Ambramarie – Bruciava Tutto (Autoproduzione)

Bruciava tutto è il suono rock mescolato alla poesia esistenziale, quella da assaporare nell’attimo, nelle incursioni della vita che inglobano il nostro stato mentale ed emozionale all’interno di periferici mondi da cui emergere, da cui lottare per poter vivere ancora, Bruciava tutto è la sostanza energica e allo stesso tempo fragile, distaccata, viva, da comprendere e far propria e dove l’energia incanalata è un susseguirsi di vicende personali che in modo del tutto naturale vengono trasposte in musica, lasciando contenere una forte dose di personalità, un desiderio di fondere le pulsioni primarie con il sapore di un qualcosa che non c’è più, con un qualcosa di freddo che ha bisogno di trovare la strada e il calore per riavvicinarsi alla propria casa; per spiegarci questo Ambramarie usa, a tratti, testi ermetici contrapposti ad un qualcosa di più diretto e consolatorio in un vago migrare verso forme di crescita personale che ambiscono alla fusione di un mondo che non le appartiene fino in fondo, da quell’essere Diversa passando per l’incantevole Nella stanza buia cantata con Omar Pedrini, fino al finale fulminante di Bruciava tutto per un insieme di pezzi che si affacciano alla vita e per la vita si consumano, creano, esistono.

Shapeless Void – Telema (Autoproduzione)

Con gli Shapeless Void il rock del passato si raffina in maniera esemplare trasmutando l’interesse per i suoni sporchi degli esordi in nome di un approccio più dinamico e per così dire pop, anche se la sostanza qui è di casa nel confezionare un mini Ep che abbraccia le attitudini dell’indie americano con un brit sound ben suonato e calibrato a dovere, sempre alla ricerca di un attracco, di un punto fermo esistenziale dove far correre i propri pensieri fluidificanti, tra chitarre in strutture vintage dove passato e presente si ripercorrono, si fondono e si ricreano, pur mantenendo una forte connotazione istintiva e del tutto personalissima che si evince tranquillamente in tutti i pezzi proposti da Black candles, passando per Feelings, Crawling walls fino alla bellissima, nel finale, White pond per un disco compresso, ermetico e ben suonato che dimostra la capacità della band di saper percorrere strade alquanto battute con una forte dose di coraggio e di originalità.

Nicolò Carnesi – Bellissima noia (Malintenti Dischi)

Con Nicolò Carnesi si fa sempre volentieri un tuffo nel passato, un passato in cui la canzone d’autore viene supportata da un’originalità musicale di fondo e dove tutto, dagli arrangiamenti alle linee vocali, non risulta scontato, ma anzi consolida la qualità della proposta rendendo unica la registrazione nella sua interezza, confluendo nella personalità dell’artista e rendendo proprio quel disco, un punto fermo da cui partire, un punto da ricordare.

Bellissima noia è proprio questo, un disco maturo, completo, che non spicca per pezzi decisivi e incisivi, ma piuttosto crea continuità in un flusso magnetico introspettivo che incrementa le onde del tempo e si lascia trasportare nella fluidità dei testi accompagnati da arrangiamenti musicali in un pop psichedelico che trova naturale prosecuzione con i suoni più elettronici di Ho una galassia nell’armadio e fonde, confonde, grazie alla marcata propensione di Nicolò a dare un senso alle parole, in poesie dal gusto onirico che trovano ampi spazi di elaborazione mentale e di certo non danno nulla per scontato, anzi, si solidificano proprio nell’interpretazione stessa, nell’arrangiamento di nove canzoni che parlano di noi, noi alle prese, quotidianamente, con un mondo asettico, un mondo da cui trovare una via di fuga e inevitabilmente quel profumo di speranza a cui aspiriamo ci accompagna nel costruire un qualcosa di buono all’interno di scatole e mondi artificiali, quel costruire che, a pensarci bene, per acquisire un significato profondo, ha bisogno della parola condivisione.

Nove canzoni che trovano come apripista la riuscitissima title track per passare alle bellissime Fotografia, Il lato migliore e Cambiamento fino a sorprenderci con la suite sonora, da un mondo lontano, M.I.A., per un disco, il terzo del cantautore siciliano, che riesce ad imbrigliare attimi di luce solitaria da poter scaraventare in un mondo che ingloba e che annulla, guardando la realtà con occhi nuovi in un continuo divenire.

Nobraino – 3460608524 (Woodworm/Warner)

Stile, eleganza e contrappunti sonori che immaginano scene di vita, nella semplicità del momento, in un contesto famigliare che pian piano si apre alla quotidianità e al vivere attraverso una costruzione di testi geniali e nel contempo carichi di solidità e racconti per un disco, quello dei Nobraino, che per certi versi amalgama un suono di fondo e rende più omogenea la proposta rispetto al passato, grazie ad una pulizia dei suoni notevole e una ricerca accentuata del gioco minore/maggiore tra strofa e ritornello dove trova spazio la musicalità della parole stessa, una naturale prosecuzione che invita all’ascolto con leggerezza, ma non troppo, in ossimori che si snocciolano e convergono nel significato stesso del disco, in quella comunicazione che attraverso le parole ricercate si fa portatrice di un ascolto condiviso, di un ascolto che per certi versi rende le tematiche trattate più digeribili, colpendo però la quotidianità ed esaltando una voce che, abbandonate le timbriche di un tempo, si concentra nel rendere unici i riff di una sezione ritmica funk composita e puntuale, accentuata dalla chitarra pulita che non ricerca la perfezione del suono, ma piuttosto una sostanziale presenza portatrice di significati.

3460608524 è un disco che è anche un numero di telefono, vero, reale, un numero a cui i Nobraino risponderanno senza seguire giorni od orari precisi, un album che parte quindi già dal concetto di comunicazione per approdare in modo naturale al vivere di tutti i giorni, attraverso pezzi che in circolo, si aprono con La statua e si chiudono con Tempio di Iside e dove l’importanza della dimensione live è qui accentuata nella continuità della forma-canzone, nel senso reale di fondo che incrocia l’ansia all’energia vitale, il passato con il presente, il lasciarsi andare alla deriva e il lasciarsi prendere, il lasciarsi confortare.

Clov – It’s all fun and games until someone loses an eye (Hysm?)

Svegliarsi e vedere ombre e nebbie, discostanti misure di lunghezza per comprendere in che posto ci troviamo e in che posto vorremmo andare, inebriati dalla presenza di una luce in fondo al tunnel e nel contempo spaventati da cosa questa luce ci può riservare, suoni amalgamati all’occorrenza per un progetto di cantautorato underground che accoglie umori e visioni di un altro mondo tra il folk psichedelico e le introspezioni sonore alla Trivo, chitarre sghembe e noise posturale incubato per l’occasione e pronto ad esplodere in un contesto da cameretta che abbraccia il mondo, in un contesto essenziale e specifico dove giocattoli a caso prendono il sopravvento in una stanza dove il disordine interiore si dimena e tenta di trovare una propria via di svolta, un proprio punto di fuga, un lascito personale, da Another useless story fino a Wise man suicide, passando per la polvere accantonata e la testa pronta a partire per un lungo viaggio, un viaggio che si impone tra passato e presente, un viaggio che si trasforma in quell’attimo che non ricerca la qualità, ma la pura sostanza.

Mico Argirò – Vorrei che morissi d’arte (Autoproduzione)

Mico ci vuole fare entrare nel suo mondo, attraverso occhi inquieti, attraverso occhi da scrutatore, scrutatore di un posto lontano in cui vivere, segnando nel proprio diario segreto i sapori di una terra in continuo cambiamento, attraverso una musica che è pura espressione di un qualcosa di internazionale, che abbraccia i miti e le sonorità di un tempo, trasformando le sensazioni interiore in approfondimenti meditativi che colpiscono al cuore, già dal titolo di questo album, per un’arte che si fa punto supremo del vivere di una nazione, contro destabilizzazioni politiche e culturali, l’arte come punto di svolta, di appiglio per un domani; una contemporaneità che si evince grazie ad un cantautorato efficace e presente, maturo e costruttivo in pezzi decisi e non in stato embrionale, anzi proprio nella title track o in brani come Money si esprime l’apice massimo di queste canzoni che si affacciano nella società e che dentro ci vogliono vivere, perché abbiamo davanti un musicista impegnato e capace, costante e creativo e proprio in questo vivere quotidiano il nostro Mico rilascia agli ascoltatori, brani che sanno scavare nella realtà di ognuno di noi.

Rocco Granata – Works (Autoproduzione)

SONY DSC

Composizioni malinconiche che abbracciano l’orizzonte e si inerpicano pian piano sopra i pensieri nella nostra testa, uno zaino di emozioni da regalare e soprattutto una trovata alquanto geniale e coraggiosa per un album stampato in 300 copie che non si potrà acquistare, ma sarà disponibile solo e soltanto attraverso due modi: la distribuzione attraverso il downloading gratuito e la diffusione del disco grazie alla presenza di vere  e proprie installazioni poste in parte dell’Italia da dove poter ritirare la propria copia; un progetto do it yourself in grado di aumentare il valore artistico di queste 12 composizioni strumentali che si muovono egregiamente tra minimal, elettronica e rarefazioni sacre tra l’analisi di mondi lontani che in modo concentrico si perdono per poi riavvicinarsi, si mescolano e conglobano il mistero creato nella bellezza del donare, nella bellezza di queste tracce che oltre alla presenza di Rocco Granata al basso, synth, sampling e alle orchestrazioni, annoverano Thomas Munz al piano e Lita Rodcenko al violoncello, un trio sospeso in stato di grazia, un trio che mescola nomi di fantasia, ma in grado di condividere tanta e tanta capacità di fondo che oltre a rimarcare la qualità della proposta si sofferma sul senso della musica nell’era 2.1, sul senso di ciò che facciamo per promuoverci e di quanti mutui dovremmo fare per far ascoltare la nostra musica secondo i dettami del mercato moderno; questo Works di Rocco Granata è un essere indie fino al midollo e ci fa capire che diversamente si può.

Per tutte le informazioni e per trovare i dischi vi rimando qui:

http://www.roccogranata.it/

-FUMETTO- Alice Milani/Silvia Rocchi – Tumulto (Eris Edizioni)

Titolo: Tumulto

Autore: Alice Milani/Silvia Rocchi

Casa Editrice: Eris Edizioni

Caratteristiche: brossura, 17 x 24, 168 pag. colori

Prezzo: 17,50 €

ISBN: 9788898644292

 

Solo noi conosciamo i significati della nostra vita e proprio attraverso il viaggio possiamo esorcizzare quello che ci portiamo dentro, i rapporti, le illusioni e la crescita, i sogni, tanti, nascosti dentro al cassetto della nostra mente e pronti ad esplodere come schegge impazzite al calare della sera, tra tramonti in vallate inospitali e la natura che converge fino al centro della città, il verde e il grigio spruzzato dal bianco, l’essenzialità acida e il tumulto che insorge come proiettile sull’acqua e ci fa respirare e battere il cuore, ci fa pensare, anche solo per un momento, che qualcosa di diverso è possibile o perlomeno meritevole di essere vissuto.

La coppia pisana Alice Milani e Silvia Rocchi, delinea a quattro mani, graficamente e attraverso dialoghi interiori, la storia di un viaggio verso la Drina, fiume della penisola balcanica che fa da confine naturale tra Bosnia-Erzegovina e Serbia, un viaggio a cavallo di una Virago, tra colline, montagne verdeggianti e aspre città post-belliche che hanno conosciuto e che conoscono la disillusione e in grado di far da sfondo all’avventura di queste due ragazze alla ricerca di un passato, il loro, seguendo territori che portano ancora le cicatrici e le ferite della guerra, enfatizzando arrivi e traguardi come veri e propri punti di partenza.

Il lasciarsi vivere, il rimescolare le carte in gioco e a far da sottofondo musicale  una colonna sonora punk, dove la ribellione si trasforma in libertà e dove i rancori della post adolescenza si intromettono per dare vita ad un’impresa che parte proprio dalla conoscenza del proprio essere, parte proprio da un lavoro in simbiosi che mescola illustrazioni spontanee e aggressive con leggere malinconie vintage, grazie ad un uso del colore veramente importante capace di fare da collante all’acquarello di fondo che lascia spazio vitale alle matite, al segno nervoso; Stanley Donwood degli esordi alle prese con il proprio Stand by me: memorabile ricerca del diventare adulti attraverso un tuffo a pieni polmoni nell’acqua della poesia illustrata, luogo di origine, luogo di vita.

Un fiume tra le rocce e la resistenza dei giovani rimasti nell’occupare ciò che resta della propria terra, una resistenza moderna, non bellicosa, una resistenza di spirito, espressa e coinvolgente che in parte si respira in questa nuova fatica targata Eris Edizioni, un rappresentare la vita attraverso i tumulti, i clamori  e abbandonando il chiasso di ogni giorno; due eroine solitarie alle prese con la propria via, quella stessa via che per altri è monotonia qui si trasforma in ballata punk emozionale da respirare e trattenere fino al prossimo viaggio da qui al primo punto fermo che forse chiameremo casa.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.erisedizioni.org/tumulto.html

Oppure qui:

Felidae – Baby Someday (Anaphora Records)

Omer Lichtenstein ormai qui sulle pagine di Indiepercui lo conosciamo bene, questo poliedrico personaggio musicale, originario di Tel Aviv, ma residente a Berlino, ci ha deliziato, in passato, con il suo personalissimo modo di intendere la musica e ora con questa nuova impresa, Baby someday, il nostro interagisce maggiormente con il mondo che lo circonda, consegnando agli ascoltatori un album che si affaccia costantemente sulla new wave, anche se, soprattutto in questa prova, la psichedelia di fondo e la cura del suono vintage targato ’70, non manca di certo, anzi questo lavoro denota una ricerca di fondo che acquisisce colore e pian piano si apre a cambi di prospettiva e aperture culturali verso l’oriente, un disco che già con la splendida traccia iniziale, Barbaria, mostra le proprie potenzialità, proseguendo il proprio percorso nell’infinita ricerca personalissima di un punto d’approdo alternative e multi-kulti, privo di barriere ideologiche e musicali, aperto ad ogni forma di sperimentazione e contaminazione dove appunto le innovazioni sonore sono all’ordine del giorno e dove le divagazioni tra passato e presente trovano qui espresso il concetto di apertura mentale, che travalica qualsiasi forma di pensiero concreto.

Brilla – Brilla (Autoproduzione)

Pensieri, legami e mancanza d’aria che si respira con fagocitante attesa per un cantautore che vive grazie ai rapporti, alla quotidianità, aspettando di essere parte preziosa del proprio cammino, una chitarra e una grancassa ad accompagnarlo nei live, un disco invece più raffinato e finemente elaborato questo, in grado di proiettare il nostro in una costruzione di un proprio stato mentale, tra gli intrecci dell’amore e l’opportunità da cogliere nel riuscire a far propri gli insegnamenti del tempo, sostanza quindi, ma anche amore per le cose più semplici e cristalline, quelle che ci fanno stare insieme, quelle che ci fanno abbracciare quando il mondo sembra caderci addosso, non a caso il nostro ama Battisti, l’immediatezza fatta canzone e gli spiragli pop di aperture da ascoltare, un cantautore che ci insegna a fermarci, a pensare, a guardarci attorno sorprendendoci, tra le avventure di Agapornis fino a 25 Aprile, passando a quella Il Surgelatore cantata con Verano, Anna Viganò, per un disco prodotto e arrangiato da Giuliano Dottori e mixato da Antonio Cooper Cupertino, un album pieno di vita e di rapporti, pieno di essenze da respirare e da lasciarsi vivere.