Pieralberto Valli – ATLAS (Ribéss Records)

Il punto di forza di questo disco è la capacità di raccontare il nostro tempo con delicatezza e leggera distorsione della realtà in un quadro tanto criptico quanto comprensibile tra il bisogno nell’attingere linfa essenziale e quell’arte per l’arte fatta di prodezze sempre più necessarie al giorno d’oggi. Pieralberto Valli, già leader dei Santo Barbaro, gruppo conosciuto per prove alquanto sublimi e importanti nel panorama della musica indipendente italiana dà vita ad un concept che ricopre spazi di interezza risultando per complessità narrativa fuori dal tempo, fuori da ogni vincolo precostituito e ricco di phatos atmosferico che coniuga alla perfezione il pop-piano di un ritorno malinconico e l’elettronica in sovrapposizioni non preponderanti, ma piuttosto ritmiche che compensano un’anima capace di esprimere in dieci pezzi un condensato di introspezioni inizio secolo. Per parallelismo mi viene da pensare all’ultimo disco di Paolo Cattaneo poi mi fermo un attimo e mi convinco che questa musica è un organismo a sé, capace di vivere di vita propria, basti pensare a pezzi come l’apertura Atlantide, Frontiera che cita Luca Barachetti e i suoi passati Bancale, passando per il Rumore del tempo, Esodo e nel finale Non siamo soli per comprenderne la cura sonora e gli spazi interposti da qui al futuro in una grandezza tangibile e in evoluzione. I social abbondano di schifezze e di diatribe continue, dai TheGiornalisti passando per Motta, nessuno escluso, mercificazione e sponsorizzazioni in abbondanza, discussioni sulle ultime inutilità di questo tempo, poi così dal nulla ti arrivano dischi come questo, in copie numerate e dal packaging così prezioso e ti riscopri in qualche modo lontano, diverso, più maturo, con la sicurezza che quello che stai coltivando, abbandonando tutto il resto, è solo necessario.

Santo Barbaro – Geografia di un corpo (diNotte Records)

I SantoBarbaro si concedono la sperimentazione oltre la sperimentazione, se il precedente Navi avevo fatto presagire un percorso sempre in continua ricerca con questo nuovo Geografia di un corpo i nostri rivoluzionano i suoni, aumentano le temperature, innestano energia dove i tratti vitali rappresi e contorti sembravano morti.

Si parla di bellezza, di una bellezza al confine, una copertina in cui prove di contorsionismo si trasformano in attimi di poesia calcarea e marmorea, un incipit al fulmicotone che si lascia abbandonare a sostanziali onde di disincanto: un gelato rintocco, un sorriso quasi velato.

Ecco allora che Lacrime di androide è preziosa energia che porta al compimento un disco maturo ed elegante che ci trasporta a sonorità soffocanti e ipnotiche in pezzi come Cosmonauta o La necessità di un’isola passando per l’apertura punk elettrica di Corpo non menti.

I toni si fanno poi Kuntziani in Finche c’è vita continuando racchiudendo forse il pezzo più introspettivo e romantico di tutto il disco Ti cammino dentro che ricorda, a tratti, del precedente disco, Prendi me.

Sono lame rotanti queste canzoni che ti tagliano e ti assorbono, come corteccia che trae nuova linfa per future fioriture, non a caso compare anche Tra gli alberi, composizione tratta dall’agiografia di alcuni santi e profeti cristiani che porta al finale una semi post rock strumentale In memoria di nessuno.

Disco meraviglia, che stupisce e si amplifica, dona e sorprende nella sua eterogeneità e nella sempre cara e importante presenza di contenuti non trascurabili.

Una prova dunque dal sapore etereo, che si può definire meta di qualsiasi forma di comunicazione musicale.

Santo Barbaro – Navi (Autoproduzione)

I Santo Barbaro nascono nel 2007 dalle menti di Pieralberto Valli e Marco Frattini.

Tre i dischi con questo pubblicati fino ad ora: nel 2008 Mare morto, Lorna nel 2010 e il nuovo Navi a Dicembre 2012.

Il duo, in questa ultima fatica, racconta di paessaggi scarni, affascinanti dove grida misteriose si mescolano alla nebbia mattutina che ti regala, fluttuante, nuvole di neve.

Le parole non sembrano portare al niente ci si lascia prendere dall’incastro, dalla poesia di frasi che non lasciano posto al cantautorato verboso, ma piccole gocce di tempesta su di un mare tutt’altro che calmo dove Navi fluttuano senza meta, raggiungendo isole misteriose e inospitali.

Grande è questa prova del duo, che attraverso sussurri, emoziona il cuore; quel cuore tanto vicino al cantautorato italiano degli ultimi tempi, quello con la C maiuscola (Non voglio che Clara, Virginiana Miller), ma con l’aggiunta di un’elettronica quasi claustrofobica, ridondante new wave che crea immagini e visioni.

Nel disco si suonano sintetizzatori, pianoforti, bassi, chitarre e lamiere e ne è meravigliosa testimonianza Quercia, mentre echi di rock atmosferico si suonano in Transit, come Non sei tu ricorda Yorke nella sua prova solista, bellissima poi la calda e conturbante Prendi me che lascia posto a sottomarini gelidi di La tempesta dove naufragi chiudono il disco con Nove Navi.

Se almeno le stelle cadessero altrove, se il cuore non fosse così poco visibile, se il vento non fosse così difficile da spingere altrove…allora tutto sembrerebbe più semplice, più facile, più vero.

Grazie ai Santo Barbaro che anche questa volta ci hanno fatto comprendere la bellezza nascosta dietro a vetri grigio fumo.