Murubutu – L’uomo che viaggiava nel vento e altre racconti di brezze e correnti (IRMA Records/Mandibola Records)

Il vento che ci porta lontano e ci attrae alle colline in penombra del crepuscolo, diligentemente nascoste dal buio arrivato, un vento che si fa viaggiatore, incontra, ricorda e racconta, alza nel cielo le impressioni di una vita che vorrebbe essere diversa e ci conduce, tendendoci la mano, attraverso la risacca del mare, inoltrando onde verso una poesia millenaria che non conosce confini e non conosce barriere, si alza, si stende, si consuma e procede, senza guardarsi indietro, seguendo il corso delle cose.

Murubutu, al quarto lavoro, continua a sorprendere, grazie ad una poesia mescolata al rap e alla letteratura, una poesia che scava negli abissi di un mondo in evoluzione, una poesia che si concentra nella scalata grazie ad appigli sicuri che si chiamano Hesse, Rigoni Stern, Biamonti, incontri letterari per un connubio dal sapore d’altri tempi, ma contemporaneamente sovrapposto al sentire di oggi, al pensiero comune, in un modo alquanto originale di entrare a pieno titolo nel mondo del racconto d’autore, un modo diverso di respirare la stessa aria, un modo diverso di essere se stessi, andando oltre.

Il disco è una perfezione assoluta e commovente, da un po’ non respiravamo così tanta poesia, tra gli abbagli della vita moderna e chi lotta ogni giorno per dire qualcosa di diverso, Murubutu è tornato e la sua luce è un continuo rigenerarsi di forme e di colori, di sostanza vitale che raccoglie l’eredità del tempo e con fame di bellezza esplode trasportata da quel vento, di cui tanto si è parlato e di cui tanto è rimasto.

I Paradisi – Dove andrai (Autoproduzione)

Affondare le radici rock per estrapolare una musica che viene dall’anima non è sempre facile, ma I paradisi in questo album  riescono nell’intento di attingere direttamente la loro coscienza musicale nel mood della psichedelia targata ’60 per un disco che ha il sapore metafisico di un ponte sopra l’Oceano Atlantico, tanto grande da contenere dentro di sé una bellezza spaziosa, che si apre e si restringe e sa creare illusioni parallele e veridicità importante e sentita, frutto di un lavoro in sala prove originale e mai scontato; se possiamo trovare resti e rimasugli del rock passato in questo album i colori che si vanno via via definendo sono improntati su di un’essenza di musica più moderna, ricordando Le Vibrazioni dei primi album, quando ancora per approccio erano molto più underground di come le conosce il pop-olo e le sofisticazioni in apnea di band come i trevigiani Public, un album che racconta le vicissitudini della vita scavando nell’oscurità per cercare un po’ di luce, per cercare un motivo unico e valido per poter viaggiare ancora, tra pezzi che si aprono alla James Bond come per Un brutto sogno per arrivare a Strange Days, passando per la bellissima ed evocativa Voli Via il tutto amalgamando dieci tracce che vanno oltre l’idea di classic rock.

Dove andrai sono dieci pezzi che si perfezionano proprio grazie a quel ponte, in equilibrio, tra mondi totalmente diversi e dove la fame di musicalità esplode attraverso ogni percentile di vibrante attesa.