Lenz – De Fault (Autoproduzione)

coverLenz, al secolo Damiano Lanzi, ci regala una prova intrisa di originalità a dismisura, pronta a compiacere gli amanti delle stralunate composizioni che si possono creare con delle tastiere synth e chitarre in loop infinito.

Un album che mescola il cantautorato al suono più heavy dell’industrial creando un vortice di tensione che sfocia pian piano lungo gli 11 brani che compongono questa poesia sonora.

Il post-punk cantato da Lenz è un miscuglio eterogeneo e indefinibile che raggruppa elementi particolarmente orecchiabili ad altri che ricordano il Trivo nazionale.

Una produzione lo-fi con le carte in regola per entrare nella trama di un gioiello da avere a tutti i costi e ascoltare più volte, per capirne l’intero significato celato dal vedo-non vedo.

In questo disco si racconta, anche con ironia, di una presenza incostante che divora lo stesso cantautore, che poi con naturalezza rinasce indossando abiti nuovi e chiamando a se numerosi ospiti-amici a suonare gli strumenti più inusuali; strumenti come il mandolino napoletano o i samples cinematografici.

Dal vivo il giovane si presenta in versione “one man band” dove ad accompagnarlo è una batteria elettronica e un basso a otto corde con annessi pedali ed effetti.

Un’ondata quindi di “New wave” accarezza le corde di queste canzoni, lasciando polvere di stelle al proprio passaggio, come in pezzi quali “EVP”  o la Pumpkiana “High tide” mentre i toni si fanno solenni nella efficace “The salesman” o nella imprevedibile e più rock and roll “Lash”.

Un inno al buon gusto questo “De Fault”, che si differenzia dalle altre produzioni italiche per la componente originale e onirica che caratterizza l’intero album.

Una prova ricca di spunti sottolineata dalla capacità nel mescolare suoni, ritmi e occasioni.

Perché qui di occasioni parliamo e Lenz, l’occasione, se l’è giocata bene.