Nosexfor -Nosexfor (Autoproduzione)

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Incontrollata voracità da Vicenza per un duo aggressivo e significativo capace di abbattere i muri della quotidianità in un sodalizio profondo con la potenza espressiva del rock degli ultimi anni. Sporcato dal blues questo stoner ambisce ad occupare un posto in prima fila nelle produzioni di genere di questi tempi, osservando attentamente la realtà e trasformandola in un qualcosa da manipolare a proprio piacimento in tessuti colorati che inaspettatamente lasciano un segno incisivo nel proprio cammino. Il singolone Pensavo fosse ok raggiunge cinquantamila visualizzazioni sul tubo e per qualità intrinseca le altre canzoni proposte non sembrano da meno. Severo Cardone e Davide Tonin regalano una prova che ha un sapore internazionale anche se cantata in italiano, una prova davvero esaltante e coinvolgente dove il passato sembra vibrare lontano come un vortice che non controlliamo, come un uragano di potente musica essenziale. 


Stonewood – Stonewood (Autoproduzione)

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Granitico rock d’oltreconfine che imprigiona l’essenza degli anni ’90 passati e rilascia in modo graduale chicche di solidità eterogenea a ricoprire grunge e rock, sudore e tanta bisogno di gridare forme nuove di comunicazione. Gli Stonewood da Roma registrano il loro album in chiave quasi live, tra impressioni che si stagliano in una Seattle bucolica e attenzioni sempre maggiori nei confronti di un rock davvero riuscito che nei momenti di maggiore lucidità sa narrare e sa percepire a fondo il luogo proprio di provenienza in una sorta di appartenenza che non segue le mezze misure. Il risultato è un connubio di Pearl Jam che incontrano gli Alice in chains e i QOTSA a rinfrancare gli animi, a rinfrancare e a far ricordare un’epoca che non esiste più. Otto canzoni veloci ed esplosive da Down from the stars fino ad Ask the dust per un album che non è solo materiale per chi ha nostalgia del passato, ma piuttosto per tutti coloro che amano le potenti emozioni scaturite da una musica che sembra non tramontare mai. 


Solaris – L’orizzonte degli eventi (Floppy Dischi)

Deformate architetture si inabissano nella nostra mente costruendo anfratti di una potenza inaudita e disturbante capaci di penetrare e convogliare fino al centro del nostro cuore, dando l’impressione di assaporare il momento in un’esplosione completamente nera di amore e odio, tenebra che avanza e incontrollabile desiderio di sparire. I Solaris ci fanno cavalcare l’angoscia, ci trasportano lungo fili elettrici tesi dal giorno che si trasforma in notte, lo fanno attraverso un rock in distorsione che abbraccia gli elementi dello stoner e del noise degli anni ’90, lo fanno disturbando e comunicando, parlando e confrontando i vetri della nostra inettitudine in un esoterismo di fondo trasportato nella quotidianità che sempre più spesso non convince, sempre più spesso non ripara. Le canzoni come del resto i titoli sono emblematici, da Luna a Specchio passando per il delirio di Erode, i Solaris confezionano un Ep singolare velato da un amarcord d’annata che non brilla di certo per originalità e questo non è un problema perché i nostri tendono ad appartenere al momento di un passato lontano, là dove tutto è cominciato in attesa della prossima esplosione.

Three Horns – Jackie (Autoproduzione)

album Jackie EP - Three Horns

Opera prima di impatto scenico che si esprime attraverso i primi piani di un rock che attinge linfa vitale da tutta la produzione degli anni ’90 intascando la lezione del grunge di Seattle per passare ad uno stoner più recente, pur mantenendo di fondo un sostanziale equilibrio tra passato e presente in nome di una musica ricca di citazioni e rimandi al mondo del cinema e carica di quella personalità intrinseca che permette di stabilire con coscienza i punti di forza di questo disco. Certo la formula è già stata sentita più e più volte, ma soprattutto in questo album c’è tanta adrenalina e responsabilità nel raccontare vicende che ci assomigliano che ci riguardano da vicino e predispongono costrutti che prima di tutto sono intenzioni per dare un senso e un valore ad una musica d’insieme che proprio attraverso la coralità  e la godibilità tout court trova dalla propria parte un’arma vincente da sfoderare per permettere all’ascoltatore di entrare in questo mondo onirico e decostruito ad arte.

Plasmaphobika – Plasmaphobika (Red Eyes Dischi)

Suoni incapsulati in potenza che imbrigliano le distorsioni e incentrano l’energia di un suono proveniente dagli anni ’90 e immagazzina un prodotto che parte dalla pancia per esplodere in testa per una produzione breve e arrabbiata, malata e sudata attraversata da un suono claustrofobico e stoner quanto basta per assaporare l’emblema di un tempo che non c’è più, un suono che rimanda a richiami mai incapsulati per costruzioni e architetture sviscerate in due canzoni cerebrali che trasformano la realtà in un incubo ad occhi aperti. Un corpo e l’infinito e Progenie sono linfa essenziale per piantare frutti di nichilismo e distruzione in territori da far decomporre e far rinascere sotto una nuova stella.

Stalker – Hai più di un’ombra (Autoproduzione)

Canzoni al fulmicotone che affrontano la realtà in modo aggressivo e dirompente, trascinando urla corali in refrain dal sapore d’altri tempi che si affacciano nell’intersezione degli anni ’90 a cavallo con il 2000 per un suono che risulta essere fresco e moderno, un misto tra punk e rock oltre le aspettative e apparentemente legato, con un filo sottile, alle soluzioni moderne e nel contempo vintage, spudorate e inoltrate allo stoner rock di gruppi come QOTSE e alla scena americana in un’evoluzione ben precisa e combinata, un’evoluzione concentrica e sospesa che permette di assaporare al meglio l’importanza della proposta senza chiedersi troppo, senza chiedere nulla al futuro, dalla title track Hai più di un’ombra, convincendo con pezzi come Seduzione incontrollata, Porno e Amarcord, apprezzando il cantato in italiano e tirando in ballo band del calibro dei Ministri, ma virati ad un lato meno commerciale e direi più sostanzioso.

I nostri Stalker confezionano una bella prova impattante, granitica e dai forti contenuti, in grado di sbaragliare facilmente la concorrenza ed esprimendo al meglio una passione per un’evoluzione mista al passato che non aspetta altro che essere compresa e assaporata fino all’ultima goccia.

Quarzomadera – Apologia del calore (Discipline)

Stoner introspettivo che si fa esso stesso atto di denuncia nei confronti di una società malata ed esasperata, pronta ad accoltellarti alle spalle, pronta ad innescare un moto perpetuo fatto di bugie e di solitarie impressioni che non si amalgamano con i costrutti sociali che ci siamo immaginati e allo stesso tempo che ci siamo fatti andare bene per tutto questo tempo, ma piuttosto si racconta, in questo album, di una società che ci desidera immobili e senza aspirazioni.

Il duo Quarzomadera, nel nuovo disco, denuncia proprio questo, denuncia la nostra ligia capacità di osservare le regole già imposte, lo fa attraverso una musica diretta, una musica che si dipana in gran spolvero come non mai, possente e immediata, convogliando energie dagli anni ’70 e dal progressive, esempio lampante è la cover riuscita di Amico di ieri de Le Orme, fino ai giorni nostri, dando vita a otto tracce che vanno contro all’ abitudinario vivere di ogni giorno, contro le mode e mirando ad una sostanza che si fa elemento naturale imprescindibile.

Canzoni specchio di una realtà dal forte impatto a tratti psichedelico, pezzi che ci conducono ad un qualcosa che risiede dentro di noi, che si fa veicolo dei nostri giorni futuri, tra nuove esigenze e una contemporaneità che può cambiare solo grazie al nostro volere.

Virgo – Virgo (Alka Record Label)

I Virgo aprono le danze con questa prova dal sapore del tutto personale, frutto di un’evoluzione sonora compressa e ben riuscita, capace di far vibrare concitazioni e speranza in sonorità stoner rock che aprono a nuove possibilità e aspirazioni, una musica che acquista maturità fin dalle prime note del singolo Danza di corteggiamento.

E’ un concept album questo, per la band vicentina, capace di fondere l’idea di distruzione in un qualcosa del tutto personale e contorto, una visione d’insieme di notevole costrutto, amplificando ciò che si vorrà ottenere per raccontare ossessioni del tempo che fu e di ciò che viviamo, uno sgretolarsi meditabondo del nostro io che si lascia alla sensualità; un’apertura eterea al graffiante che ci circonda.

Dodici tracce che parlano dei desideri più oscuri, canzoni che sono resoconti della nostra anima mortale, tralasciando l’inutilità della fisicità per puntare dritti alla sostanza, tra mirabolanti peripezie e atmosfere, da Selene a Bianca ombra fino al finale in Trasparenze a rimarcare una scelta che non c’è.

Continua il percorso di maturità dei Virgo che hanno saputo, nel corso del tempo, far proprio un genere, divincolandosi dalle etichette di facciata per seminare uno stile che può fare scuola.

Marco Bugatti – Romantico (Autoproduzione)

Marco Bugatti, già voce dei conosciuti Grenouille, confeziona una prova ben suonata e vissuta, caratterizzata da suoni abrasivi contrapposti a suoni più lucidi e reali capaci di penetrare in profondità e dando senso a refrain che entrano in testa facilmente e valorizzano questa prova mescolando sapientemente generi come il cantautorato al pop fino allo stoner rock passando per le introspezioni di pezzi intimi che raccontano attimi vissuti e giorni da ricordare.

Romantico è il disco d’esordio del monzese Bugatti, capace di trasferire rabbia e malinconia grazie ad una voce raffinata e coinvolgente, una voce difficile da trovare nel panorama della musica italiana che riesce con un sussurro come attraverso un grido lacerante, a dipingere in modo sostanziale e non sommario, le vicissitudini del tempo, le armonie che non esistono più, l’istante da cogliere che si fa esso stesso racconto di vita e passione senza dimenticare la sottile chiave ironica che contraddistingue questo lavoro.

Un album veramente variegato e multi forme, sette pezzi che racchiudono un mondo di stile e di coraggio, abbandonare il passato per guardare al futuro, forse questa è l’unica strada da seguire.

 

Bebawinigi – Bebawinigi (StratoDischi Notlabel)

Bebawinigi è cantante, polistrumentista, attrice, ideatrice di colonne sonore per film e soprattutto è pura stratificazione di stati d’animo che si intersecano con l’apparire in un’opalescenza che tende al cristallino, segno dei tempi di cui facciamo parte, segno di un mondo che è in evoluzione e questo è il puro tentativo di intrappolare dentro ad un disco una sensazione di trasformazione che ci accomuna e ci rende simili con il nostro essere ideale.

Queste tracce sono sperimentazioni narrative di intersezioni sonore che si dipanano tra i chiaro scuri della new wave, passando per l’industrial e lo stoner, raggiungendo quote psichedeliche fino ad abbracciare i territori del punk jazz, del blue e del folk in una sorta di anfratto da scovare e comprendere, in una sorta di allegoria della vita che è dipinta con tratti non precisi, ma che lasciano spazio all’immaginazione e al pensiero libero, quasi futurista; una ruota che si chiama vita e noi scesi nel baratro per essere richiamati a diversi destini.

C’è molta ribellione in tutto questo, un uscire dagli schemi che porta l’ascoltatore a scoprire nuovi ed emozionanti quadri sonori, dove il buio vince e dove la cupezza dell’animo è sinonimo di resurrezione.