-FUMETTO- Marina Girardi – Capriole (Topipittori)

 

Titolo: Capriole

Autore: Marina Girardi

Casa Editrice: Topipittori

Prezzo: 16 €

ISBN: 9788898523344

Capriole di Marina Girardi è una scatola che contiene una vita intera, contiene parti vissute di un tempo che è esistito e che ora non c’è più, è in qualche modo il racconto esperienziale fatto attraverso gli oggetti dell’infanzia e attraverso la loro leggerezza, punto da cui partire per sviluppare un interesse nei confronti di un mondo autobiografico che in qualche modo abbraccia intere generazioni, una vita che come carrellata in un film, fotografa i giorni migliori, le spensieratezze di ciò che è stato, le speranze per il futuro e i sogni nascosti nel cassetto che attraversano un mondo intero, viaggiano con le idee e mai si fermano identificandone contenuti e lasciando alla riflessione un ruolo marginale per immortalare l’immagine nell’attimo come fosse ricordo indelebile.

In questo libro il punto centrale è rappresentato dalla memoria stessa, dall’accuratezza nel ricreare un ricordo bambino che vive grazie alle immagini dal forte impatto emozionale e che ci fanno entrare nelle nuvole del passato abbracciando un’idea di infanzia condivisa grazie ad un metodo illustrativo efficace e singolarmente unico, riconoscibile e quasi commovente; attraverso l’uso di pastelli colorati estremamente vividi, che fanno da trait d’union naturale nello svolgersi del racconto, Marina Girardi narra una storia che nasce tra le montagne e si sposta piano piano verso la pianura, la città, ingloba il lettore e rende scorrevole il mutare dei momenti, il passare degli anni, il divenire, grazie all’incontro costante e continuo di persone che formeranno, attraverso le esperienze, un’autrice adulta in grado di percepire i cambiamenti partendo dalle piccole cose, dalla polenta che si trasforma in sole fino agli animali antropomorfi che popolano l’intero fumetto.

Le vignette non seguono uno schema fisso, anzi, non parliamo di vere e proprie vignette, ma di grandi disegni che tendono ad occupare intere pagine ad indicare la libertà del momento, il gusto personale che sbatte contro l’onda inarrestabile del ricordo, in un viaggio dove le capriole sono in funzione del vivere stesso, le capriole per esorcizzare la paura e per  vedere il mondo con occhi diversi, da un’altra posizione, perché tutto questo è possibile e l’autrice lo dichiara tacitamente attraverso le pagine policromatiche di un libro che invade gentilmente un concetto di infanzia ricordando alcune creazioni della Nöstlinger e che abbraccia, seduta stante, la poesia dell’essere se stessi attraverso un eterno nomadismo che ritrova nelle proprie radici l’essenza della vita stessa.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.topipittori.it/it/catalogo/capriole

Oppure qui:

Malkovic – Malkovic (Autoproduzione)

Quattro pezzi da camicie di flanella che abbracciano un sostanziale ritorno alle sonorità intrinseche di venti anni fa, rapportando un composizione qualitativamente notevole nei confronti di band come Pixies, Nirvana e gli italiani Verdena, trasformando la polvere di strade infinite in vissuti distorti e ricchi di sostanza, capaci di penetrare a fondo, convincendo e osando, cercando appunto quel qualcosa che non muore e che risiede dentro di noi per poter guardare in alto, per dire di esistere, in una lotta continua con un mondo perso e in cambiamento, in una lotta ambientale, tra le bombe di ogni giorno e il sostanziale declino di una società malata.

I Malkovic, Elia Pastori alla batteria, Fabio Copeta al basso e Giovanni Pedersini alla chitarra e alla voce, ci raccontano tutto questo, parlano con la voce del passato di argomenti che inglobano il futuro, prendendo in questo EP di quattro tracce, il meglio della musica degli anni ’90 per condensarla e ridonarla in tutto il suo splendore accecante.

EGEEO – EGEEO (Autoproduzione)

Tuffarsi nell’acqua più profonda e scovare negli abissi un modo diverso di intendere la vita, di adombrare i ricordi e lasciare sospeso quel filo rosso che collega il passato con il presente, in una continua ricerca e abbandono, sostanza per sogni immateriali e consuetudine da continuare a vivere e farsi vivere; tra suoni oscuri e aperture musicali più calibrate il nostro Egeoo confeziona un album convincente che si apre ad una forma periodica di apertura e di conquista personale, da un mondo personalissimo, interiore e cupo fino al perseguimento sostanziale di un nuovo e diverso modo di vivere, tra melodie dream pop e tappeti sonori che richiamano per certi versi la scena d’oltreoceano senza disdegnare il clima nordico e dilatato, in un prova che vede nel pezzo La grande guerra il punto più importante del disco, contrapposizione reale tra la vita e la morte, tra la perdita e una nuova rinascita.

Give Vent – Days Like Years (diNotte Records)

Si parte con in mano un packaging straordinario, eccezionale a dir poco, un sacchetto del pane, dentro un libro quadrato con all’interno un cd e come se non bastasse, una specie di serigrafia numerata accompagnata da un simil negativo, non vi basta?Allora inserite il disco nel lettore e dopo tutta questa introduzione a prima vista, uno si aspetta un album d’autore, un album introspettivo ed etereo, no qui abbiamo una voce punk che colpisce, progredisce e si misura con melodie accompagnate da una chitarra acustica ed un comparto musicale che sembra uscire da un disco degli Smashing Pumpkins o di qualsiasi altra produzione targata ’90 per un approccio da capelli lunghi e urla in gola che segnano la strada, attraverso i campi e poi ancora quella casa tra gli alberi, ad adombrare i ricordi, ciò che eravamo stati in una solitaria espressione di abbandono e bellezza che si può respirare lungo i pezzi che compongono questa ottima prova, da Two into one fino a The morning we will never have, tra concentrati d’autore e sottili perdizioni dell’animo umano in un disco che trasforma il colorato in un bianco e nero nostalgico e sincero.

Cato – +Love -Stress (Autoproduzione)

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Cato è il cantautore del viaggio e proprio in questo suo nuovo disco, cerca attraverso il proprio modo di essere di creare ponti infiniti tra culture lontane, seguendo sentieri inesplorati e facendo dell’essenza stessa del partire un modo alquanto vivo e puro di intraprendere costrutti sonori che vanno oltre i pezzi proposti, concentrando l’interesse di collettività e spaziando, con disincanto, verso ciò che per noi può sembrare lontano, difficile e faticoso da capire e comprendere.

Il tutto è riassunto nel titolo, più amore e meno stress, uno slogan che il nostro porta con sé, un motto che traspare nelle undici canzoni proposte e si fa sostanziale ricerca di un modo diverso di vivere; un mondo ostile si, ma da vedere con occhi diversi, a pieni colori, tra la luce che da un senso al nostro quotidiano e la tavolozza policromatica che crea unione nella multiculturalità di fondo, aprendo le danze con African boys fino a Steppa infinita e in mezzo riscoprire la bellezza del cammino, degli incontri, dei sentimenti, di ciò che si lascia e di ciò che si raggiunge, con la consapevolezza che chi ritornerà da tutto questo, tornerà cambiato, in una multiformità coscienziosa e ispirata: un profugo dalla vita di tutti i giorni, verso una vita interiore più pura e reale.

Moon in June – In other words we are three (Autoproduzione)

Esordio del trio bresciano che con prodezze blues legate alla psichedelia, confeziona un disco che ha il sapore del classicheggiante spruzzato da luce accecante e fuochi artificiali nel cielo, capaci di dare un senso ad una proposta che altrimenti si dimostrerebbe piatta e già sentita, un album, questo In other words we are three che attinge direttamente dal passato una lezione che possiamo tranquillamente trovare nella musica degli anni ’70 e che porta una prosecuzione naturale odierna in gruppi come White Stripes, Dead Weather e le prime incursioni dei The Strokes; assettati di parallelismo i nostri raccolgono una capacità che confluisce in passione e si legge in modo del tutto naturale, ma con piglio deciso in canzoni come l’apripista Desert, The picture fino alle denunce di Videopoker e la finale Angelene cover riuscita di PJ Harvey, senza però tralasciare pezzi importanti come il singolone Again a ribadire una sfida con un mondo intorno, a ribadire ancora una volta che i caratteri di mescolanza sono essenziali per arrivare ad una meta condivisa, vissuta e sperata, incentrando la ricerca proprio sulla costruzione di una maturità necessaria per rendere la proposta completa e accattivante, cosa che i Moon in June sanno fare bene.

Moostroo – Musica per adulti (Autoproduzione)

I Moostroo sono tornati e hanno le armi della parola dalla propria, una musica per adulti confezionata puntigliosamente dove le incursioni dell’underground distorto sfiorano un concetto elettrizzante e penetrante, che non cerca sicuramente le mezze misure, ma che osa fino a dimostrare che il pop è un’altra cosa, il pop è per bambini non ancora formati, questa è musica per grandi, qui ci sono le sofferenze della vita, ci sono le illusioni della vita stessa e ci sono anche le speranze nel domani, in poesie al crepuscolo tendenti al nascondere i sentimenti, anche quando di sentimenti parliamo e sono proprio questi a non permetterci di respirare, sono nove canzoni che si consumano nell’amore fino ad attorcigliare corpi su corpi, passioni nel tempo, vincoli da scardinare, montagne da scalare, in questo disco si osa, tra tempi in cui le macchine venivano parcheggiate male per assaporare la grazia del momento fino alla vecchiaia che ingloba attimi su attimi, pezzi di carne mutevole, cangiante, lucida e pallida, scura e asprigna, tenera come la notte e accecante come il giorno, i Moostroo sono tornati e ci fanno sentire il loro modo di esistere/resistere chiamando in causa anche l’amico Luca Barachetti in Usura, spaziando il cielo fino alle introspezioni dell’acustica finale Umore nero, vuoto fuori, pieno dentro e tutto il resto non conta.

Plan de fuga – Fase 2 (Carosello Records)

Plan de fuga

Qui ci si tuffa nel buio della nostra spirale elicoidale per comprendere, in modo migliore, come siamo fatti, che cosa vogliamo diventare e che cosa potremmo fare di noi stessi davanti ad un futuro segnato dal buio e dalla fagocitante miseria dei sentimenti che sempre più avanza e ci relega ai margini, sconfitti, in cerca di un appiglio, di un punto su  cui fare leva per poter gridare la nostra sofferenza, ma nel contempo abbandonare il senso di sconfitta per risollevarci ancora una volta.

Grazie alla band bresciana Plan de fuga tutto questo è possibile, si lotta, ci si strappa, si ricuce e si ricostruisce insieme un mondo diverso e migliore in cui vivere, ricordando i vicentini Virgo, grazie a incisive produzioni di notevole caratura, una voce che convince in modo del tutto naturale, quasi fatta apposta per ricreare uno stato desertico in cui scavare una buca e riporre al centro di essa, tutte le nostre cose più importanti, tutto ciò in cui crediamo, alla ricerca, forse di una salvezza che possiamo osservare ancora da lontano, ma che possiamo comunque vedere.

Mi ucciderai è un pugno allo stomaco fino a Distruggi tutto che fa da apripista al ritorno del cantato in inglese con Change it, spiraglio per avvisagli futuri che vedrà la band abbandonare l’uso della lingua italiana per tornare al respiro internazionale caratterizzante gli esordi, forse per comprendersi maggiormente, per dare un senso diverso ai racconti creati, noi di certo saremo qui ad aspettarli.

Diecicento35 – Il piano B (Autoproduzione)

Ad un primo impatto ho detto: no un altro gruppo che fa rock con una cantante scopiazzando qua e là gli anni ’90, poi ascoltandoli bene i Diecicento35 mi hanno letteralmente stupito e inglobato nel loro mondo dove nulla è banale, anzi la forma canzone, i testi, vengono studiati a tavolino e la musica è complementare ad un percorso fatto di discesa e ascesa, curve sinusoidali si affacciano al vivere in continuo cambiamento e grazie ad un suono fresco, ma ricercato, i nostri compiono l’impresa, per nulla facile in questi anni, di confezionare un disco di matrice puramente rock con un valore aggiunto certamente notevole e dal forte sapore espressivo, grazie ad un comparto tecnico e strumentale ineccepibile e grazie anche ad una sofferenza, mescolata alla rabbia, che traspare dai testi per poesie tuffate nel quotidiano in grado di destabilizzare e confrontarsi con una ricerca stilistica marcata che si muove tra gli inizi sostenuti di Amarinverni, passando per la bellissima Respiro meglio fino a scendere agli spaccati di vita di Non conviene e Matrimoni, ad accogliere nel finale il vento del cambiamento in Passerà, per un disco che raccoglie delle grandi sonorità, ma soprattutto una forte capacità espressiva che racconta una poesia alternative schiaffata nel mondo del pop.

iasevoli – Bolero! (Lavorare Stanca)

Si naviga seguendo i fiumi dell’America più nascosta percependo un senso degno di essere ricordato, un valore aggiunto che si sposa con la ricerca di un’estetica fatta di rumori in lontananza e atmosfere desertiche dove imbrigliare la propria mente in una tempesta di sabbia immaginifica e purificante, non sapendo quando si parte, non sapendo quando si arriva, il viaggio è una costruzione stratificata di elementi contrapposti che iasevoli sa percepire, comprendere e farci vivere attraverso melodie sbilenche inframmezzate dalle tastiere di Fabio De Min dei Non voglio che Clara, in veste qui anche di produttore del disco stesso, per 19 pezzi che si aprono a intermezzi strumentali ricordando la bellezza dell’attimo appena concluso, in citazioni letterarie che si fondono con la vita di tutti i giorni, con la nostra realtà, da Hugo Pratt e il suo personaggio più celeberrimo Corto Maltese in Una ballata del mare salato e Mari del sud a Salgari in Tigre del Bengala fino a raggiungere una bellezza che è essenza stessa del viaggio in canzoni come Un’estate distratta e lasciandosi andare alla deriva metafisica in pezzi come Horror che ben si lega con La realtà, quasi a comporre un quadro ben congegnato e stratificato da ascoltare in dissolvenza fino al nuovo inizio; per approccio Gianluigi Iasevoli, voce e paroliere del gruppo, ricorda attraverso il suo cantato secco e teso, Federico Fiumani dei Diaframma, alle prese però con un allargamento della visione delle cose che sorprende per lucidità impressa, in un disco sicuramente originale spruzzato per certi aspetti da un punk emozionale impattante e sincero, a tratti onirico.