Dario Ferrante – Uno (Autoproduzione/Regione Toscana)

Uno è il punto d’inizio verso strutture bianche concentriche che riaffermano uno stile volutamente minimal in bilico tra elettronica e piano crescente capace di incontrare mostri sacri dei nostri tempi intersecando i fraseggi dei nostrani Bavota e Carri per musica da film che come moto ondoso accoglie ed espelle, rotea nel vortice delle emozioni e consegna all’ascoltatore un’imprevista discesa negli anfratti più profondi della nostra anima, mite ritorno verso il punto di partenza, da dove rischiarare gli orizzonti e sentirsi capaci di decontestualizzare il momento; cubi che si trasformano e senza esitazioni ammaliano tra piano, violino, cello e quell’elettronica che conquista e rapisce, da Spleen a Youth, questo è un viaggio mirabile e desiderabile, minimamente mai rassegnato a se stesso, ma piuttosto portatore di quel desiderio di conoscere nuove e sostanziose parabole soddisfacenti, sei pezzi eterogenei esaltanti e pronti ad essere ricapitolati e riascoltati in rallentamenti cosmici che fanno da contorno al giorno che deve nascere attorno a noi.

Zocaffè – Esaurimento (Phonarchia)

Il suono della coscienza che non comunica, ma tenta attraverso spiegazioni di vita quotidiane di riconciliare quel tutt’uno con racconti considerevoli che lasciano il tempo alle spalle per parlare di attimi di vita vissuta, di esaurimenti spontanei, conglobati al suolo per ristabilire un ponte con il passato, un cantautorato che si esprime, a tratti sbilenco, per dare vivacità ad un sostanziale bisogno di comprendere le piccole impalcature della vita, i piccoli e necessari meccanismi che permettono o che almeno tentano di entrare dentro ai sentimenti vissuti in noi, dentro proprio a quegli attimi che grazie al duo toscano prendono forma e stabiliscono con l’ascoltatore un bisogno quasi essenziale di percepire le nostre debolezze.

Un ritorno al passato dove il folk abbraccia la canzone d’autore, dal non sense di Rino Gaetano, passando per Lucio Battisti e per tutta la tradizione della musica leggera italiana, un conglomerato centellinato di piccole perle ad identificarsi con il mondo che abbiamo vissuto, come una fotografia nostalgica che ricopre la stesura di testi ironici, ma non troppo, dove il fondo di coscienza ristabilisce un certo equilibrio e una certa dose di coraggio nel progredire, nell’andare avanti e soprattutto nello stupirsi grazie ad un suono fresco e convincente.

Antonio Giagoni e Gianmichele Gorga riescono nell’intento di creare aspirazioni sonore in grado di colpire in profondità, grazie ad una formula rodata e una capacità alquanto preponderante di far sorridere intelligentemente.