Hide Vincent – Hide Vincent (IMakeRecords)

Grande prova di introspezione sonora che recupera la bellezza dei cantautori americani dell’ultimo periodo da Bon Iver passando per Bonnie Prince Billy, Iron & Wine, Micah P Hinson e intervallando i quadri dipinti in sostanza sussurrata che si avvicina ai mondi descritti nei primi album di Damien Rice o di Tom Mcrae con arrangiamenti eccellenti e qualità che raramente si può ritrovare in un cantautore dei tempi moderni tanto più che il nostro Hide Vincent è italiano e assomiglia per purezza d’intenti a quel Waiting to Happen dei primi Perturbazione. Troppi nomi?Troppe citazioni?Mi fermo allora perché questa musica in sostanza scava l’anima nel profondo e ci fa vedere una parte diversa dentro di noi, una parte in continuo conflitto con il nostro essere, la parte forse migliore da ascoltare. Dischi di un’immensità come questo riescono a farci riscoprire l’importanza nel valorizzare la bellezza che ci circonda in un’assonanza di ballate nel tempo e per il tempo che arrivano come un fulmine a ciel sereno e si trovano un posto sicuro dove stare, là sul filo di una carezza, prima che venga la sera.