Viky – Tra le mie coste (Autoproduzione)

Risultati immagini per viky tra le mie coste

Zattera su mare in tempesta che ricerca un approdo, ricerca una fessura di vento da dove poter uscire e gridare il proprio nome, la propria appartenenza ad un mare in tempesta che segna la strada, che segna la via. Un racconto in tre parti, in tre atti che si muove tra le peregrinazioni elettroniche e un substrato culturale di pregevole fattura dove la sopravvivenza incarna un desiderio di rivincita e di rivalsa. Un modo diverso per tentare di inglobare l’insperato. Il progetto di Viky Rubini, giovanissimo cantautore della provincia di Bergamo, è un appiglio elettronico che mira incondizionatamente a ricercare nei flutti della propria anima un qualcosa che diventi faro e punto di approdo. Tra le mie coste è uno scavarsi dentro contemporaneo, uno scavarsi dentro ad intensità variabile che nella malinconia di fondo reagisce agli stimoli per esplorare qualcosa di inimmaginato e convincente.


Ismael – Quattro (Macramé Dischi)

Cantautorato impresso sulle strade dell’Appennino a parlare di rapporti umani e sradicamento, viscere interiori sregolate dall’assurdo tempo di questo nostro vivere e rimpianti attaccati ad una deriva sempre più imminente, sempre più presente e fagocitante. Quattro è il nuovo disco degli Ismael, un album che si nutre di oscurità e abbandono, un album pregno di quell’attitudine diretta e sfacciata del migliore post punk dei Diaframma intersecato con una musica d’autore che riprende argomentazioni veicolanti lo svanire del nostro io, privazioni di punti cardine, di punti guida, in un ricercare sempre e comunque la bestia onnivora che risiede in noi, la bestia che ha devastato tutta la nostra semplice complessità. Gli Ismael confezionano una prova che riesce a guardarsi dentro, è uno specchio devastante e alquanto veritiero di questi nostri giorni, è un attaccamento alla terra e al suolo, agli alberi e al cielo, alla notte e al giorno. Quattro è una guida accecante che segue il fiume di questo nostro tempo, trasformando i ricordi e le situazioni in anfratti che non lasciano via di scampo, perpetuando l’onnipresente io in qualcosa da annientare definitivamente. 


Dave Muldoon – Smoke Steel and Hope (Prismopaco)

Risultati immagini per dave muldoon smoke steel

Suoni desertici ed enigmatici per un disco che arriva dopo nove anni dal precedente e che risulta in grado di creare atmosfere da assaporare sul far della sera, accovacciati su di una sedia a dondolo che si muove scandendo regolare il tempo. Dave Muldoon si fa attendere, ma nel contempo dà vita ad una prova davvero importante e a tratti granitica in grado di osservare attentamente i cambiamenti del nostro essere, in grado si soverchiare l’ordine precostituito per dare vita ad un album in continuo divenire ricco di citazioni e di solitudine, di velata introspezione e malinconia che attanaglia, prende allo stomaco e ci conduce verso un’altra realtà. Si vola facilmente nei territori di un Springsteen solitario, passando per il Tom Waits migliore e per qualche paesaggio dipinto per l’occasione da Nick Cave e Bob Dylan pur mantenendo una costante di fondo che si muove tra originalità e leggera sperimentazione. Un disco scritto per la gente, un disco fatto di quotidianità e piccoli drammi che colpiscono l’uomo da vicino, dieci canzoni che, ne sono convinto, almeno un po’ vi cambieranno dentro. 


Limbrunire – La spensieratezza (A Buzz Supreme)

Risultati immagini per limbrunire la spensieratezza

Introspettive soluzioni d’insieme che attingono dalla realtà moderna i beat compositi per ricreare con sostanziale bisogno un senso di incedere frenetico e scomposto pronto a colpire le assi meridiane di questa e altre vite. La spensieratezza è un affresco lucido e solido fatto di sintetizzatori da vecchia scuola capaci di incanalare un desiderio, un sogno che si fa racconto costruendo architetture snodabili che richiamano il Gazzè elettronico o il Battiato della prima ora in un sperimentale pop atmosferico che proprio nei vizi e nelle necessità di ogni giorno trova il proprio canale comunicativo. Le canzoni si sciolgono come ghiaccio al sole e costituiscono un forte apporto sintetico per esprimere un ritorno ad una musica semplice, ma dal forte impatto emozionale. Ci divertiremo, con la reprise finale, racchiude forse il senso intero costante e continuo di un disco che trova amplificazioni in pezzi che si fanno restauro,  che si nascondono dietro l’angolo della vita attraverso una leggerezza, un sospiro, un traguardo raggiunto che non indugia, ma piuttosto si stabilisce laddove nessuno può arrivare. 


Mujura – Come tutti gli altri dei (Radiocoop/Self)

Sensazioni territoriali da mare lontano che si inerpicano sulle scogliere incontaminate di un mondo in dissoluzione dove dei e umani convivono in un’alterità che si fa presenza nella quotidianità e sfiora l’indissolubile legame con qualcosa di spirituale che percepiamo nell’aria che non possiamo sfiorare, ma che immaginiamo, in una comunione di intenti che si perde all’orizzonte. Il disco del produttore e musicista folk Mujura, all’anagrafe Stefano Simonetta, si perde negli abissi della sostanzialità teatrale e incrementa una buona dose di bellezza partendo dalle viscere che ci portiamo dentro, dal nostro essere interiori in una principale metamorfosi cangiante che sposa i suoni mediterranei con connubi stilistici da sperimentatore non folk, spostando l’asticella più in alto, in un intreccio di colori, sensazioni, istanti e attimi che stupiscono per freschezza e incisività della proposta. Come tutti gli altri dei si presenta come un ponte importante tra passato e futuro, ne sono da testimonianza pezzi come l’apertura affidata a Toro, Afrodite, Efesto con la voce di Edoardo Bennato e poi ancora Orfeo a cullare una Mai di una bellezza centrale e comprensiva di ogni sorta di influenza che si respira nell’intero disco. L’album di Mujura è composto da una musica che entra direttamente in comunione con la terra e con la radici d’appartenenza, una musica che scavalca l’idea di confine incasellando una manciata di pezzi in un viaggio ultra temporale davvero significativo, concreto e anacronisticamente contemporaneo. 


Alia – Giraffe (Pippola Music)

Risultati immagini per alia giraffe

Alia è il profumo della Primavera e del disincanto, della voglia di uscire a correre lungo i prati lasciando indietro i pensieri più neri, il bisogno di lasciare indietro le tenebre per dare un senso nuovo alla luce che ci circonda. Giraffe è una bellezza da scoprire ascolto dopo ascolto, un insieme vivido di immagini lucenti che nei fiori del mattino riscoprono con magia la bellezza del momento, del racconto, dell’essere noi stessi oltre le apparenze solcando i mari contro il vento dell’omologazione e abbandonando l’inutile presa di una realtà troppo artificiale per essere assaporata appieno. Il nuovo di Alia è un inno alla vita che trova nelle collaborazioni un punto importante d’approdo. Pensiamo alla title track di una bellezza sopraffina cantata con Patrizia Laquidara o Alessandra con Francesca Messina per poi scorrere attraverso Sei donne con la voce recitante di Elisabetta Salvatori fino a Verso Santiago cantata con Martina Agnoletti. Tracce che si sovrappongono e rinfrancano grazie anche alla presenza di musicisti d’eccezione come Fidel Fogaroli, Giuliano Dottori, Cesare Malfatti solo per citarne alcuni a dare peso ad un progetto di pop sognante oltre ogni barriera. Alia racconti di viaggi e di persone, racconta di un mondo idealizzato che sembra visto con gli occhi di un bambino, per un disco che va oltre il cantautorato contemporaneo per come ora lo conosciamo ricavandosi un piccolo posto d’onore tra le migliori uscite di questi ultimi tempi. 


Shiver – Settembre (Autoproduzione)

Risultati immagini per shiver settembre

Settembre è uno stato umorale, un folk impresso su polaroid passate che instaurano incalzanti un sodalizio con una musica che fa ballare, fa alzare lo sguardo al cielo in un momento di eternità brillante speranza. Gli Shiver impacchettano per bene queste quattro canzoni, queste quattro sostanze d’autore per l’ennesima prova che strizza l’occhio ai suoni d’oltreoceano, alle vertigini trasognanti di canzoni che vanno alla velocità della luce e ricordano in qualche modo i racconti di gruppi come i Blindur o i Telestar assiepandosi dolcemente nell’album fotografico migliore che abbiamo da mostrare. Le tracce proposte si rincorrono vicine, si rincorrono a ribadire concetti e buona volontà, dalla bellissima apertura affidata a Medicine per il morale, passando per la title track che si avvia a riconoscere l’altra perla del disco ovvero Storie di sospiri e di ginocchia sbucciate fino al finale di Oltre il suo ritorno. Settembre è la malinconia di un mondo che dovrà rinascere nuovamente, Settembre è anche un piccolo disco che accontenterà anche i palati più esigenti. 


Eleonora Bordonaro – Cuttuni e lamé (Finisterre/Felmay)

Nel disco di Eleonora Bordonaro ci sono i profumi e le sensazioni di terre lontane, c’è la possibilità di comprendere una musica etnica che scava nelle radici interiori in un corso costante di pensieri che si fanno musica che si fanno emozioni private e poi condivise in un vociare che nel canto si fa poesia e bisogno mutevole di rassicurare. Un disco in siciliano, un album che vola con i ricordi ad un tempo non definito, ma sicuramente caro e vicino alla cantante, alla sua terra, al mondo che condivide e che cerca di tramandare grazie a canzoni che attraverso una musicalità sospinta si protendono nel ricercare spazi di luce, colorati, spazi azzurri che si confondono con la profondità del mare, con la meraviglia del cielo. Cuttuni e lamé è un disco che parla di natura, ma anche di persone, di ritratti, di immagini scolpite come fotografie lasciate all’attesa, sono frammenti di vita e di bellezza istrionica mosse da qualcosa di profondo e a tratti incomprensibile, ma sedimentato a dovere attraverso una voce che lascia al racconto il proprio senso di esistere. 


Devocka – Meccanismi e desideri semplici (Dimora Records)

album Meccanismi e desideri semplici - Devocka

Urtare il muro dell’ignoranza, tagliare il suono in quattro e consegnarlo in parti uguali ai nostri punti di riferimento ambiziosi e ricercati, trascritti nelle pagine del tempo e ossidati ora come lastra meccanica di un congegno a noi poco noto, ma impattante, mostruosamente potente e vibrante sogni migliori. Il nuovo dei Devocka parte in quarta dopo sei anni di attesa, non sedimenta ragioni, non piange sul passato, ma ambisce a sfondare il futuro, allargandolo a dismisura e provocando eruzioni visive che attraverso le canzoni proposte si fa membrana malleabile costruita su di una solida base rendendo la proposta contagiosa, caparbia e piena di stile intrinseco. Canzoni che tagliano in due le nostre vite e di certo non lasciano indifferenti, aprono a qualcosa di diverso, aprono a qualcosa che ci impegna e ci rende manifestanti interiori dei nostri desideri più nascosti. Niente perbenismo, niente falsi pietismi in Meccanismi e desideri semplici, piuttosto in questo insieme di pezzi ci sono le parti nascoste e oscure di ognuno di noi, ci sono i pezzi di puzzle della nostra coscienza, pezzi di vetro riappesi con scotch elastico nell’osservare i nostri occhi che guardano un volto in costruzione e soffermanti si protendono alla luce di questa e altre vite. 


James and the Butcher – Plastic Fantastic (RNC Music)

JamesAndTheButcher_PlasticFantastic

Suoni sintetici e preparati a dovere per rifacimenti anni ’80 di un pensiero altamente evoluto in un’elettronica moderna che ha il sapore di internazionalità, abbracciando storiche band come Depeche Mode, U2 o cose più attuali come gli ultimi lavori degli Editors o dei veneti Phinx. James and the Butcher sanno emozionare con una musica impattante dove l’acustica del momento si sposa alla perfezione con suoni più elettrici e dove il pianoforte coinvolgente rende i pezzi preziosi e originali, legati al filo indissolubile di ciò che è stato pur non disdegnando una certa sperimentazione di fondo capace di ottenere melodie che non si fanno dimenticare, ma piuttosto capaci di sposare a dove la causa di un suono che va oltre i nostri confini geografici per come li conosciamo. James and the Butcher sono l’esemplificazione che attraverso canzoni come The Invisible Boy, Antibiotics, Miracoulous Cancer si possa fare anche in Italia una musica dal forte impatto sonoro pur non disdegnando l’alta digeribilità della proposta. Sferzate rock dal gusto pop quindi per un lavoro davvero ben strutturato e suonato, dove tutti i tasselli acquisiscono significato unico e dove la cangiante idea di innovazione risplende in tutta la sua importanza.