The Circle – How to control the clouds (Prismopaco Records/Costello’s)

Come controllare le nuvole, tra sbalzi umorali e tempeste in arrivo, i nostri torinesi The Circle ce lo spiegano, confezionando un ottimo lavoro rock dal gusto internazionale capace di concentrare gli spazi angusti in esplosioni pop che colorano l’aria e abbracciano tempestivamente le orme caratteriali dei primi 2000, facilmente accessibili a delay che diventano per l’occasione un marchio di fabbrica a ristabilire un giusto equilibrio tra introspezioni d’animo ed energia pronta ad uscire in qualsiasi momento, facile viene il paragone con i britannici Coldplay, sia per stile che per orecchiabilità della proposta, in cerca di una fase sempre attiva di sperimentazione, simili per certi versi a quel  X&Y che ha visto la band capitanata da Chris Martin porsi tra un crocevia che lega passato con il futuro; i nostri però, in questa prova, si propongono attraverso una forte dose di personalità e coraggio, dentro ad un mondo che è in continuo e veloce sviluppo, loro sono lì a raccontarlo e lo fanno attraverso pezzi come Shadows, The Endless Sky, Love don’t cry per un disco che ha una modernità impattante di fondo pronta ad esplodere in ogni momento per colorare un mondo che ha bisogno ancora di luce.

I giardini di Chernobyl – Magnetica (Autoproduzione)

I Giardini di Chernobyl tornano con il nuovo ep �Magnetica"

Psichedelia pura inglobata al rock struggente in lenta agonia che racconta dei giorni che non passano inosservati anzi grazie ad una fame di scrittura tutto questo prende forma e si aggroviglia a sonorità sospese e in deflagrazione costante, bisognose di dare un senso di appartenenza al tutto e implementando quello che i nostri sanno già fare per confezionare un disco che in verità è un EP , Magnetica, in grado di rendere appieno l’idea di questo consumarsi incollato al mondo, di questo precipitare continuo in un baratro, tra sostanze multiformi e grida di richiamo lancinanti e tese nelle strutture a più strati, una musica carica di un suono portatore di calore che nella sua rumorosità di fondo, nel suo caos ricreato, riesce ad essere impattante, ma con eleganza, ridando luce a fraseggi che si possono subire voraci in pezzi come Il giardino delle farfalle o Clessidra, fino a ricostituire un nucleo fondante con quella Iago e quella Odio il sole già presenti nel precedente Cella Zero, per un assaggio di vita in questo nuovo/vecchio Ep, attraente quanto basta per portarci, fluttuanti, all’interno di quella cavità in metamorfosi che ci fa respirare a pieni polmoni la grazia costante di un dolce ed eterno abbandono.

Flaco Punx – Coleotteri (RocketMan Records)

Flaco Punx, Coleotteri

Flaco, mente perversa dei Punkreas, storica band punk italiana, si getta nel solitario solista, attraverso una manciata di brani sputati al suolo e in grado di squarciare a freddo le budella, brani diretti e senza fronzoli, carichi di quell’appeal che si escogita nel momento e lascia a terra ogni sostanza inutile, per un disco che attraversa la miriade di fasi del nostro italico underground divenuto per l’occasione un capolavoro dentro al capolavoro, un disco contro la società malata e portatrice di disuguaglianze oggi come non mai e il nostro Flaco Punx lo sa bene, conosce bene la strada da percorrere per arrivare al nocciolo della questione grazie ad una scrittura talvolta lucida talvolta visionaria, ma sempre ben ancorata alla realtà, tra incomprensioni e desiderio di fare qualcosa per il nostro futuro, sempre con un piglio di protesta, sempre con quella carica che lo contraddistingue, incurante delle mode e a testa sempre alta il nostro snocciola pezzi come Codice Rosso, Bubblegum, Zona d’influenza o Testata nucleare che sono e rimangono capisaldi di questo progetto, in direzione ostinata e contraria, con volontà di abbattere ogni barriera precostituita.

Bobby Previte – Mass (RareNoiseRecords)

mass

Stravolgimento della Missa Sancti Jacobi di Guillaume Dufay ad opera del batterista Bobby Previte e dai The Rose ensamble in una ricerca sostenuta dell’astrattismo mistico, compresso e rilasciato in lavorazioni orchestrali capaci di fendere l’aria e amalgamare i suoni costanti, duraturi, sinuosi, incrociando classica e contemporanea, passando per il tardo medioevo e il metal con le sue avanguardie d’inchiesta a colpire forme e rimodellando il conosciuto in penombre da annusare, sentire dentro, tra sprazzi di organo e mescolanze di stile, attraverso un’energia diffusa e di carattere, naturale salto temporale a far da scaglione in cadenza precisa di un concentrato vissuto, emblematico, per contrappunti che si stendono in pressofusioni e offrono all’ascoltatore un’opera precorritrice del futuro che verrà incentrando il proprio punto di forza in un desiderio non inquadrabile e lontano da ogni forma di musica nata per essere venduta.

Eraldo Bernocchi/Prakash Sontakke – Invisible Strings (RareNoiseRecords)

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Tracce eteree che si spostano in brevità soppesate e tangibili incontro a nubi sulfuree tra l’ossigeno e il cielo, il vuoto d’aria e l’etere indiscusso portatore di suoni che vanno oltre il riconoscibile e si posizionano all’interno di un viaggio soprattutto mentale, capace di scavare nell’immaginifico mondo di due musicisti sopraffini, eleganti e coraggiosi, stiamo parlando di Eraldo Bernocchi, poliedrico chitarrista italiano che ha siglato molteplici collaborazioni nei più disparati generi dall’elettronica al metal passando per il jazz e di Prakash Sontakke indiscusso strumentista lap steel indiano, due mondi completamente diversi che si fondano in cerca di una via di fuga dalla realtà, impreziosendo le tracce con suoni che mescolano il mondo, mescolano i continenti e si avvalgono di una sostanziosa ricerca tra virtuosismi e appunti elettronici, dalla bellissima introduzione di The last emperor walked alone fino all’ultima traccia The unsaid, quasi un continuo, una ruota, una sfera, un mondo, quello stesso mondo da abbracciare in una condivisione d’intenti che va oltre l’opera creata.