Samuele Ghidotti – L’inferno dopo la Domenica (Libellula Music)

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Sonorità provenienti da mondi lontanissimi che intersecano un cantautorato moderno ed evocativo, a tratti malinconico grazie a suggestioni che diventano colori e intenzioni, grazie a suggestioni che aprono la nebbia di tutti i giorni per ritrovarci al proprio interno pezzi di realtà che ci troviamo ad affrontare. Il nuovo di Samuele Ghidotti è un disco notturno che non risparmia le mezze parole, ma piuttosto si concentra nel dare visioni d’insieme che accarezzano e in parte consolano attraverso una musica che sembra provenire da lontano e in qualche modo sembra accompagnarci in un abisso che non trova vie di fuga. Notevoli le presenze corali che permettono di dare profondità di campo a canzoni che già di per sé convincono attraverso le storie di tutti i giorni, attraverso le storie raccontate in C’era una volta, Nuova Amsterdam, la title track o nella finale In un mondo che vi giuro esploderà. L’inferno dopo la Domenica non è un disco immediato, è un album piuttosto meditativo dove parole e musica acquisiscono un significato importante e dove tutto il resto sembra non avere peso. 


Alfabeto Runico – Alfabeto Runico (Apogeo Records)

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Archi che si intrecciano a creare melodie di fondo che incontrano una voce suadente e importante capace di condurci nei mari interiori che scaviamo giorno dopo giorno, volta per volta alla ricerca di un’attesa che sembra contemplare bellezza ad ogni latitudine. Quello degli Alfabeto Runico è un progetto in divenire molto particolare, un trio dove contrabbasso e archetto sfiorato e altre volte dirompente e deflagrante si incontra con la leggera inquietudine di una viola e di un violino a formare canzoni che parlano di tradizione e nel contempo parlano di modernità, di ciò che ci gira attorno e di tutto quello che vorremmo desiderare ancora. E’ inutile dire che la bravura dei tre è punto principale e fondante dell’intero disco, ma non dobbiamo tralasciare la capacità del gruppo di trovare una via di fuga dalle produzioni odierne con classe ed eleganza, con originalità e con un desiderio sempre nuovo di stupire e far innamorare l’ascoltatore attento all’evoluzione del suono. 


Andy K Leland – Happy Daze (Mattonella Records)

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Abbracci lontani su laghi alpini che intersecano sul far della sera i nostri sogni insperati in un’intensa visione di nuvole e sereno a ricoprire di vita ciò che sembrava perduto. Il progetto solista di Andrea Marcellini, già My Cruel Goro, si affaccia sul parapetto del cantautorato solitario incasellando le visioni di Nick Drake, Damien Rice, Elliot Smith in un condensato concentrico di sei pezzi in puro stile lo-fi decompresso e pronto a stupire attimo su attimo. Sono anime che si fondono quelle di Andy K Leland, immagini pure e a tratti ruvide di vita a raccontare e a raccontarsi in un sodalizio con il mondo esterno, con la natura che accarezza e accompagna il nostro essere verso un nuovo giorno. L’omogeneità di fondo si percepisce in tutte le canzoni proposte e questo Happy Daze ha il sapore delle cose migliori pronte ad intensificarsi quando meno te lo aspetti, pronte a risplendere di luce nei boschi che risiedono dentro di noi. Visioni d’insieme quindi per il nostro, paesaggi dipinti per un’introspezione che abbraccia la bellezza nel suo punto più alto.


 

Paola Rossato – Facile (Autoproduzione)

Arte per l’arte che non segue le mode contemporanee, ma segue un percorso preciso e sedimentato nel tempo alla ricerca di un suono, alla ricerca di parole che trasformano la quotidianità in un qualcosa su cui sorridere, in un qualcosa che ci sfiora da vicini e che rende la proposta d’insieme un punto fondamentale di contatto e di simbiosi con l’ascoltatore raccontando di avvenimenti che sono e che restano all’interno di noi e analizzano con ironia contagiosa aspetti e sfaccettature della vita, coronate queste dalle gioie e dalle delusioni, dalle moltitudini attuali che parlano di persone e del nostro essere. La formula rodata di un cantautorato folkeggiante si esprime in tutte le personalissime ed eccentriche canzoni della nostra musicista in un abile gioco di chiaro scuri emozionali che incantano sin dalle prime note, con l’apripista Io e la collina, passando per la potenza di Il fiore col codice a barre, Facile, Confine per arrivare al finale con il botto di Emmi che parte introspettiva e poi quando meno te lo aspetti si apre in tutta la sua dirompente e contagiosa allegria capace di strappare un sorriso a chi ascolta. Facile è un disco che vede la luce dopo una lunga gestazione, un parto lungo cesellato a dovere che nell’attimo trascorso si rende vivido spaccato di questa nuda realtà che come viaggio si fa raccontare come fosse un libro senza fine. 


Danilo Di Florio – Il migliore dei mondi possibili (MusicForce)

Musica d’autore di una certa caratura che imprime solidità ai secondi che interferiscono e rendono dilatato il tempo durante l’ascolto di questo e altri mondi possibili in un concentrato cantautorale che trova nel pop un sodalizio mai esasperato, ma piuttosto trova punti di fuga e di interesse con la sostanza che lieve scorre nell’etere. Il migliore dei mondi possibili parla con voce immediata di materia effimera, ma anche di vicissitudini e di vita, di ambizioni profonde e di attimi frastagliati al suolo alla ricerca di un qualcosa di scomparso, di un qualcosa che sta per trovare il proprio punto di fuga laddove tutto sembra esaurirsi, tutto sembra morire inevitabilmente lungo i flutti della nostra coscienza. Danilo Di Florio tira fuori dal cilindro un terzo disco che nella sua naturalezza composita imprime alla registrazione una visione d’insieme che già si evince dalla title track passando per Corri già, Il mio tempo, Un’abitudine, arrivando a Dal mare per una conclusione che diventa essa stessa inizio attraverso visioni temporali di un mondo nascosto e da scoprire.

Rigo – Cash Machine (New Model Label)

album Cash Machine - Rigo

Country incasellato nella forma e nella sostanza nel creare strutture cantautorali in una simbiosi alternativa e incisiva grazie ad una calma di fondo apparente che accomoda e colora, scalda e ripara in uno stile rodato e di certo pieno di quella sottile sostanza di cui sono fatti i sogni vanificati dal tempo che passa. Rigo ritorna con un album davvero interessante, un disco che vede gli amici di sempre coadiuvare un lavoro pieno di spirito americano senza però imitare nessuno, ma prendendo piuttosto spunto dalla lezione di mostri sacri come Dylan, Tom Waits, le atmosfere dei Velvet Underground e qualcosa di Johnny Cash per una prova dal sapore d’altri tempi, quasi anacronistica, capace di giocare di molto con le sovrapposizioni sonore presenti e con i cambi di registro proposti e inglobanti una società dove la mercificazione imperante fa da sfondo alle liriche narranti. Cash Machine racconta un senso di appartenenza e nel contempo ne dimostra i vizi grazie ad un’introspezione che fa di Rigo un portatore sano di radici globali pronte a schierarsi sempre e comunque dalla parte che conta.

Giancarlo Frigieri – La prima cosa che ti viene in mente (New Model Label)

La prima cosa che mi viene in mente è un paesaggio verde Irlanda che brulica di prati e di sassi posti a confine di un mondo in lontananza, un mondo in dissolvenza, ma che rimane appeso al filo della luce, al filo del colore che qualsiasi poeta di strada sa raccontare, conoscere e sostenere, un filo indissolubile con il nostro passato, con le nostre storie e con i quadri dell’anima che dipingiamo giorno dopo giorno. Per descrivere il nuovo album di Giancarlo Frigieri, l’ottavo per l’esattezza,  non servono molte parole, il cantautore si approccia con il suo stile dimesso, ma ribelle e fedele in parte ad una linea che lo ha visto sempre outsider convinto, convinto che tutta la sua condizione umana sia essenziale per esprimere al meglio, attraverso canzoni, stati d’animo di indubbio valore e che in qualche modo ci riguardano tutti da vicino. Canzoni come la rockeggiante apertura di Sei tu traggono in inganno un disco alquanto colorato che passa con facilità dalle sperimentazioni di Triveneta alla dolcezza di pezzi come Vela o il Gallo senza rinunciare, ma piuttosto concedendosi illimitatamente alla musica. La prima cosa che ti viene in mente è un disco attuale, un album che ti sfiora lentamente e che grazie alla voce in primo piano di Giancarlo Frigieri dona senso alla parte di nulla della nostra vita.

Nico Gulino – Meglio morire d’amore (Seahorse Recordings)

La senti da lontano la spuma del mare infrangersi sugli scogli accarezzata dal vento, la senti che sprigiona gli attimi di un ricordo che non esiste o che magari non c’è più, intrappolato in un bisogno di appartenenza con il mondo circostante che riempie il nostro essere per ritrovarsi poi diversi e imbrigliati in un qualcosa a cui non siamo capaci di dare un nome, ma che ci tocca da vicino, ci rende vivi, liberi. Meglio morire d’amore è un disco che nella sua orecchiabilità d’esordio ricorda per certi versi le malinconie di Sergio Cammariere, la prosa di De André e gli attimi vissuti tra commistioni di generi che mescolano ska, swing e tango in un’esigenza naturale e necessaria di entrare in comunione con chi ascolta e soprattutto con la bellezza che non si accontenta di rime facili e ammiccanti, ma trova nello scavare a fondo dei sentimenti una propria apertura che si completa e si dissolve come brezza mattutina. La title track è pura poesia, ma non possiamo dimenticare la canzone d’apertura A volte gli occhi, piccolo capolavoro sonoro che permette all’ascoltatore di assaggiare i paesaggi che campeggiano nell’intero album. Si scorre poi con Il mondo fuori o nulla si muove per poi chiudere il cerchio con La tua poesia. Meglio morire d’amore è un disco di cantautorato completo capace di segnare indelebilmente una strada, un percorso, un romanticismo ritrovato che si fa largo in modo incisivo tra le produzioni odierne.

Bkpr – Y (Autoproduzione)

album Y - bkpr

Disco riverso al suolo che ti fa sentire il bisogno di tornare a casa e fare pace con i propri sentimenti e le proprie inquietudini assaporando ciò che di decente resta da vivere e immagazzinando i sapori di un tempo da percepire nell’attimo appena trascorso. Quello di Bkpr è un album che di getto apre il diario intimista della propria coscienza e si deposita inequivocabilmente sui nostri ricordi migliori, una manciata di canzoni per un suono autunnale capace di scavare nella solitudine della nostra anima intraprendendo un viaggio desideroso di rivincita e di comparsa, di sostanze raccolte e di qualcosa di profondo in comunione con tutto ciò che ci circonda. Ci sono i fatti, ci sono i vissuti e ci sono anche le collaborazioni in questo insieme di pezzi da Nicola Lombardo, passando per Chino fino ad arrivare a Eleonora Zani e Vanessa Borrini a chiudere un cerchio che parla di prati e di stelle cadenti, un cerchio di foglie cadute e di vita da riconquistare, lasciandosi trasportare dal mare dei sentimenti e intraprendendo un cammino nuovo fatto di amore per quel qualcosa che non sappiamo ancora definire, ma che ci tocca da vicino. Tra cantautorato e folk il nostro Bkpr confeziona una prova home made dove i contenuti sono più importanti della forma e dove l’esigenza di mettere a nudo il proprio essere si fa linfa vitale da percepire attraverso l’intero ascolto.

Uscitanord – Il sogno occidentale (I Cuochi Music)

Dopo quattro anni di distanza dall’album Non aspettare ecco il ritorno degli Uscitanord, band abruzzese che da venti anni calca la scena del rock d’autore italiano con sperimentazioni leggere e sfiorate in bilico tra orecchiabilità in attimi e fraseggi di introspezione velata in grado di raccontare lo specchio di un’Italia e di un mondo occidentale che esiste e ci ingloba, ci consuma e annienta tra gli oppiacei del benessere e un mondo in decostruzione. A livello musicale il suono è contaminato da elementi jazz, elettronica mai sospinta e quella base di pop rock che seduce e conduce in qualche modo ad un tempo passato, a quel cantautorato fine ’70 e inizi ’80 che ricercava nella sperimentazione una nuova esigenza ed uno sbocco in evoluzione. Ballata moderna è un pezzo simbolo dell’intero disco, passando per L’eleganza della sposa o pezzi come La bugia, la verità e la bellissima title track nel finale fanno de Il sogno occidentale un disco che sa osare restando in parte nell’ordinario, un album che comunica e porta alla mente immagini di un mondo ancora da conquistare.