Elettrici quanto basta per rendere teso il cavo più alto in cui far posare uccelli in volo; un riposo che sconvolge , un riposo che riporta in vita il suono agli albori, granitico e puro, raccolto da razzi che si stagliano nel cielo e coinvolgono con una forte esplosione di rock, anche il più lontano degli ascoltatori.
Perchè di rock stiamo parlando, e questi “Bluoltremarte” lo sanno fare con una certa grinta e caparbietà che l’associazione viene quasi spontanea a gruppi della scena come “Il teatro degli orrori”, ma anche “Elettrofandango”, passando per le chitarre di “Tesio” in Catartica.
I quattro vengono dalla provincia romana, carica di quel suono grezzo, ma allo stesso tempo puro che regala distorsioni prive di virtuosismi i quali servono solamente a confondere le idee creando un genere ricco di stereotipi collettivi.
Il suono deve essere incanalato e soprattutto controllato per esplodere con vigore in simbiosi con la voce che si insinua creando un tutt’uno: testa e cuore in un unico attimo di pace.
Ecco allora che possiamo ascoltare pezzi come la bellissima “Oltremarte” passando per atmosfere post grunge in “Tragica commedia” e lasciando spazio alla rarefatta “L’ora in cui”.
Dopo la strumentale “Spomenik” il disco riparte aggressivo con il crescendo di “Vortice” e “Folkloro” e chiudendo le danze con “Ossido” che ammicca al suono dei fratelli “Ferrari” di “Solo un grande sasso”.
9 tracce, niente di più, una conquista in crescendo di sonorità usate con buon gusto e capacità narrativa, una novità che mi auguro riesca ad allargare il loro cerchio d’azione trasformando in realtà la loro capacità di essere rock all’interno di un “territorio Italia” che poi tanto rock non è.