Nova sui prati notturni – Quante stelle (Lizard Records)

Nova Sui Prati Notturni

Visioni siderali amplificano le sensazioni strumentali di una band rodata e capace, da sempre, di scrivere emozioni figurate all’interno di un vortice di pregevole fattura che dimentica le mode e trova una propria corrente espressiva nell’intricato universo della musica italiana. Tornano i vicentini Nova sui prati notturni con una prova che profuma di rinascita e nel contempo capace di descrivere sensazioni e atmosfere all’interno di un cortometraggio fatto di immagini espressive che racconta di un viaggio vissuto e interiorizzato dall’artista visivo Pietro Scarso e da Giovanna Carlotto. Un viaggio allucinato e allucinante che corrode in modo viscerale frammentando attimi che si fanno ricerca verso un mare calmo prima del ritorno, prima della sera. Sono cinque brani a comporre concentrazioni neuronali che dimenticano e tralasciano il presente per proiettare l’ascoltare in una nuova realtà costruita e dilatata. Cinque pezzi tra l’etereo e l’impetuoso a segnare, ancora una volta, la bravura di una band che ha fatto della qualità il proprio marchio di fabbrica.


Nova sui prati notturni – Nova sui prati notturni (Dischi obliqui)

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Visioni materiali approfondiscono il divenire con atmosfere ed elucubrazioni immaginifiche che amplificano la visione d’insieme e accennano ad aperture mistiche a tratti inconfondibili. Il nuovo dei Nova sui prati notturni è un ritorno in grande stile perché sa compiere voli pindarici nell’oceano cielo intensificando momenti di assoluta introspezione e di miraggi da scorgere nella ridondanza del gesto, nella ridondanza delle parole in un loop continuo disturbante e ammaliante. La band vicentina, fuori da qualsivoglia classificazione modaiola, ci permette di entrare, come sempre, in un mondo decostruito. Il settimo album per dischi obliqui raccoglie dieci brani. Sette inediti e tre ripresi e riveduti dal passato. Nelle loro canzoni ci troviamo echi di Gatto ciliegia contro il grande freddo, CSI, Low, Tortoise in un mix però che sa raccogliere le differenze per farle esplodere in un bisogno sempre nuovo di ricomporre voci, immagini, momenti che non torneranno più. I Nova sui prati notturni si confermano pionieri poco conosciuti, ahimè, di uno stile davvero esaltante e nel contempo meditativo. Un album completo che riassume le potenzialità di una band davvero sorprendente.


Nova sui prati notturni – Last ride (Autoproduzione)

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Viaggio tra il disincanto e i rottami ambulanti e ferrosi di questa nostra civiltà che gira alla velocità della luce dilatando atmosfere e concentrazioni di bellezza che passano in secondo piano, ricostruendo ad arte visioni d’insieme che vale la pena assaporare ancora. Il nuovo dei Nova sui prati notturni esce sotto forma di blog e vede la collaborazione con Pietro Scarso attraverso una pagina virtuale dove si possono ammirare video e musiche di giostre inquiete attraverso dodici suite da amarcord emozionale ricavate dal turbinio che prende forma di una reale esigenza di mettersi in gioco ancora una volta. La qualità indiscussa del risultato finale è reale e tangibile ai nostri occhi, un osare ancora una volta proponendo immagini che ben si sposano con una musica che nel post rock e nell’arte minimale e concettuale trova il suo punto di sfogo amplificando a dovere forme note di un’infanzia ricercata e concentrica. Un viaggio onirico in bianco e nero quindi, un viaggio in dissoluzione che si riscopre percorso narrativo trasportandoci alla velocità del nostro io soggettivo e pensante, un tuffo nella memoria di questo futuro.

http://lastride01.blogspot.com/


Nova sui prati notturni – Non Expedit (Dischi Obliqui)

C’è della luce in questo disco e le sovrapposizioni sonore che ne derivano conquistano al primo ascolto concentrando una poesia domestica che riabbraccia il senso più profondo della parola casa in attimi di introspezione che accolgono, accarezzano e nel contempo decisi annientano e distruggono come fiume in piena per poi tornare alla calma e alla leggera consolazione del momento.

Il nuovo disco dei Nova sui prati notturni trasmette calore, nonostante i colori freddi di copertina, un calore che si evince da un packaging essenziale, ma nel contempo originale, dove la componente artigianale vince su qualsivoglia forma usuale e commerciale, un album che scalda con una formula in divenire che in parte abbandona le sonorità passate lasciando molto alle parole  la spiegazione di concetti e il fulcro di un progetto importante quanto coraggioso che investe il quartetto vicentino ormai da alcuni anni, quello stesso progetto che ora si trasforma seguendo in qualche modo i cambiamenti interiori, gli stati d’animo e le concezioni di una modernità che proprio in questa band assume un concetto anacronistico, fuori dal tempo.

Suoni che si fanno materia per composizioni che vivono di vita propria, poesie di sentimenti e natura che si intrecciano a code post rock di rara bellezza e autenticità tra episodi connotati da un forte impatto emotivo come A casa e Tiresia, passando per le deflagrazioni di Plastic Sun Rising e Non Expedit e il cantato di Duane Berry tra forme aliene e citazioni che vanno oltre un pensiero condiviso; una formula impattante che alterna, soprattutto in chiave live, la calma e la tempesta dei Marlene Kuntz di Senza Peso e la discografia concentrata di band come Mogwai e Godspeed you!Black Emperor per un nuovo inizio forse o piuttosto una continuazione nel creare forme musicali e strutture sempre nuove lontane dalle consuetudini del mercato e puntando sul fatto che forse la qualità alla fin fine conviene sempre.

Nova sui prati notturni – L’ultimo giorno era ieri (Dischi obliqui – 2011)

Ed ecco dal silenzio più totale una musica che proviene da lontano e delle voci che si sovrappongono una femminile e una maschile: mai inizio fu più bello per la cover e chiamiamo la cover di “Signore delle cime” del Maestro Bepi De Marzi.

A scalare questa impervia montagna per arrivare fino alla cima sono i vicentini “Nova sui prati notturni”.

La band è all’attivo dal 2011 con Giulio Pastorello e Massimo Fontana che dopo un album completamente strumentale si avvalgono, ampliando l’organico, di Gianfranco Trappolin alle percussioni e Federica Gonzato al basso per l’esordio su “Dischi Obliqui” de “L’ultimo giorno era ieri”.

Canzoni sviscerali che creano atmosfere cupe e oniriche dove si incontrano, chiudendo gli occhi, Mars Volta e Sigur Ros, PGR e Gatto Ciliegia contro il grande freddo.

In “Oggi” poi tutto questo trova un punto d’unione, sembra quasi di ascoltare “Senza Peso” dei MK, tanto il suono è debitore del indie-rock piemontese, ma cosparso di passaggi dilatati.

“86” sembra uno sfogo alla CCCP, con un cantato urlato in lingua albanese, ma ricco di quella nostrana genuinità che ti fa dimenticare presto la band “ferrettiana”.

In “Tempo celeste” Francesco Bianconi sembra cantare questa splendida canzone con Federica, fino all’entrata della chitarra non ancora distorta, non ancora pronta a lacerare l’aria e a lasciare in cielo polvere di stelle o “Cuori di tenebra”.

“Dodiciminutieundicisecondi” è un egregio esempio di rilevazione ambientale per chitarre e bassi, suoni che ti rapiscono mentre ti fanno sudare leggerezza preparando il palato all’immersione canora di “Malkuth (il regno)”.

Con “Nova sui prati notturni” ci accingiamo alla fine di questo disco intenso che preannuncia un epilogo lucente, ma meditato con “L’orto dei veleni” canzone che parla dell’importanza, ai giorni nostri quasi perduta, della terra e dei suoi frutti.

Non è un album per tutti e per fortuna aggiungo io, sicuramente il gruppo va testato in chiave live, magari in un anfiteatro naturale tra gli alberi di una montagna dispersa che incornicia digressioni elettriche e sussurrate.

Una formula originale per una band che regala sempre novità nella ricerca musicale e una felice realtà per una provincia chiusa e poco proponsa a gruppi di questa caratura.