Ropsten – Eerie (Seahorse Recordings)

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Viaggio cosmico e sonoro nelle introspezioni dell’anima, nei risultati evidenti di un fallimento contemporaneo qui racchiusi attraverso una musica strumentale delineata nel ricreare forme concentriche e lisergiche in una sostanziale ricerca che nel kraut rock e nel post rock d’annata imperversa di rimandi e di suoni psichedelici pronti a stupire e a regalare spazi di bisogni unici ed essenziali, bisogni che si fanno percepibili ascoltando questo lavoro stratificato e osservato con il cannocchiale intenzionale di un tempo che non c’è più. Eerie è uno stato d’animo come dicono i nostri, è un labile confine tra sogno e realtà, tra materia umana e macchina in ossimori in bilico con la nostra modernità, con il nostro stato apparente ed essenziale, tra le cose del momento e quelle che in qualche modo potremo scoprire nel futuro. I Ropsten ci regalano una prova d’insieme che ha del magico, una prova che risorge dalle tenebre, un disco che porta con sé lo zampino di Tommaso Mantelli capace di registrare un fermo immagine, uno stato apparente delle cose che colpisce al primo ascolto. 


A Violet Pine – Girl (Seahorse Recording)

Alchimia pura ricondotta al fascino post rock e trip hop, essenziale quanto basta per ingannare l’ascoltatore e uscendo da stereotipi che ad un primo ascolto li potrebbero paragonare a Thom Yorke e co. e ad Air su tutti.

Ricchi di melodie ultraterrene invece i Violet Pine, a dispetto di una copertina provocatoria, si lasciano andare alle morbidezze dell’elettronica, un’elettronica qui che si fa preponderante su tutte le scelte stilistiche a parte qualche traccia, più intimista e condizionata da suoni più acustici.

Un disco ricco di vibrazioni e soprattutto d’atmosfera che regala un incedere sincopato che corteggia e racchiude dei piccoli diamanti quasi colpevoli di possedere una bellezza sfavillante.

Ascoltate l’iniziale Pathetic tanto per credere o la scintilla sonora in Even if it rains, passando per le sospensioni sonore di Family o di 25 mg of happiness.

Arrivano poi le suadenti ballate Sam e Fragile a sancire una fine sincera e costruita, quasi irreale, con Pop song for nice people.

Dentro al mare si rialzano corpi pronti a ripartire dopo lunghi affanni, quasi un’esperienza onirica che Nolan vorrebbe raccontare, al momento ci accontentiamo di musica per le nostre orecchie che si fa viva più che mai nel trascorrere del tempo.

Il mercato nero – Società drastica (SeahorseRecordings)

Un rap che si trasforma in musica Indiepoprock.

Qual è la formula alchemica di tutto questo? Qual è questa capacità di mettere in rima parole con basi musicali che non sono loopate, ma suonate in modo perfetto con strumenti “comuni” e l’aggiunta si sintetizzatori?

Il mercato nero, al loro primo disco, mette assieme frasi condite con un velo d’ironia scalciata dalla drasticità della vita, una vita non fatta nella strada, ma per la strada, una vita che risucchia il tutto che viene rielaborato grazie all’utilizzo del vintage anche nel generare suono.

Ecco allora che il vecchio incontra il nuovo, il nuovo che non è sempre positivo, non è sempre portatore di sani principi e il “Mercato nero” lo sa bene in quanto in questa loro  “Società drastica” il tema, il senso del disco si evince già in “Esche vive”: presagio di un mondo corrotto, avido e utile nella sua inutilità.

Si snocciolano bene poi gli altri brani, a rimarcare in modo ancora più netto le parti che siamo in qualche modo obbligati a recitare, fanno fede pezzi come “Tossico”, “Demoni” e “Inferno”.

Il tutto suona come una fotografia che cola colore, che si lascia sporcare attingendo dalla voracità dell’abisso una linfa nuova per emergere dai sobborghi industriali, un bianco candore a denunciare i pericoli del mondo moderno, una poesia in rima quindi che scalcia con gran classe gli stereotipi quotidiani.

 

The Crystal Session – The Crystal Session (Seahorse Recording)

Immergersi nelle ombre paradisiache di un’eclissi che si sta per svelare.

Un attimo di luce coperta dalle vanità appese ad uno specchio per sempre o quasi.

Una ricerca attenta e soddisfacente alla cura elettronica che trasmette caparbie trasformazioni degne di catenelle acquose che ti penetrano per non lasciarti mai, per non lasciarti sperare, per non lasciarti uscire da quel sogno voluto e prolungato, sottostimato e poco gentile qual’è il sogno della vita.

I “The Crystal Session” sanno aprire nuovi confini, far nascere atmosfera lontana dal tempo, ma vicina al cuore, con una musica che si inabissa nell’animo più nero per regalare attimi di luce sotterranea, arricchita da stranezze strumentali e impreziosita da un’evocativa perla vocale.

Marinella Dipalma e Francesco De Palma giocano a interpretare una sorta di Radiohead, legata da un filo sottile con Air e con la scena più sotterranea di Cocteau Twins.

Un gioco meraviglioso che incanta grazie a pezzi come “Hyperion” e “Narcolepshymn” passando per “Raven” e la miracolosa nordica “Opalescent”.

Un disco composto magistralmente e suonato altrettanto magistralmente che sottolinea la maturità di questo duo che tutti potrebbero invidiarci.

Grande prova questa: un passaggio dalle tenebre alla luce, un ricordo di un passato attraverso un fantasma opalescente.