Junkfood/Enrico Gabrielli – Italian Masters Morricone/Umiliani/Trovajoli (Cinedelic Records)

Omaggio raccolto in questo disco che è la summa dei tre incontri, dei tre volumi precedentemente registrati a omaggiare grandi della musica da film dei bei tempi andati: Morricone, Umiliani e Trovajoli per una proposta che trova nel coinvolgimento dei Junkfood e di Enrico Gabrielli un punto di incontro che sovrasta le mode attuali per dare forma e sostanza ad un’intersezione di bellezza stravolta che conferma, ancora una volta, la capacità estrinseca della band, coadiuvata in questo caso da un polistrumentista di rara classe, di dare vita ad un processo di destrutturazione della musica per rimescolare le carte in tavola costruendo architetture che aprono i pensieri a spazi infiniti in eterno divenire, il risultato è un disco concetto pieno di rimandi e sollecitudini, un disco che freme in modo anacronistico da quel Silenzio nel Caos, passando per le dichiarazioni di intenti mantenute in Per un pugno di dollari e via via ricucendo il filo del tempo con Umiliani e il suo Gassman Blues tratto da I soliti ignoti e la bellezza ritrovata di C’eravamo tanto amati di Scola per tracce che sovrastano per incisività e compiutezza assoluta, rispolverando la foto sul comodino dei ricordi con lucentezza e ammirazione, con dedizione e coraggio.

Milo Scaglioni – A Simple Present (Akoustik Anarkhy Recordings/Crytmo)

Una ricerca profonda nel proprio animo blu per capire chi si è veramente, alle prese quotidianamente con un divenire che ci incolla alla poltrona del divano e non scardina i costrutti del tempo passato, anzi li rafforza, rendendo tutto il nostro stare al mondo occasione per non saltare finalmente dentro al cielo che ci appartiene per approdare in una mare degno precursore di ciò che verrà, specchio d’acqua dalle mille sfumature che collega l’Europa al Regno Unito, per un approccio corale che si imbatte proprio lungo gli scogli della terra d’Albione per rimettere in sesto un suono scarno, ma nel contempo suggestivo, che ricorda i grandi del passato, fra tutti i Beatles in un rinfrescare le attese con una simbologia aurea che consente all’ascoltatore di ascoltare oltre il gusto di udire e di generare implicite divagazioni immaginarie per portare la mente lontano dal tempo e dallo spazio, gradiente inusuale per soddisfazioni future, opera di rilassatezza post ’60 da fine serata dove le menti argute di Enrico Gabrielli, Roberto Dell’era, Lino Gitto e qua e là la presenza di un Gianluca De Rubertis al piano che contiene ed amplifica, donano profondità di campo a tutto questo splendore, per un disco assai anomalo nel panorama della musica italiana, che ha saputo ridare speranza e beatitudine psycho beat ad un genere dimenticato, ma nel contempo di facile appeal e sincerità da regalare alle nuove leve.

Spiriti Affini:

Fuzz Orchestra – Uccideteli tutti!Dio riconoscerà i suoi (WoodWorm)

Partiture di musica contemporanea assemblate con cura da Enrico Gabrielli che si fondono in modo egregio con le ascensioni sonore, verso un’apocalisse immediata, dei Fuzz Orchestra che in questo loro nuovo disco permettono all’ascoltatore di entrare in un mondo musicale che fa da contorno ad un film, intrecciando Morricone, Joe Hisaishi e il rock più oscuro e personale dei Black Sabbath e le parabole funamboliche dei Can per un’associazione alquanto originale di generi e proposta.

Percorsi di espiazione, rivelazione e giudizio, un affrontare le insidie quotidiane guardandoci un po’ dentro, guardando al passato e al futuro, la paura di svanire e non lasciare traccia e quel buio inconfondibile che fa da tramite per le produzioni migliori; tra stanze chiuse e sofferenti c’è il desiderio di tornare, oltre ogni aspettativa e oltre ogni possibilità, un viaggio che parla di morte e caparbietà: si pensi alle atmosfere desolate della bellissima apertura affidata a Nel nome del padre per scorrere poi sempre più verso una strutturazione che lascia segno del proprio passaggio in The heart will weep.

Un disco oscuro e di difficile comprensione nell’immediato, che necessita di numerosi ascolti prima di essere assimilato, otto tracce che però lasciano il segno per originalità e significato, un significato che si fa desiderio di tornare oltre ogni mondo e oltre ogni spazio conosciuto in un ciclo continuo per secoli ancora.

Andrea Carboni – Due [] (Autoproduzione)

Ci troviamo al cospetto di una meraviglia sonora.

Il cantautore approccia lo stile, legato il tutto da una parabola ascendente e elegante, dal gusto romantico e irrinunciabilmente nostalgico.

Ascoltando andrea-carboniAndrea Carboni non possiamo rimanere indifferenti ci sono i La Crus, Afterhours, Paolo Benvegnù e quel cantautorato-rock tanto caro al mood impegnato e fantasioso allo stesso tempo che incanala energia e underground pronto a sprigionarsi ad ogni singola nota.

Andrea è poliedrico musicista che in questa ultima prova è affiancato dalla capacità di Rodrigo D’Erasmo (Muse, Afterhours) nel fondere archi sovraincisi mentre la parte dei fiati è assegnata a Enrico Gabrielli (Afterhours, Calibro 35, Mariposa e altre decine di collaborazioni) altro musicista dallo stile imprevedibile e surreale.

12 in tutto sono le tracce millesimate nelle parole e nella sostanza che non concede spazi di disapprovazione, un lavoro dalla dinamica fresca e coinvolgente, un disco legato al ricordo, alla penna che scrive parole su diari segreti fintanto che il colore non si esaurisce lasciando in fondo una sola e piccola macchia d’inchiostro.

“L’amoredopodomani” è già un piccolo riassunto del disco “Ricordi ogni tanto del nostro amore che anche se non è mai stato detto sapeva di un fiore”.

“Lento” è ballata rock con voce semi distorta che si fa muro contro la società.

“Vinceremograzie” è canzone contro sogni da uccidere e ricreare come nei migliori film e dove il sequel di “Dove sarai” fa da trait d’union all’emblema dell’avere solo ciò che si vede.

“Mille” abbraccia la parte più sostenuta del disco mentre “La migliore che ci sia” ricorda i Marlene di “Senza peso” , la pioggia si fa sassi che cadono dal cielo ricoprendo ciò che è inutile.

Alla strumentale “Rango” segue “Magari” canzone che racconta di chi fugge perchè ha vissuto troppo senza sapere dove la strada porta: “Magari mi piacerà, magari respirerò lo stesso…magari mi sono sbagliato sempre e forse questa vita non è mia”.

“Leinonsachisonoio” scivola come incroci di Brondi e Prince Billy mentre (Magari) è poesia notturna e silenziosa.

Il disco regala le ultime due ballate: “Il male minore” strizza l’occhio al Corgan migliore mentre “Bam” è buonanotte calda e avvolgente.

Nessuno può pretendere senza dare, nessuno può ricevere amore senza donarlo, il sole forse ci raggiungerà domani e noi attenderemo, perchè nessuno è più solo dopo l’ascolto di questo disco.

 

 

http://www.andreacarboni.it/?audio=due