Il Diluvio – Frail Skies (Autoproduzione)

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Nuovo Ep per Il diluvio ad impastare l’etere di suoni legati al rock emozionale e stratificato, suoni che rimandano inevitabilmente a band come Radiohead degli inizi, Editors, Interpol, The Smiths in una costante crescita personale che conosce e rinfranca, assapora e rende netto il contrasto tra il buio e la luce. La band di Brescia sfodera cinque canzoni legate dal filo unico e invisibile della malinconia e dei sentimenti in un saliscendi di emozioni che si percepiscono in toto grazie a fulminee vampate di elettricità che si sanno acquietare, che sanno ricercare poi un punto di contatto con la parte più riflessiva che ci portiamo dentro. Questi Frail skies, questi cieli fragili sono l’esemplificazione perenne e costante di un modo diverso di fare musica, un modo che ricerca la bellezza al di fuori di ogni moda preimposta perpetuando l’idea di strada da seguire espressa e mai legata, ma piuttosto lasciata ad una libertà intrinseca davvero unica e irripetibile. 


Souvlaki – Tracks (Elastica Records)

Ritmi sincopati a ricoprire la notte di momenti interiori pronti ad uscire allo scoperto creando opinioni, pensieri, sentimenti messi in campo al suono costante di un’energia che esce ed ingloba traccia dopo traccia. Nicola Piccinelli con un misto di trip hop, house e ambient confeziona quattro pezzi che sono in qualche modo una commistione tra passato e futuro, si fanno portanti e condiscono l’atmosfera sintetica asciugando l’elettronica per dare voce e spazio ad un’energia quasi primordiale, un’energia rappresa e qui convogliata dando luce ed importanza continua a nuove forme di comunicazione. Questo piccolo lavoro è una parte importante nel cammino dello stesso autore, un inizio circolare, un loop continuo che prima o poi riuscirà a trovare una retta infinita da seguire. 


Fallen – Tout est silencieux (Triple Moon Records)

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Ulteriore aggiunta nella sterminata discografia del già conosciuto The child of creek per un disco davvero intenso e nel contempo silenzioso che accompagna l’ascoltatore a riacquistare una pace interiore grazie a composizioni che nelle tastiere trovano il loro punto di ingresso metafisico dando vita ad elucubrazioni sonore dall’impatto onirico e sensoriale. Campagne sterminate a perdita d’occhio e quell’esigenza quasi mistica di ritrovare qualcosa che abbiamo perso, qualcosa che non sapevamo di avere, ma che inevitabilmente resta ancorata all’interno del nostro venire al mondo. Tout est silencieux esce in tiratura limitata, un album che vede una sorta di evoluzione nel panorama discografico del cantautore/compositore, un album che assapora la notte e i pensieri tumultuosi di un sogno da percepire, un sogno da prendere in mano inglobato nel nostro io attraverso in cinque sensi. Fallen costruisce materia giorno dopo giorno con una sorta di eleganza intrinseca davvero efficace; sei tracce in cui perdersi e lasciarsi andare lungo i fiumi che portano alla luce lontana. 


Merrymount! – Heart of universe (Autoproduzione)

album Heart of Universe - merrymount!

Suoni stratificati che accumulano l’atmosfera di brit pop ascensionale capace di scaraventare le illusioni al suolo per dar vita ad un disco pensato e ragionato attraverso gli influssi immediati di una musica che trova oltremanica il proprio punto d’approdo, la propria ancora di salvezza. I Merrymount! confezionano un album davvero affascinante capace di inglobare e suggestionare vite grazie ad una musica che tocca gli anni novanta, tra Oasis, Travis e i primi Starsailor in un elegante impegno che nelle undici tracce proposte trova necessariamente il proprio modo di comunicare, il proprio contesto tra sintetizzatori e chitarre che si muovono egregiamente tra i ritmi sostenuti e tra le ballate più intense. Heart of universe è uno spaccato di sentimenti chiuso nella gabbia del tempo e pronto ad uscire ad ogni ascolto incrociando pezzi come This time, The body, Imagine a drum, Louisa, solo per citarne alcuni, canzoni che si muovono tra passato e presente per creare all’unisono un album davvero buono. 


Gian Marco Basta – Quanto basta Vol. 3 (Libellula Music)

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Torna il cantautorato sghembo di Gian Marco Basta, torta tra gli anfratti di una vita che ama rimanere dietro l’angolo dei pensieri pronta ad intascare un sogno irrealizzabile per ogni passante, laggiù, lontano. Il terzo disco del cantautore bolognese è un inno vivente ai problemi di questa nostra realtà, è un osservare attentamente con sarcasmo e cinismo il mondo che ci gira attorno e nel contempo è una ricerca interiore di parole e frasi per comunicare uno stato, una parvenza di realtà, un irreale bisogno di appartenenza a questa nostra società all’apice del collasso. Il nostro musicista, davanti a tutto questo, se ne resta seduto a guardare, a scrivere e a raccontare, a comporre di stati d’abbandono e di ironia gridata al vento grazie ad ossimori, giochi di parole, velate allusioni, tra il Don’t Cry alla Crai passando per Il mio ego è diventato un Lego, Videoslot fino ad arrivare ad Accalappio Cani a chiudere un disco sul teatro della vita che ogni tanto sa strappare qualche sorriso genuino e carico di una bellezza quasi infantile, necessaria.


Gli animali fantastici del Sudamerica – Dlin Dlon (Autoproduzione)

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Suoni caraibici che incontrano e scontrano un cantautorato visionario e onirico pregno di significati nelle immagini esposte che si fanno viaggio pur rimanendo comodamente sulla poltrona della propria casa. Gli animali fantastici del Sudamerica creano un bizzarro quadro d’insieme costruito per l’occasione in un EP davvero intenso e colorato dove l’amore per le terre lontane si scontra ed incontra il viaggio sotto diversi punti di vista qui raccontati come un risveglio da uno stato letargico e pronto ad emozionare e a farci aprire gli occhi sulla nostra amara realtà e sulle nostre illusioni più vicine. Sono solo sei canzoni che sono anche sei nomi di persone diverse ad intrappolarci nella tela della band milanese, pezzi potenzialmente esplosivi che sono un diario, uno sfogo leggero ricco di passione e di amore per qualcosa di quasi effimero, ma ricercato nelle parole, nei gesti, nelle pulsioni e nei sentimenti. Dlin Dlon è il segno dell’arrivo, mai della partenza, è l’irrefrenabile gusto per quel qualcosa chiamato vita che sembra appartenere, al nostro interno, da sempre. 


Savana Funk – Bring in the new (Brutture Moderne)

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Suoni stratificati ad intessere i fili di un sound puro che attinge elementi essenziali dagli sciamanici anni ’60 a ricoprire di ritmo giornate che sembrano non partire, ma che si riscoprono prontamente grazie ad una musica d’insieme che sembra non conoscere tempi ne confini. I Savana Funk registrano un album di puro trasporto emotivo dove l’energia di base si riscopre pian piano nelle tracce proposte e dove l’immancabile groove sembra essere il punto direzionale per le mappe concettuali che ci portiamo dentro da sempre. Sonorità quindi che sposano una psichedelia onirica sembrano gli elementi unici ed essenziali di un disco davvero coinvolgente sotto molteplici punti di vista e dove il fattore sorpresa in divenire è costante motivo d’interesse e di scoperta. Bring  in the new è la necessità che si fa urgenza, è un substrato culturale che esplode in tutte le sue variopinte forme colorate, un desiderio di potenza che diventa vortice e dalla title track fino a Zahra (Reprise) ci trasporta in un mondo lontanissimo tra gli alberi in crescendo di una savana davvero funk. 


Des Moines – Like freshly mown grass (Dinotte Records/We work records)

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Suoni a profusione ambientale che si intensificano attraverso un tramonto di una bellezza unica e ricercabile nei suoni di una chitarra che tra lo strumentale e il cantato accarezza le intenzioni di ricoprire un cielo grazie ad una musica originale, ma che nel contempo si rifà ad un tempo passato, ad un tempo che ora non c’è più. Il progetto solista di Simone Romei permette di creare un sound puro e cristallino, una musica che oltrepassa le barriere e instaura una rapporto intimo con l’ascoltatore, un rapporto che cresce mano a mano che le canzoni prendono forma, prendono vita. Prodotto da Egle Sommacal Like freshly mown grass è il desiderio di sperimentare suoni che sembrano provenire da un’epoca passata, è in qualche modo il coraggio indotto da una forza che abbraccia e non separa, ma piuttosto unisce in una condivisione di fondo che si dipana lungo le otto tracce proposte. Des Moines dipinge un malinconico paesaggio di inizio Autunno con la forza e l’eleganza di un sole che sembra non svanire mai. 


Esterina – Canzoni per esseri umani (Pippola Music)

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La notte ingloba sogni e speranze, bisogno di appartenenza e desiderio malinconico di far parte di un qualcosa di grande, di un qualcosa di vero e assoluto tra le ferite di questo nostro vivere e il necessario stare a galla tra gli scogli di un tempo in dissoluzione. Gli Esterina ritornano con un notturno sole di velata introspezione, ritornano con i testi della bonifica e con il desiderio di gridare e sussurrare parole che per l’occasione si fanno più dirette e taglienti, quasi immediate a comporre un insieme di immagini dalle larghe vedute che abbracciano un mondo costruito nel tempo e posto in evoluzione con la chiara intenzione di rendere l’ascoltatore partecipe di una bellezza che sembra non conoscere confini aldilà del mare. In Canzoni per esseri umani le forme costruite acquisiscono un senso semplicemente unico, tra sintetizzatori in primo piano e quell’andare e venire come marea di pezzi interiori e altri esposti alle correnti di questa realtà dove tutto sembra essere frammentato e decomposto. Ogni brano è un tassello fondamentale per comprendere l’intero disco e Si che lo merita, canzone che vede la partecipazione di Edda, è forse il punto più alto di una sorpresa che sembra non conoscere fine. Gli Esterina creano un inno alla realtà e alla solitudine, un disco che ti abbraccia quando meno te lo aspetti, un disco essenziale in questi nostri giorni. 


Ismael – Quattro (Macramé Dischi)

Cantautorato impresso sulle strade dell’Appennino a parlare di rapporti umani e sradicamento, viscere interiori sregolate dall’assurdo tempo di questo nostro vivere e rimpianti attaccati ad una deriva sempre più imminente, sempre più presente e fagocitante. Quattro è il nuovo disco degli Ismael, un album che si nutre di oscurità e abbandono, un album pregno di quell’attitudine diretta e sfacciata del migliore post punk dei Diaframma intersecato con una musica d’autore che riprende argomentazioni veicolanti lo svanire del nostro io, privazioni di punti cardine, di punti guida, in un ricercare sempre e comunque la bestia onnivora che risiede in noi, la bestia che ha devastato tutta la nostra semplice complessità. Gli Ismael confezionano una prova che riesce a guardarsi dentro, è uno specchio devastante e alquanto veritiero di questi nostri giorni, è un attaccamento alla terra e al suolo, agli alberi e al cielo, alla notte e al giorno. Quattro è una guida accecante che segue il fiume di questo nostro tempo, trasformando i ricordi e le situazioni in anfratti che non lasciano via di scampo, perpetuando l’onnipresente io in qualcosa da annientare definitivamente.