Nosexfor -Nosexfor (Autoproduzione)

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Incontrollata voracità da Vicenza per un duo aggressivo e significativo capace di abbattere i muri della quotidianità in un sodalizio profondo con la potenza espressiva del rock degli ultimi anni. Sporcato dal blues questo stoner ambisce ad occupare un posto in prima fila nelle produzioni di genere di questi tempi, osservando attentamente la realtà e trasformandola in un qualcosa da manipolare a proprio piacimento in tessuti colorati che inaspettatamente lasciano un segno incisivo nel proprio cammino. Il singolone Pensavo fosse ok raggiunge cinquantamila visualizzazioni sul tubo e per qualità intrinseca le altre canzoni proposte non sembrano da meno. Severo Cardone e Davide Tonin regalano una prova che ha un sapore internazionale anche se cantata in italiano, una prova davvero esaltante e coinvolgente dove il passato sembra vibrare lontano come un vortice che non controlliamo, come un uragano di potente musica essenziale. 


-LIBRI ILLUSTRATI – Francesca Dafne Vignaga – Igor (Edizioni Corsare)

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Titolo: Igor

Autori: Francesca Vignaga

Casa Editrice: Edizioni Corsare

Caratteristiche: 24×24 cm., cartonato, pag.36

Prezzo: 18,00 €

ISBN: 9788899136352

Partire senza sapere nulla della propria vita se non il proprio nome,  una particella elementare di un qualcosa di più grande, di più profondo, un qualcosa che parte dal di dentro e ci fa comprendere quanto sia necessario il viaggio, la scoperta dell’amicizia, il volere entrare nella vita degli altri senza coordinate geografiche, senza cartine o bussole ad indicare la via, ma piuttosto seguendo l’istinto, seguendo un’ispirazione concentrica che rassicura partendo dal cervello e arrivando giù, fino in fondo al cuore.

Igor è una creatura fantastica, un piccolo animale peloso che diventa esploratore, un esploratore di se stesso che un giorno decide di partire per andare lontano in cerca di amici. Grazie ai suoi grandi occhi dolci e sornionamente allegri tenta di recuperare mondi sognanti cercando di conquistarli in punta di piedi e catapultando il suo essere oltre al mare immaginato di parole dove i paesaggi pittorici sono sfondi essenziali per figure centrali come le farfalle, i pipistrelli, gli uccelli. Igor in cerca di una famiglia, della propria identità, incontrerà una misteriosa creatura con cui passerà del tempo vero, ma che non sarà abbastanza per la conquista della sua intrinseca libertà.

La vicentina Francesca Dafne Vignaga disegna e caratterizza un personaggio indimenticabile questo grazie alla giusta connotazione dei tratti somatici di Igor e grazie anche alla tenerezza esteriore espressa nelle movenze e nei gesti del nostro protagonista; la raffinatezza delle illustrazioni poi rimandano inevitabilmente a lavori precedenti o a figure già utilizzate nell’immaginario dell’illustratrice come i pesci rossi o i gufi consegnando al lettore un illustrato d’autore da custodire gelosamente, un libro di tavole colorate che lasciano spazio alla fantasia e che in qualche modo ci conducono a riscoprire al nostro interno desideri inespressi di mondi lontani da raggiungere.

Edizioni Corsare, piccola casa editrice di libri cesellati, curati nei più piccoli particolari, pubblica un libro immediato, veloce, ma che non ci lascerà facilmente. Un insieme di parole e disegni che ad ogni lettura si faranno veicolo per nuove avventure imbrigliate queste nel profumo e nel sapore del tempo che passa mentre noi saremo qui a chiederci che cosa ne sarà di Igor, quali viaggi dovrà affrontare per completare il suo venire al mondo, per completare la sua parte mancante, il suo essere unico tra le verdi foglie di una natura amica.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.edizionicorsare.it/igor.html

The Blue Giants – Flamingo Business (Autoproduzione)

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Puro Rock’n’roll dalla provincia di Vicenza in sodalizi con una musica ammiccante al passato che trova in questa modernità un punto di svolta o forse una pure e semplice ricerca delle origini che diventa contrappunto sonoro per questa ed altre soddisfazioni. Dai Ten years after fino ai Led Zeppelin i nostri non fanno dell’originalità un’arma vincente, ma piuttosto ricercano egregiamente una purezza di suoni dimenticati che nell’immediatezza e nell’urgenza trovano un forte impatto emozionale capace di scardinare e rendere attiva quella parte dormiente del nostro cervello. Flamingo Business è un album di puro rock di qualche decade fa, un album grandemente suonato, una prova artistica che se solo in futuro riuscisse ad osare di più permetterebbe ai nostri di guadagnare posizioni nel panorama di genere della musica italiana. Questo resta comunque un disco composito, dove le architetture non sono di certo banali e dove la speranza di compiere una rivoluzione ha gettato le basi in questa manciata di canzoni sovrapposte e dannatamente vissute. 


-LIVE REPORT- Edda – Graziosa utopia tour – 03/11/17 – CSC San Vito di Leguzzano (VI)

A due passi da casa eppure è da una vita che non ci vado il CSC di San Vito di Leguzzano si propone di essere sempre un passo in più e all’avanguardia su progetti, suoni e musiche catalizzate e provenienti da qualsivoglia angolo del mondo. Un’occasione per tornarci, un’occasione per vedere i cambiamenti e ascoltare in questo angolo sperduto dell’Alto vicentino della musica d’autore essenziale, raffinata e importante.

Edda non ha bisogno di molte presentazioni, dopo sei album con i Ritmo Tribale e quattro da solista è qui per presentarci i pezzi che compongono quella bellezza inarrivabile di Graziosa Utopia, quinto disco in studio del cantautore milanese conosciuto ai più per quel cantato tanto particolare quanto incisivo e capace di rappresentare al meglio un tipo di poetica di certo non ermetica, ma immediata e senza fronzoli che accosta parole non sense con velata introspezione che si fa desiderio di conoscenza, vanificando l’attesa e mettendo al centro, spesso, il tema della sessualità sincera, il lato femminile più vero, senza la paura di dimostrare un senso di appartenenza con il proprio essere che fa grande un artista oltre ogni luogo e soprattutto oltre ogni aspettativa.

Si suona tardi purtroppo, fuori dagli orari previsti e questa è un po’ una pecca che hanno la stragrande maggioranza dei locali di musica live in Italia, se ci fosse la possibilità di ascoltare musica ad orari decenti finito il concerto il pubblico potrebbe decidere se andare o restare vista, come in questo caso, la rivoluzione interna del CSC che permette di sedersi comodamente nei tavolini del baretto per sorseggiare e chiacchierare.

Ad aprire il concerto gli Zagreb, già recensiti anche su queste pagine, con un set davvero tirato ed energico, tra Ministri, FASK e Majakovich per canzoni che scorrono alla velocità della luce e si stampano tra le pareti della stanza e le orecchie degli ascoltatori, bravi davvero.

Con Edda sopra al palco le canzoni scendono a meraviglia, si aprono a dovere rispetto alla versione ufficiale e la potenza sonora è ben calibrata per dare al tutto l’idea di un salotto domestico amplificato eccezionalmente. Gli arrangiamenti, come nel disco, sono un qualcosa di inaspettato e vitale, merito dei musicisti che sapientemente creano architetture sonore che si inerpicano fino a conglobare nelle bizzarrie vocali del nostro, si citano i Radiohead giustamente tra arpeggi chitarristici di In Rainbows per passare ai pianoforti di Kid A, anche se il tutto prende spesso risvolti punk anarchici e liberatori. Vicine sentiamo inoltre le parole del cantautore capace di depositare nell’aria frammenti di emozioni che il pubblico presente sa percepire e portare con sé nel luogo più lontano o vicino che ama. Pezzi come Spaziale, Signora, Zigulì, Il santo e il capriolo d’apertura sono tra i momenti più incisivi di una ricerca artistica difficile da spiegare a parole e sempre intessuta di quella viscerale essenza che fa preziosa ogni singola nota e fa trasparire di onestà i numerosi inframezzi parlati riconducibili ad una passione che si fa narrazione di vita vera.

Edda si conferma come uno dei cantautori più talentuosi e tangibili della nostra penisola, un musicista dotato di una poetica astratta e nel contempo reale, accompagnato da una semplicità disarmante che lo rende grande e unico nella sua interiore timidezza. Sul palco sembra di vedere un personaggio felliniano o ancora meglio un Ligabue pittore che imbraccia una Stratocaster nera pronto a riempire di colori naif le strade che ci inglobano dal di fuori.  All’anagrafe Stefano Rampoldi nel suo essere costantemente alle prese con i propri demoni interiori è riuscito anche questa volta a regalarci in musica stati d’animo specchiati nella vita quotidiana, raccontando ciò che ci ferisce, ciò che ci fa paura, ciò che ci consuma dentro, ma soprattutto ciò che ci rende liberi di amare di nuovo.

 

 

 

Metropol Parasol – Farabola (Autoproduzione)

Disco variegato che parte con il botto attraverso il distorsore acceso di una chitarra impazzita per disegnare a passi sicuri parabole di elettronica e musica d’atmosfera che intercorrono tra le nostre vene e rendono l’attesa una significativa essenzialità di fondo che raggruppa e intensifica questioni musicali e non lascia scampo tanto la proposta è variegata e inusuale. Sono in tre, vengono da Viareggio e il loro rock, il rock dei Metropol Parasol è intriso di testi criptici e introspettivi che lasciano al velato citazionismo un punto di sfogo  eclettico e riuscito nell’entrare in punta di piedi in universi fatti di bellezza da respirare nell’intera concezione di questo Farabola, nome di un fosso, acqua che irrompe, quiete che disturba e accende facoltà mentali che ci fanno vedere da vicino un suono che mescola l’importanza degli anni ’90 con tutto quello che nell’indietronica attuale percepisce le difficoltà di un tempo, l’importanza del richiamo. Farabola è un disco in parte complesso e in parte immediato che merita più ascolti per essere assimilato a dovere, un disco che nella sua accezione pop rende l’idea di un multistrato credere senza fine.

Fago – Allotropo (Autoproduzione)

Incanalare lo spazio negli abissi della nostra anima, contorcendo suoni e parole d’espressione, potenza assoluta contro il nulla in un viaggio nel buio più totale e incatenante, un viaggio in perenne stato di allucinazione dove lo screamo incrocia il metal e la pesantezza luccicante che ci porta a vedere una nuova luce oltre l’oscurità, oltre il tutto, oltre il vuoto. Quella dei vicentini Fago è una prova piena di atmosfere e di sensazioni legate alla sostanza che si trasforma dentro di noi, senza lasciarci respirare, contando i passi fino alla prossima boccata d’aria e intingendo convinzioni in qualcosa che forse mai più accadrà. La band di Vicenza estrapola dal cilindro un disco composito e non lineare fatto di sogni infranti e frammenti di terra che esplodono al suolo senza un domani, come se tutto quello che eravamo sicuri di avere, da un momento all’altro ci fosse stato portato via, per sempre.

-LIVE REPORT- Perturbazione/Nove metri quadri tour – Parole a confine/Caltrano(VI) – 01/04/17

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Dalle mie parti il Festival Parole a Confine è sempre e comunque sinonimo di qualità vuoi per le proposte passate vuoi per la ricerca che non si ferma alle apparenze cercando sempre di rimanere su quel filo che si muove suadente tra indie e non in nome della buona musica che anche quest’anno caratterizza la rassegna culturale in questione.

Di cultura stiamo parlando, parola che nel vicentino e immagino nella provincia italiana, generalmente viene associata alla sagra paesana e alla difesa delle tradizioni, ma che in questo caso si stacca prepotentemente dalle consuetudini per dare vita ad una serie di eventi che inglobano un pensiero condiviso e di ampio respiro, necessario questo ad aprire le nostre porte a qualcosa di diverso e nel contempo essenziale.

Cultura è un po’ come ritornare alle abitudini domestiche, quelle di tutti i giorni, quando apri il frigorifero per prenderti qualcosa, accendi la luce per leggere meglio, guardi un film o strimpelli con il tuo strumento, è la dimensione domestica quella che fa la differenza, quella che trasforma un monolocale ai confini con la realtà in un’essenzialità magica e riempita per l’occasione di storie, di emozioni e di gratitudine per il tempo passato e per quello a venire tra ciò che ci siamo lasciati alle spalle e tutto quello che deve ancora succedere.

Ecco allora i Perturbazione, band di Rivoli, provincia di Torino che per l’occasione è ospite in quel di Caltrano, provincia di Vicenza, a portare sul palco la ventennale carriera e l’ultima fatica Le storie che ci raccontiamo, primo disco in quattro dopo l’uscita degli storici Gigi Giancursi e Elena Diana, un album in parte immediato e diretto, dal suono corposo, dove l’orecchiabilità di fondo rientra nella dimensione della band pur mantenendo una profondità da concept citando il regista indiano Shekhar Kapur e il suo discorso sul nostro essere le storie che ci raccontiamo: potenzialità che definiscono la nostra esistenza.

Quello di Caltrano però è un concerto intimo, sentito e vissuto, le canzoni scorrono intensificando la sintonia dei quattro nella loro stanza, nella loro sala prove che per l’occasione diventa un palco, un palco per raccontarsi. Dieci anni dopo apre il tutto per poi proseguire con le riuscitissime Leggere parole, Primo, Del Nostro tempo rubato tra le altre e poi ancora a caricare con la sanremese L’unica per lasciare spazio alla poesia senza tempo di Agosto e di Per te che non ho conosciuto fino al finale con la sorpresa popolare veneta Nina di Gualtiero Bertelli e il cuore aperto di I complicati pretesti del come.

Stupisce l’attenzione del pubblico in sala, stupiscono gli applausi provenienti dalle tante orecchie pensanti presenti. I Perturbazione continuano ad essere il perfetto equilibrio tra canzone pop e poesia in musica, merito di Cristiano, Alex e Rossano, merito di Tommaso, cantante della band che riesce a farti entrare nella canzone che starai per ascoltare, dando significato alle parole, ai testi, esprimendo un’introspezione malinconica e nel contempo generosa che alla fine porta con sé, ricordando il citato Morrissey, una luce che non si spegnerà mai.

Testo: Marco Zordan

Foto: Riccardo Panozzo

Setlist:

  1. Dieci anni dopo
  2. Dipende da te
  3. I baci vietati
  4. Leggere parole
  5. Battiti per minuto
  6. Cinico
  7. Primo
  8. Del nostro tempo rubato
  9. Trentenni
  10. Portami via di qua, sto male
  11. Ti aspettavo già
  12. L’unica
  13. Buongiorno buonafortuna
  14. Agosto
  15. Nel mio scrigno
  16. Per te che non ho conosciuto
  17. Encore: Nina
  18. Le storie che ci raccontiamo
  19. Encore 2: I complicati pretesti del come

Virtual time – Long distance (IRMA Records)

Suoni di una eco lontana che richiamano i fasti di una musica rock dura e pura che non esiste più, calcando palchi polverosi con addosso camicie sbottonate e rilievo di paesaggi suburbani dove l’energia si trasforma in speranza e dove le note distorte regalano emozioni atemporali e cariche di spessore a riportarci con una DeLorean proprio all’epoca dei Led Zeppelin dove capacità canora e virtuosismi strumentali erano il marchio di fabbrica per una musica che non ricercava le mezze misure, ma colpiva sapientemente al centro di quell’isola chiamata cuore. I Virtual Time sanno rimescolare alla perfezione le carte di un tempo che non c’è più, lo fanno egregiamente, con la capacità di chi ha nell’animo una grinta pronta ad esplodere in ogni situazione, una grinta che si esprime nella bellezza di canzoni riuscite che aprono a concentriche fughe verso l’orizzonte che abbiamo di fronte, accarezzando Jack White e mescolando una formula davvero originale nonostante il già sentito, per virtuosismi moderni che sanno e che conoscono i punti essenziali dove colpire.

Mistonocivo – Superego (VREC)

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I Mistonocivo dopo una vita sono tornati, sono tornati dopo sette anni da quel Zerougualeinfinito uscito per Halidon e li ritroviamo maturi, coesi e sinceri, tra orpelli elettronici di genere che ben si sposano con la forma canzone impressa in parole lucide capaci di parlare a noi e al nostro tempo in un’introspezione definita e notevole capace di assalire in scatti fulminei di rabbia compressa per tornare a farsi cullare portata via dalla corrente. Un disco che porta con sé il sapore delle cose migliori questo, un album che non è pura e semplice foga e urgenza di dichiarare, di dire, ma è piuttosto un excursus interiore che si abbandona a stati d’animo penetranti e coinvolti, tra l’abbandonato e il ritrovato, scavando nell’interiorità di band come Radiohead e Muse degli esordi quelli di Showbiz e Origin of Simmetry per internderci, accostando l’alienazione alla paura di morire, il bisogno di uscire dal labirinto della ragione e la costante ricerca di sopravvivere in questo mondo sempre più autoreferenziale. Da Arpa, il super singolo, passando per la bellezza di Anima fino al gran finale di Circofante i Mistonocivo sono e saranno sempre sinonimo di qualità guadagnata e incisa.

Nova sui prati notturni – Non Expedit (Dischi Obliqui)

C’è della luce in questo disco e le sovrapposizioni sonore che ne derivano conquistano al primo ascolto concentrando una poesia domestica che riabbraccia il senso più profondo della parola casa in attimi di introspezione che accolgono, accarezzano e nel contempo decisi annientano e distruggono come fiume in piena per poi tornare alla calma e alla leggera consolazione del momento.

Il nuovo disco dei Nova sui prati notturni trasmette calore, nonostante i colori freddi di copertina, un calore che si evince da un packaging essenziale, ma nel contempo originale, dove la componente artigianale vince su qualsivoglia forma usuale e commerciale, un album che scalda con una formula in divenire che in parte abbandona le sonorità passate lasciando molto alle parole  la spiegazione di concetti e il fulcro di un progetto importante quanto coraggioso che investe il quartetto vicentino ormai da alcuni anni, quello stesso progetto che ora si trasforma seguendo in qualche modo i cambiamenti interiori, gli stati d’animo e le concezioni di una modernità che proprio in questa band assume un concetto anacronistico, fuori dal tempo.

Suoni che si fanno materia per composizioni che vivono di vita propria, poesie di sentimenti e natura che si intrecciano a code post rock di rara bellezza e autenticità tra episodi connotati da un forte impatto emotivo come A casa e Tiresia, passando per le deflagrazioni di Plastic Sun Rising e Non Expedit e il cantato di Duane Berry tra forme aliene e citazioni che vanno oltre un pensiero condiviso; una formula impattante che alterna, soprattutto in chiave live, la calma e la tempesta dei Marlene Kuntz di Senza Peso e la discografia concentrata di band come Mogwai e Godspeed you!Black Emperor per un nuovo inizio forse o piuttosto una continuazione nel creare forme musicali e strutture sempre nuove lontane dalle consuetudini del mercato e puntando sul fatto che forse la qualità alla fin fine conviene sempre.