EGEEO – EGEEO (Autoproduzione)

Tuffarsi nell’acqua più profonda e scovare negli abissi un modo diverso di intendere la vita, di adombrare i ricordi e lasciare sospeso quel filo rosso che collega il passato con il presente, in una continua ricerca e abbandono, sostanza per sogni immateriali e consuetudine da continuare a vivere e farsi vivere; tra suoni oscuri e aperture musicali più calibrate il nostro Egeoo confeziona un album convincente che si apre ad una forma periodica di apertura e di conquista personale, da un mondo personalissimo, interiore e cupo fino al perseguimento sostanziale di un nuovo e diverso modo di vivere, tra melodie dream pop e tappeti sonori che richiamano per certi versi la scena d’oltreoceano senza disdegnare il clima nordico e dilatato, in un prova che vede nel pezzo La grande guerra il punto più importante del disco, contrapposizione reale tra la vita e la morte, tra la perdita e una nuova rinascita.

ULI – Black and Green (WasabiProduzioni)

Il folk del futuro è qui, in questo disco, dove la contrapposizione tra il bianco ed il nero si trasforma in forme e tonalità di verde profondo che regalano all’ascoltatore incursioni letteralmente elettroniche e accennate in un contesto che sa di fanciullezza svanita e ambizioni importanti, chitarre acustiche inframmezzate da elettricità costante, mai banale, dove le strutturazioni sonore sono paesaggi per l’anima e dove l’ambientazione rende ricca l’idea di una vera ricerca verso nuove finalità; il mondo che non ti aspettavi è proprio qui dentro, dentro alla mente di questa giovane ragazza che riesce a combinare in modo sapiente il dream pop di band culto come Lali Puna per passare a Bat for Lashes e i primi album di Bjork, strizzando l’occhio al minimal folk americano e ad un contesto fertile di nuove espressioni che si evincono già nelle sofisticazioni della traccia d’apertura per arrivare a quella Hicks Y Z che è un finale, ma anche un inizio per ciò che di meglio ancora dovrà venire.

Un disco pop che va oltre il pop, in un susseguirsi fervido di immaginazione e colore, significati da smembrare e ricomporre, quasi fosse il puzzle della nostra esistenza.

Armaud – How to erase a plot (Lady Sometimes Records)

Un mondo sott’acqua intriso di mistero, capacità onirica che si dissolve nella pioggia e crea un legame con il mondo in cui viviamo, scoprendo la parte più fragile di noi, introspezione sonora che è a capo di un concetto, il fotografare  il momento, quel momento che non tornerà.

Loro sono gli Armaud e il tutto ruota attorno alla voce leggera e sospesa di Paola Fecarotta, coadiuvata nell’impresa da Marco Bonini alla chitarra e drum machine e da Federico Leo alla batteria; una musica che proviene da lontano, che alle volte si scontra con gli scogli della vita e ci rende partecipi di un’immagine non precostituita, ma in continuo e perpetuo cambiamento.

A livello musicale la voce di Paola incrocia gli Amycanbe e i Portishead passando per musicalità nordiche che segnano i passi sulla neve, lasciano impronte indelebili e analizzano la possibilità di distendersi verso un dream pop d’oltreoceano che ricorda a tratti i Blonde Redhead.

11 canzoni di puro gusto malinconico ben riuscito, partendo con Him, passando per Spoiler e chiudendo il finale cosmico di May; un disco da assaporare nelle giornate torrenziali, dove i respiri condensano i vetri e dove gli attimi della nostra vita, possono fermarsi, ancora, per sempre.