Cato – +Love -Stress (Autoproduzione)

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Cato è il cantautore del viaggio e proprio in questo suo nuovo disco, cerca attraverso il proprio modo di essere di creare ponti infiniti tra culture lontane, seguendo sentieri inesplorati e facendo dell’essenza stessa del partire un modo alquanto vivo e puro di intraprendere costrutti sonori che vanno oltre i pezzi proposti, concentrando l’interesse di collettività e spaziando, con disincanto, verso ciò che per noi può sembrare lontano, difficile e faticoso da capire e comprendere.

Il tutto è riassunto nel titolo, più amore e meno stress, uno slogan che il nostro porta con sé, un motto che traspare nelle undici canzoni proposte e si fa sostanziale ricerca di un modo diverso di vivere; un mondo ostile si, ma da vedere con occhi diversi, a pieni colori, tra la luce che da un senso al nostro quotidiano e la tavolozza policromatica che crea unione nella multiculturalità di fondo, aprendo le danze con African boys fino a Steppa infinita e in mezzo riscoprire la bellezza del cammino, degli incontri, dei sentimenti, di ciò che si lascia e di ciò che si raggiunge, con la consapevolezza che chi ritornerà da tutto questo, tornerà cambiato, in una multiformità coscienziosa e ispirata: un profugo dalla vita di tutti i giorni, verso una vita interiore più pura e reale.

Moon in June – In other words we are three (Autoproduzione)

Esordio del trio bresciano che con prodezze blues legate alla psichedelia, confeziona un disco che ha il sapore del classicheggiante spruzzato da luce accecante e fuochi artificiali nel cielo, capaci di dare un senso ad una proposta che altrimenti si dimostrerebbe piatta e già sentita, un album, questo In other words we are three che attinge direttamente dal passato una lezione che possiamo tranquillamente trovare nella musica degli anni ’70 e che porta una prosecuzione naturale odierna in gruppi come White Stripes, Dead Weather e le prime incursioni dei The Strokes; assettati di parallelismo i nostri raccolgono una capacità che confluisce in passione e si legge in modo del tutto naturale, ma con piglio deciso in canzoni come l’apripista Desert, The picture fino alle denunce di Videopoker e la finale Angelene cover riuscita di PJ Harvey, senza però tralasciare pezzi importanti come il singolone Again a ribadire una sfida con un mondo intorno, a ribadire ancora una volta che i caratteri di mescolanza sono essenziali per arrivare ad una meta condivisa, vissuta e sperata, incentrando la ricerca proprio sulla costruzione di una maturità necessaria per rendere la proposta completa e accattivante, cosa che i Moon in June sanno fare bene.

Moostroo – Musica per adulti (Autoproduzione)

I Moostroo sono tornati e hanno le armi della parola dalla propria, una musica per adulti confezionata puntigliosamente dove le incursioni dell’underground distorto sfiorano un concetto elettrizzante e penetrante, che non cerca sicuramente le mezze misure, ma che osa fino a dimostrare che il pop è un’altra cosa, il pop è per bambini non ancora formati, questa è musica per grandi, qui ci sono le sofferenze della vita, ci sono le illusioni della vita stessa e ci sono anche le speranze nel domani, in poesie al crepuscolo tendenti al nascondere i sentimenti, anche quando di sentimenti parliamo e sono proprio questi a non permetterci di respirare, sono nove canzoni che si consumano nell’amore fino ad attorcigliare corpi su corpi, passioni nel tempo, vincoli da scardinare, montagne da scalare, in questo disco si osa, tra tempi in cui le macchine venivano parcheggiate male per assaporare la grazia del momento fino alla vecchiaia che ingloba attimi su attimi, pezzi di carne mutevole, cangiante, lucida e pallida, scura e asprigna, tenera come la notte e accecante come il giorno, i Moostroo sono tornati e ci fanno sentire il loro modo di esistere/resistere chiamando in causa anche l’amico Luca Barachetti in Usura, spaziando il cielo fino alle introspezioni dell’acustica finale Umore nero, vuoto fuori, pieno dentro e tutto il resto non conta.

Plan de fuga – Fase 2 (Carosello Records)

Plan de fuga

Qui ci si tuffa nel buio della nostra spirale elicoidale per comprendere, in modo migliore, come siamo fatti, che cosa vogliamo diventare e che cosa potremmo fare di noi stessi davanti ad un futuro segnato dal buio e dalla fagocitante miseria dei sentimenti che sempre più avanza e ci relega ai margini, sconfitti, in cerca di un appiglio, di un punto su  cui fare leva per poter gridare la nostra sofferenza, ma nel contempo abbandonare il senso di sconfitta per risollevarci ancora una volta.

Grazie alla band bresciana Plan de fuga tutto questo è possibile, si lotta, ci si strappa, si ricuce e si ricostruisce insieme un mondo diverso e migliore in cui vivere, ricordando i vicentini Virgo, grazie a incisive produzioni di notevole caratura, una voce che convince in modo del tutto naturale, quasi fatta apposta per ricreare uno stato desertico in cui scavare una buca e riporre al centro di essa, tutte le nostre cose più importanti, tutto ciò in cui crediamo, alla ricerca, forse di una salvezza che possiamo osservare ancora da lontano, ma che possiamo comunque vedere.

Mi ucciderai è un pugno allo stomaco fino a Distruggi tutto che fa da apripista al ritorno del cantato in inglese con Change it, spiraglio per avvisagli futuri che vedrà la band abbandonare l’uso della lingua italiana per tornare al respiro internazionale caratterizzante gli esordi, forse per comprendersi maggiormente, per dare un senso diverso ai racconti creati, noi di certo saremo qui ad aspettarli.

Diecicento35 – Il piano B (Autoproduzione)

Ad un primo impatto ho detto: no un altro gruppo che fa rock con una cantante scopiazzando qua e là gli anni ’90, poi ascoltandoli bene i Diecicento35 mi hanno letteralmente stupito e inglobato nel loro mondo dove nulla è banale, anzi la forma canzone, i testi, vengono studiati a tavolino e la musica è complementare ad un percorso fatto di discesa e ascesa, curve sinusoidali si affacciano al vivere in continuo cambiamento e grazie ad un suono fresco, ma ricercato, i nostri compiono l’impresa, per nulla facile in questi anni, di confezionare un disco di matrice puramente rock con un valore aggiunto certamente notevole e dal forte sapore espressivo, grazie ad un comparto tecnico e strumentale ineccepibile e grazie anche ad una sofferenza, mescolata alla rabbia, che traspare dai testi per poesie tuffate nel quotidiano in grado di destabilizzare e confrontarsi con una ricerca stilistica marcata che si muove tra gli inizi sostenuti di Amarinverni, passando per la bellissima Respiro meglio fino a scendere agli spaccati di vita di Non conviene e Matrimoni, ad accogliere nel finale il vento del cambiamento in Passerà, per un disco che raccoglie delle grandi sonorità, ma soprattutto una forte capacità espressiva che racconta una poesia alternative schiaffata nel mondo del pop.

iasevoli – Bolero! (Lavorare Stanca)

Si naviga seguendo i fiumi dell’America più nascosta percependo un senso degno di essere ricordato, un valore aggiunto che si sposa con la ricerca di un’estetica fatta di rumori in lontananza e atmosfere desertiche dove imbrigliare la propria mente in una tempesta di sabbia immaginifica e purificante, non sapendo quando si parte, non sapendo quando si arriva, il viaggio è una costruzione stratificata di elementi contrapposti che iasevoli sa percepire, comprendere e farci vivere attraverso melodie sbilenche inframmezzate dalle tastiere di Fabio De Min dei Non voglio che Clara, in veste qui anche di produttore del disco stesso, per 19 pezzi che si aprono a intermezzi strumentali ricordando la bellezza dell’attimo appena concluso, in citazioni letterarie che si fondono con la vita di tutti i giorni, con la nostra realtà, da Hugo Pratt e il suo personaggio più celeberrimo Corto Maltese in Una ballata del mare salato e Mari del sud a Salgari in Tigre del Bengala fino a raggiungere una bellezza che è essenza stessa del viaggio in canzoni come Un’estate distratta e lasciandosi andare alla deriva metafisica in pezzi come Horror che ben si lega con La realtà, quasi a comporre un quadro ben congegnato e stratificato da ascoltare in dissolvenza fino al nuovo inizio; per approccio Gianluigi Iasevoli, voce e paroliere del gruppo, ricorda attraverso il suo cantato secco e teso, Federico Fiumani dei Diaframma, alle prese però con un allargamento della visione delle cose che sorprende per lucidità impressa, in un disco sicuramente originale spruzzato per certi aspetti da un punk emozionale impattante e sincero, a tratti onirico.