My Mystakes – Campbell road (Autoproduzione)

I  My mystakes portano a casa una bella prova.

La portano a casa con coraggio e voglia di andare avanti; dopo i giorni spesi a far cover di Oasis e Coldplay si concentrano su di una stesura più diretta, immediata con chitarre distorte a far tremare tappeti sonori di incisioni legate alla strada, ai sassi, al suolo che viene calpestato.

Una prova senza mezze misure, registrata nella “lontana” Inghilterra, ammiccando a quel suono brit che lega Blur a Travis passando per The Verve e i Radiohead di Pablo honey.

Nove canzoni che si fanno ascoltare tutte d’un fiato, tra strutture non del tutto originali, ma che sfiorano un disco ben pensato con i cori che lasciano all’immaginazione e la poetica impalcatura nel girovagare intona ballate da ricordo come “I feel” struggente quanto basta per passare a “No way” dalle atmosfere piovose e di acqua che si lascia ad assoli conturbanti.

Evocativa inoltre nel finale “We can afford life”, con le parole  “noi non possiamo vederti” si chiude un album che porta la band a sognare mete luminose.

Un disco ben curato e puntuale dove i dettagli sono parte fondamentale di un tutto in piena evoluzione; nell’attesa che le loro speranze si trasformino in realtà, consiglio una maggiore capacità di osare, questo li porterà sicuramente, in modo più semplice, ai risultati sperati.

Adam Carpet – Adam Carpet (Rude Records)

Ad un anno dall’uscita discografica solo in digitale della loro prima fatica, gli Adam Carpet ripropongono il loro progetto aggiungendo due piccole perle al già prezioso e notevole album d’esordio.

“Dreamcity”, brano dei Frigidaire Tango, riarrangiato e rivestito di nuova pelle per il loro tributo e “Future Teen” Idol inedito che spazia su suoni lisergici e siderali.

Gli Adam Carpet, band milanese di post rock d’avanguardia, aggiungereio io, è sempre alla ricerca di sperimentazioni che spaziano dal campo elettronico a quello delle percussioni, ricordiamo che la band nel loro set comprende la presenza di due batteristi e due bassi elettrici il tutto intercalato da una chitarra e dai synth, per creare quel suono denso di vortici intergalattici dove perdersi dentro a sensazioni inaspettate.

Privi di qualsiasi punto di riferimento, o meglio, portando con sè una forte dose di originalità, prendono tutto ciò che di meglio esiste nella scena strumentale e non, vedi alla voce Mogwai, Sigur Ros, Mars volta, ma anche Massimo Volume, GCCGF e l’ultimo Joy cut, per condensarla in cambi di tempo, di ritmi repentini, intervallati da momenti di aurea complicità dove lo sfondo non è mai fisso, ma è in continua trasformazione all’incedere dei secondi che si sovrappongono alle tracce del cd.

Un disco da ascoltare tutto d’un fiato per capire la meraviglia sonora che può nascondersi dietro a “Carpet”, “Carlabruni?” o nella immensa “Baby Year” senza tralasciare l’ottimo inedito che dona spettacolo ad ogni ascolto.

Densi, privi di confine e aperti a tutto, gli Adam Carpet segnano un territorio preciso dove compiere le proprie ambizioni sonore queste tendenti nel quotidiano all’infinito in divenire.