Buckingum Palace – Club (Autoproduzione)

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Club è uscire dalla modernità e dall’apatia dei gesti quotidiani, dai gesti uniformati, dalle regole imposte dalla società attraverso una musica d’insieme che colpisce grazie ad espansioni concentriche e lisergiche di forme desuete e in divenire che abbracciano le sospensioni cosmiche di una musica strumentale per attivare introspettive visioni di colori, stati d’animo e buio che ben si amalgama ed evince grazie ad una prova a tratti oscura e carica di rabbia da segnalare e vivere in vissuti quotidiani. I Buckingum Palace sono tornati con un disco di math post rock, un’energia prorompente che in sordina pian piano riaffiora dalle viscere della terra e disturba con una voce limpidissima su strati di suono, su muri da colpire a randellate incidendo ciò che di più vicino teniamo nel cuore. Club è la normalità nell’anormalità, è l’essere se stessi contro ogni moda, con carisma tramutato in sfogo, è l’esigenza incanalata e pronta ad esplodere in sfaccettature cariche di significati. 


Igor Lampis – Nuovo cantacronache 4 (Cenacolo di Ares)

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Cantautorato vecchio stampo capace di avvicinarsi al mondo moderno con stile personale e ironizzando su di una triste realtà attraverso testi impegnati e decisi che racchiudono al proprio interno significati di una quotidianità immersa nell’arsura dei contenuti, nell’aridità del momento che non salva nessuno, ma che ingloba giorno dopo giorno le conquiste ottenute, i diritti e i valori immagazzinati e che grazie al cantautore Igor Lampis rivivono di vita propria e si stampano laddove sembrava tutto perduto. Il nuovo cantacronache  4 è un disco che si interessa della vita, sottolineandone pregi e difetti, in una protesta in musica impegnata e mai banale, una musica d’autore sospinta che grazie a pezzi come I tramonti, Inutile emigrare, Il lavoro è un miraggio, Ballata per i centri antiviolenza riesce a ristabilire i contatti con la gente comune senza criptiche invettive, ma piuttosto valorizzando i contenuti, la nostra realtà. Igor Lampis ci consegna un disco schietto, a tratti duro, ma nel contempo ironico e veritiero, un album centrato e attuale ricco di spunti e riflessioni, calibrato quanto basta per essere considerato un magazzino di contenuti.


Incipit Suite – Telepathy (Lunik Records)

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Musica emersa in simbiosi che regala stratificazioni e architetture strumentali fatte di corde di chitarra implementate dal bagliore di un suono eccellente, sospeso, a tratti sognante in sodalizi con un duo davvero importante e armonioso, capace di creare geometrie che ricordano la musica da cinema incastrata a dovere in una world music da mondo intero essenziale quanto basta e vibrante attesa nuova che scardina i preconcetti e si insinua attraverso composizioni che sanno soddisfare anche i palati più esigenti. Due chitarristi quindi e l’intenzione di dare un senso speciale ad una musica in costruzione, due musicisti Marco Di Meo e Roberto Gargamelli che affrontano la produzione discografica con un suono composito attingendo elementi diversi da ogni sorta di musica che conosciamo per un risultato gratificante e sospeso, tra realtà e immaginazione da quella title track meravigliosa fino alla progressione di Telephatic Dream in un accenno concentrico di colori e musiche che si fondono e ammaliano.