Phantomatica – Look Closer (Autoproduzione)

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Mescolare storie e vissuti con capacità importanti nel delineare un rock contaminato che non si abbandona a semplici cliché, ma piuttosto si apre elegantemente contagioso già dalla traccia d’apertura sembra e esplodere in conturbanti riff chitarristici per poi appianarsi e ricercare una formula più sedimentata e personale, più ardentemente pacata nella sua imprescindibile forma cangiante. Il disco autoprodotto dei Phantomatica mescola il meglio del rock degli anni ’90 dagli U2 fino alle ballate di Corghiana memoria, passando per il grunge di Seattle e quella carica di espressività che possiamo cogliere in pezzi come Drop it, Revelation, Sailor, Mr Nobody per un risultato formale che si fa apprezzare per un ricerca di un’originalità che non si può definire timida, ma piuttosto sostanziosa e mai banale. Look Closer è un album per palati esigenti e nel contempo racchiude nell’immediatezza del pop rock una via di fuga apprezzabile e di sicuro interesse. 


Entropia – October is coming (Eclectic Productions)

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Contaminazioni di genere per parlare in modo indissolubile di qualcosa che cento anni fa e che ancora oggi possiamo definire storia. La Rivoluzione d’Ottobre raccontata in musica attraverso i tribalismi concentrici di un rock impastato all’elettronica mai banale in sostanziose riprese che si fanno narrazione per Entropia in una discesa concettuale e paradigmatica di un periodo ben definito e che ha scosso masse intere nel raggiungimento di un ideale culturale sperato e mai del tutto compreso. Con October is coming i nostri entrano di prepotenza all’interno di una rivoluzione che è stata anche di tipo concettuale, una rivoluzione culturale e qui riprodotta seguendo una sorta di dettami post moderni a ricreare una musica che si lega al filo rosso della memoria, al filo rosso del tempo in evoluzione. Sono quattro pezzi per quattro momenti, un concept studiato a tavolino che procede alla velocità di un treno da The great war, fino a The winter palace in October, passando per Revolution in February e The April Theses in suite eterogenee davvero originali e ammirevoli per un’opera che sembra raccogliere il fulcro principale del proprio significato intrinseco all’interno di una sonorizzazione cinematografica di un’epoca non così lontana. 


Zeffjack – Friendless (Rocketman Records)

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C’è della poesia in queste incursioni strumentali che la fanno da padrone, c’è della poesia in questo vagare interiore in un mondo che non ti vuole, in un mondo che accoglie i fortunati, i forti, tralasciando i deboli, lasciando indietro gran parte di noi. Gli Zeffjack lo sanno bene e ci convivono ormai da anni in questo pianeta Friendless, senza amici, senza punti di contatto, un mondo che ti abbandona e loro grazie ad una musica potenziale espongono a dismisura i contatti con un altro tipo di territorio, con altre aspirazioni, in un concentrato rock che amalgama il noise, il punk fino ad arrivare all’energia esplosiva che riassume concetti, riassume esigenze e si lascia approfondire. Pezzi come Mont Blanc, Poretty Party, Starting Light, Number 9, Fade Out sono tra gli altri i momenti più alti di un disco che esplode traccia dopo traccia in un’esigenza interiore di dare un senso ai legami, di dare significato a ciò che significato non ha. 


Tenedle – Traumsender (Sussurround Live & Records 2018)

Discostato egregiamente da qualsiasi produzione odierna il disco di Tenedle guarda al passato o piuttosto guarda lontano, grazie a composizioni che non abusano di elettronica, ma piuttosto convincono per espressività e multiformità variabile ad ogni latitudine. Musica quindi colta, espressionismo citato a gran voce in una formula che unisce l’art rock con qualcosa di più profondo, quasi cantautorale, a narrare di questa e altre vite, di questa e altre asperità in un concentrato di citazioni davvero interessante e ben suonato. Nella musica di Tenedle c’è una sperimentale arte del sogno cangiante, un modo per entrare nella quarta dimensione attingendo le proprie radici nelle sonorità di mostri sacri quali Beatles, Pink Floyd e Radiohead senza dimenticare il re delle atmosfere create e sovrapposte David Sylvian. Tenedle convince a dismisura, le ossessioni e le malinconie introspettive diventano armi vincenti per creare appigli di coscienza e di riflessione per un disco che oltre ai numerosi ospiti presenti come Debora Petrina e Susanna Buffa sedimenta gli ascolti in attimi di misticismo cosmico che trasformano in colore brillante la nostra vita fatta di scale di grigi. 


Materianera – Abyss (Tainted Music)

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Sprofondare nelle oscurità degli abissi cullati da un’elettronica d’autore dal forte respiro internazionale e intrisa di significati preponderanti che emergono poi piano piano in un conflitto sonoro cullato dalle asperità del tempo, dal nostro incedere quotidiano. I Materianera sono tornati con un disco alquanto strutturato rimarcando la loro consapevolezza nel creare architetture sonore paragonabili a band come Massive Attack o agli italiani Amycanbe in un substrato culturale e musicale davvero sorprendente che catalizza e annienta, si consuma e poi ama in una multiforme e cangiante pelle da indossare nei nostri momenti migliori. La commistione di generi e sonorità provenienti da gran parte dell’universo conosciuto è evidente e ci si sofferma sul particolare in maniera quasi maniacale mentre una voce ci trasporta lontani, sotto l’influenza di una buona stella o sopra qualche pianeta di una galassia lontana. L’eterogeneità sospinta che si evince dall’iniziale Aqua Waves fino a Jotello è arma importante nell’intera produzione e permette ai Materianera di salire sul podio delle band di genere più interessanti in territorio italiota.