapere nulla della propria vita se non il proprio nome,  una particella elementare di un qualcosa di più grande, di più profondo, un qualcosa che parte dal di dentro e ci fa comprendere quanto sia necessario il viaggio, la scoperta dell’amicizia, il volere entrare nella vita degli altri senza coordinate geografiche, senza cartine o bussole ad indicare la via, ma piuttosto seguendo l’istinto, seguendo un’ispirazione concentrica che rassicura partendo dal cervello e arrivando giù, fino in fondo al cuore.

Igor è una creatura fantastica, un piccolo animale peloso che diventa esploratore, un esploratore di se stesso che un giorno decide di partire per andare lontano in cerca di amici. Grazie ai suoi grandi occhi dolci e sornionamente allegri tenta di recuperare mondi sognanti cercando di conquistarli in punta di piedi e catapultando il suo essere oltre al mare immaginato di parole dove i paesaggi pittorici sono sfondi essenziali per figure centrali come le farfalle, i pipistrelli, gli uccelli. Igor in cerca di una famiglia, della propria identità, incontrerà una misteriosa creatura con cui passerà del tempo vero, ma che non sarà abbastanza per la conquista della sua intrinseca libertà.

La vicentina Francesca Dafne Vignaga disegna e caratterizza un personaggio indimenticabile questo grazie alla giusta connotazione dei tratti somatici di Igor e grazie anche alla tenerezza esteriore espressa nelle movenze e nei gesti del nostro protagonista; la raffinatezza delle illustrazioni poi rimandano inevitabilmente a lavori precedenti o a figure già utilizzate nell’immaginario dell’illustratrice come i pesci rossi o i gufi consegnando al lettore un illustrato d’autore da custodire gelosamente, un libro di tavole colorate che lasciano spazio alla fantasia e che in qualche modo ci conducono a riscoprire al nostro interno desideri inespressi di mondi lontani da raggiungere.

Edizioni Corsare, piccola casa editrice di libri cesellati, curati nei più piccoli particolari, pubblica un libro immediato, veloce, ma che non ci lascerà facilmente. Un insieme di parole e disegni che ad ogni lettura si faranno veicolo per nuove avventure imbrigliate queste nel profumo e nel sapore del tempo che passa mentre noi saremo qui a chiederci che cosa ne sarà di Igor, quali viaggi dovrà affrontare per completare il suo venire al mondo, per completare la sua parte mancante, il suo essere unico tra le verdi foglie di una natura amica.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.edizionicorsare.it/igor.html