Truemantic – Truemantic (Seahorse Recordings)

Impostazioni mai definite in una musica orchestrale di ampio respiro che ricopre battiti e sposa a meraviglia questioni ambientali che si dipanano in una natura selvaggia e incontaminata, pronta a raccogliere la neve dell’inverno in un notturno sole che sembra non volere sorgere mai. Le emozioni che scaturiscono dal progetto di Toto Ronzulli si possono definire in comunione con l’ambiente circostante e fanno da tramite per entrare in mondi paralleli da colonna sonora per un progetto strumentale attento ad ogni singola sfumatura, ad ogni singola ripetizione che si apre a melodie ultraterrene e di sicuro effetto circolare. Truemantic è un progetto in evoluzione, è una sfida comprensibile nel momento appena trascorso, è un sostanziale interesse per una musica darkeggiante che al proprio interno è capace di intrappolare una minimal elettronica di ampio respiro consentendo al nostro di raggiungere risultati nell’immediato. Buio e luce si respirano in questo disco, compressione verso spazi lontani e desiderio intrinseco di manipolare i suoni per lasciare, dietro di se, scie luminose di desideri sperati. 


Echo Atom – Redemption (Seahorse Recordings)

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Moti ondosi e incursioni post rock capaci di far vibrare cuore, vene e arterie sulla nave chiamata vita che intercorre e trasporta, concede e abbandona attraverso i flutti della ragione, attraverso la forza di ogni concezione per come la conosciamo. Gli Echo Atom scindono i fraseggi in qualcosa di percepibile e costruttivo, abbondantemente introspettivo e contorto quanto basta da relegare il tutto ad un labirinto di coscienza che si scontra con la realtà e che grazie ad un groove e ad un suono incisivo riesce a confrontarsi con quello che portiamo dentro, con quello che siamo e con quello che saremo. Sono solo cinque pezzi, una specie di EP che si affaccia ad un’internazionalità d’oltreoceano e permette l’ascoltatore di accostare capacità intrinseche a nuove esigenze che consentono di penetrare il senso profondo di questi pezzi da Awakening fino a Peaks, tra le radici di Explosions in the sky, Mogwai, God is an astronaut, Caspian i nostri ci donano una prova che può solo fare bene. 


Humanoira – Fedeli alla linea (Seahorse/Audioglobe)

Dopo sette anni dal loro ultimo lavoro ritornano di gran carriera gli Humanoira con un disco arguto e di denuncia, capace di spiazzare sin dalla lettura dei soli testi, che attraverso giochi di parole ci fanno capire come la società di questi tempi sia cambiata, valorizzando maggiormente aspetti che fino a qualche decennio fa erano semplicemente futili e poco considerati.

Fedeli alla linea ricorda i CCCP, ma qui si parla di linea della pancia, passiamo all’apertura in follia registrata con Offerta Wanna Mare per proseguire con deliranti Acari Cari, E allora senti cosa Fo’ e a seguire Il re fasullo per poi imbatterci in altre sgangheratezze soniche che si completano con Punto Vita.

Ci sono un sacco di argomenti e un sacco di spunti in questo disco, c’è il desiderio di fuggire e il desiderio di cambiare la nostra Italia, il bisogno essenziale di cercare qualcosa di diverso dentro a tutta questa opulenza, dentro a tutta questa falsità e il tentativo musicale di unire stili diversi in momenti di psichedelia lisergica che abbraccia l’elettronica e la sperimentazione; un album da assaporare in piccole dosi, per capirlo profondamente, perché qui c’è del materiale che scotta e di sicuro valore.

Ophiuco – Hybrid (SeaHorse Recordings)

Elettronica di grande respiro che si apre a territori inesplorati lasciando spazio ad una capacità espressiva fuori dal comune che da internazionalità alla proposta e abbraccia per certi versi le incursioni sonore di Lali Puna, Massive Attack e i nostri Amycanbe in contesti di sovrastrutture eleganti e mai scontate capaci di dare profondità ad una musica che non sembra facile ad un primo ascolto e dove la forma canzone è delineata a poco a poco quasi a volersi svelare in tempi delicati lasciati al tempo.

I nostri Ophiuco provengono da Varese e concepiscono il loro Ibrido in formato fisico per l’etichetta del cavalluccio marino sempre attenta a spaziare in territori diversi e sempre nuovi garantendo un’offerta nella proposta varia e incisiva.

Dieci pezzi che sono la trasposizione di ciò che si vede camminando nell’oscurità, un viaggio cosmico che abbandona l’essenzialità per mettere in atto, dar vita, ad una macchina con i sentimenti, quelli veri, che trasportano il buio in una dimensione terrena capace di raccontare e raccontarsi.

Il cammino si apre con Desert per chiudere il cerchio con Game Machine, un gesto di percezione che ingloba un pensiero circolare e ammaliante, un grigio accecante dentro ad un contesto che ci rende sempre più vivi, sempre più leggeri e pronti ad accettare qualcosa che va oltre le nostre capacità sensoriali; questi sono gli Ophiuco: elettronica soppesata per canzoni ad effetto che permangono nel tempo.

Thomas – Fin (SeahorseRecordings)

Se devo proprio paragonarli a qualcuno i Thomas per capacità d’azione ricordano i primi MGMT tanto la loro propensione si affaccia ad uno stile che non è incasellabile, ma anzi può essere da spunto per un nuovo, vero, genere musicale.

Fin è un album psichedelico racchiuso da una vivacità sonora che esalta le caratteristiche di poliedricità della band piemontese che alla seconda prova da studio si concede di esplorare ancora più in profondità il subconscio umano fino ad entrare nei pensieri creando un funky Groove per palati da intenditori.

Ascoltare Fin è come ascoltare i grandi album che hanno fatto la storia della musica, ballate caratterizzate da una eterogeneità sconvolgente, ma che nel contempo si apprestano a creare un filo conduttore, una guida rassicurante tra il sogno e la realtà in un condensato sonoro di notevole spessore.

La parte goliardica però è sempre presente e i nostri sono in grado di portare ad un livello di seriosità notevole canzoni come Masturbation fino ad approdare alla riflessione sonora in sprazzi di marcata eleganza come in Miracolo Italiano, passando per le introspezioni di Nine o’clock o nelle bellezze scintillanti di April Fool.

Un disco ricco, pieno di spunti e carico di vivacità, capace di consegnare all’Italia una realtà consolidata e meritevole di successi immediati.

Drama Emperor – Paternoster in Betrieb (Seahorse)

Musica affilata e origini bucoliche per l’esordio dei Drama Emperor, questo splendore di lucente decadenza in cui a tessere trame per inserti psicadelici ci pensa il trio marchigiano che dopo l’ep di esordio targato 2010, si ripropone al grande pubblico con un disco bello e compiuto e che riserva al proprio interno sorprese a non finire con accostamenti di musica jazz all’industrial più pesante di matrice tedesca tanto in voga negli anni ’80 e che ha dato poi vitalità alla scena indipendente degli anni ’90 e dei giorni nostri.

recensioni_img_2470Le canzoni si concentrano quasi su uno strumentale – cantato poliglotta, dove a fondersi in un unico risultato finale troviamo l’inglese, il tedesco e l’italiano.

Michele Caserta, Cristiano Ballarini e Simone Levantesi costruiscono palazzi in decadenza che brillano di luce propria, grazie al contributo di ospiti come GianMaria Annovi, Stefano Zoppi e il produttore Martin Bisi già al lavoro con Sonic Youth e Swans tanto per citarne alcuni.

Il concetto del disco racchiude un po’ quello trasmutare di un popolo assuefatto al quotidiano; entrando nell’artwork dell’opera si vedono condomini che attendono una tempesta, il cambiamento, il grigio con le macchie di azzurro quasi ad indicare che infine prima o poi siamo destinati a morire e a lasciare al nuovo l’ineluttabile compiersi.

“Other side” è annuncio di tutto questo, attimi di riflessione che si aprono a forme di un battere ultraterreno, “Teknicolor” è lezione di stile, qui ci immergiamo nel profondo del genere fino a riscoprire radici di pura psicadelia e rumore uniti in modo esemplare.

“Sing sing sing” ricalca per certi versi una “messa solenne” dove il cantato “se l’oblio è una forma di libertà, ci sono quasi…” fa da apripista corale a riff strutturati e precisi.

“Aber” ricorda CCCP, mentre “Phrase Loop” sente il bisogno di un recitato estraneo compiuto da un “poeta maledetto”.

“Dead of Technology” è riflessione sulla struttura economica pensata per i pochi e causa di morte diretta e indiretta di intere popolazioni.

“Riversami” è invece elettronica compensata da una forte dose di calibrazioni e mescolanze che incede fino al capolavoro di “Second Floor” pianoforte pozzo – profondo ad aprire, raggiungendo tonalità di acqua pece e rinascite sperate.

Un album affascinante e ricco di insenature che ci porta a scoprire la fine di un impero come non l’avevamo mai sentita; la ricerca del trio attinge di certo a pagine già scritte, ma a mio avviso queste 8 tracce sono fonte di rivisitazioni tecnologiche e personali, vicine ad una “No Wave” di gusto e carattere.