Alessio Arena – Atacama (Apogeo Records)

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Orizzonti lontani che si fondono e si confondono all’interno di una musica che si spinge oltre le consuetudini moderne e sa creare commistione di intenti e di pensieri attraverso suoni diversificati e stratificati. Il nuovo album di Alessio Arena è amore a prima vista nei confronti di territori lunghi un sogno intero. Territori che spaziano e convincono. Pezzi di terra, pezzi di America latina che inglobano diversificazioni e miraggi per poi atterrare, attraverso una musica magistralmente arrangiata, sopra la nostra quotidianità, sopra tutto ciò che ci circonda. Il musicista napoletano sfodera un incrocio esaltante tra world music e musica d’autore per costruzioni e architetture che sono frutto di un lavoro di cesello, di un lavoro minuzioso. Dentro ad Atacama c’è un’anima intera. Da La Orilla  fino a Maravilla il nostro, attraverso collaborazioni continue, registra e ci fa ascoltare un disco bellissimo e soprattutto privo di confini.


Manco – Sedici:Noni (Apogeo Records)

Musica da viaggio dichiarata e sospesa all’interno di bolle iridescenti capaci di trasportare il colore del nostro mutamento, il colore del nostro venire al mondo. Nel nuovo di Manco si tende a sottolineare una realtà espressa in quotidianità afferrata. Una realtà in bilico e sospesa sopra ogni ragione d’essere e pronta a colmare il nostro senso di smarrimento con racconti che diventano necessari e completi. Un album fatto per seguire i sentieri della vita. Un insieme di canzoni che si muovono sostenute da un appeal rock sporcato dallo storico blues. Da Anime strette a Febbraio il nostro concede spazi al nuovo vento che verrà, ingabbiando la parola fine all’interno di mura indistruttibili. Sedici:Noni è una visione, una fotografia descritta e dichiarata, un fermo immagine che cattura lo sguardo e attraversa i nostri pensieri. Il nuovo album di Manco sa raccontare e sa farsi trovare nel posto giusto al momento giusto, proprio quando meno te lo aspetti. 


Alfabeto Runico – Alfabeto Runico (Apogeo Records)

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Archi che si intrecciano a creare melodie di fondo che incontrano una voce suadente e importante capace di condurci nei mari interiori che scaviamo giorno dopo giorno, volta per volta alla ricerca di un’attesa che sembra contemplare bellezza ad ogni latitudine. Quello degli Alfabeto Runico è un progetto in divenire molto particolare, un trio dove contrabbasso e archetto sfiorato e altre volte dirompente e deflagrante si incontra con la leggera inquietudine di una viola e di un violino a formare canzoni che parlano di tradizione e nel contempo parlano di modernità, di ciò che ci gira attorno e di tutto quello che vorremmo desiderare ancora. E’ inutile dire che la bravura dei tre è punto principale e fondante dell’intero disco, ma non dobbiamo tralasciare la capacità del gruppo di trovare una via di fuga dalle produzioni odierne con classe ed eleganza, con originalità e con un desiderio sempre nuovo di stupire e far innamorare l’ascoltatore attento all’evoluzione del suono. 


Eduardo De Felice – E’ così (Apogeo Records)

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Sapore vintage e di velluto che entra lentamente coprendo spazi d’amore perduti alla ricerca sostanziale di un rifugio, di un approdo che nella parola amore trova le carte essenziali per una poetica che sembra non conoscere le insidie del tempo. Il disco di Eduardo De Felice racconta di un tempo che non c’è più, lo fa con la disinvoltura di un cantautore capace di legare, di creare un ponte tra passato e futuro, attraverso parole sussurrate e mai banali, ma piuttosto tese alla ricerca di una poetica che nell’ultimo periodo di musica italiana sembrava essere svanita. E’ così è un disco semplice, ma ricco di sfumature che ricorda inevitabilmente artisti del calibro di Graziani, Concato, Dalla in una perenne ricerca di comunicazione che attraverso le undici canzoni proposte si fa amore per un ricordo, amore per le fotografie virato seppia della nostra anima e in modo infrangibile si racconta creando immagini in solitaria di velata malinconia. Il musicista partenopeo costruisce mondi partendo dai vissuti di ogni giorno, concentrando la propria ispirazione verso un qualcosa di raro da cogliere nell’immediato che nelle radici e nella trasformazione trova il proprio punto d’approdo. 


LeVacanze – LeVacanze (Apogeo Records)

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Suoni sintetici e minimali, testi semplici per un corollario di vite che si affaccia sulla quotidianità estiva e stagionale raccontando di un mondo perennemente in esposizione attraverso una musica davvero congeniale e mai esagerata, ma piuttosto calibrata a dovere e soprattutto in grado di aprire orizzonti di semplicità narrativa che stupiscono per freschezza e autenticità. LeVacanze, duo elettronico poppeggiante formato da Giuseppe Fuccio e Giovanni Preziosa intascano una prova formata da cinque canzoni che ammaliano senza alzare il tiro, ma piuttosto dando senso e atmosfera ad un ep che sa di nuovo e soprattutto di ricerca che non si ferma all’apparenza. Tu chiamalo se vuoi pop, ma il loro inseguire la modernità nasconde un’esigenza incombente di trasformare l’intero in meraviglia citando i singoli fatti di una penisola in decadenza e distendendo lo sguardo su pezzi che nella loro pacata inquietudine alterano i colori sino a diventare una massa uniforme di omogeneità in grande stile.

LePuc – Io secondo Woody (Apogeo Records/Edel)

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Cantautorato sognante e ispirato che coniuga alla perfezione la descrizione di immagini di vita vissuta con parallelismi soggettivi che si fondono con la realtà che ci circonda in una prova di gusto estetico mai conclamato, ma piuttosto pensato, parlato e non gridato in concomitanza con la ricerca di un proprio stile, di un proprio modo atto a raccontare parte di un io emozionale che si concede ai flutti della memoria e ci consegna racconti musicati che entrano facilmente nella testa riconoscendone similitudini e intraprendenza, caparbietà  e desiderio continuo di trovare la propria strada. Giacomo Palombino, in arte LePuc, registra una prova che ha il sapore del folk passato, dall’ironia di Gaber, passando per Dalla fino ad arrivare ad un più attuale Samuele Bersani il tutto condito da strumenti a fiato mai pomposi, ma piuttosto amalgamati a creare una comunione d’insieme che si esprime già nelle prime tracce del disco. Stupendi i pezzi Camilla non ci ucciderà e Bicchieri di carta come nel finale  capacità qualitative interpretative si possono ascoltare in canzoni come Mario o la cangiante Ricordami di me. Un disco omogeneo quanto basta per creare un filo conduttore con la nostra memoria e il nostro tempo rubato, un vagone di esperienze che porta lo stesso cantautore a guardare l’alba da diversi punti di vista, baciato da quel raggio di sole che segna l’inizio dell’Estate.