LAB081 – ‘E Guarattelle (Italy Sound Lab)

album 'E Guarattelle - Lab081

Benvenuti nel grande spettacolo della vita tra attori, burattini, mefistofelici personaggi in cerca d’autore e angeliche visioni di un passato che sembra lontano. Musica pop, musica folk, musica d’autore mescolata assieme ad una world music che sa di appartenenza a qualcosa di più grande, completo e sostanzialmente potente e intriso di significati. Il disco dei LAB081 è un tuffarsi all’interno dei rioni che inglobano la città, attraverso le vie, i vicoli che odorano di respiri e di bisogni di appartenere ad una terra che non si immedesima geograficamente come un punto sulla mappa, ma piuttosto si espande là dove il cuore lascia il posto ai sentimenti attraverso una musica per così dire di folklore autoctono che conquista per analisi e freschezza della proposta. La giovane band partenopea dà vita ad una prova che mescola il passato con il presente, il mandolino con l’elettronica, quasi a voler dire di guardare al futuro senza tralasciare le proprie radici in un suono che prima di tutto si fa speranza per i giorni a venire.

Daniele Maggioli – La casa di Carla (Hoollapeppa Dischi)

La casa di Carla è un ambiente decorato ad arte dove sinuose rappresentazioni della realtà aprono ad un mondo di per sé metafisico e dilatato, privo di barriere ideologiche, ma carico di quell’appeal emozionale che riempie, consuma ed accende speranze in un concentrato di vita che assume le connotazioni di una poesia in musica capace di emozionare. Il disco di Daniele Maggioli, componente attivo del Duo Bucolico è un piccolo EP dove la forma canzone abbraccia un velato cantautorato ricco di atmosfere e suggestioni in grado di entrare in comunione con un pensiero che si esprime già nella bellissima apertura affidata ad Architetture per trovare il proprio completamento nella title track che lascia il posto a speranze da ricucire nel passato scovato ad occhi aperti di Madame. La casa di Carla è un disco raffinato e concettuale, una stanza di ricordi dove l’assenza e l’abbandono riempiono come mai prima e dove il vuoto assume una connotazione lontana, quasi fuori dal tempo.

Folkstone – Ossidiana (FolkstoneRecords/Universal)

Mutare forma, inventarsi, captare le sfaccettature dell’ossidiana, vetro vulcanico in divenire che racchiude al proprio interno le ere, il passato, il tempo che fugge, si consuma, cambia. I Folkstone ormai hanno raggiunto un livello musicale e di maturità invidiabile tanto da poter imprimere nella scatola dei ricordi bellezze sopraffine di un qualcosa che comunque resta ricerca, tentativo, ambizione per un disco, il loro nuovo che non chiude la porta al passato, ma la amplifica rendendo i racconti di vita presenti all’interno delle tredici canzoni un punto d’ancoraggio sicuro e condiviso. I testi e la voce sono in primo piano e le contaminazioni presenti si fanno sempre più tangibili e reali, canzoni come l’apertura scoppiettante di Pelle nera e rum, passando per la potenza di Scintilla o la storia di Anna, la bellissima Asia e il finale affidato alla title track sono solo alcuni episodi importanti di uno spaccato esageratamente preponderante e che non passa sottotono. I Folkstone si confermano una realtà alquanto florida nella nostra penisola, un gruppo che riesce ad incastrare le peripezie del metal con la melodia del folk in un abbraccio mutevole che sa perennemente di rinascita.

Francesco Pelosi – Il rito della città (Autoproduzione)

Partire dalla città per addentrarsi lungo vicoli di provincia che hanno il sapore della nebbia e del bosco, del tempo scandito dalla sua lentezza e dai modi di occupare la vita tra osterie e persone da guardare e osservare negli occhi profondamente. Francesco Pelosi nella sua prova d’esordio dà spazio ad una musica d’autore introspettiva, profonda e notturna in quanto riesce non solo a dare un senso di oscurità all’insieme di canzoni proposte, ma riesce a trasportarti all’interno di un mondo dove la notte è madre, sovrasta e crea microsolchi ambientali capaci di appartenere ad una dimensione quasi ultraterrena tra il solenne e il ricercato, tra De André e Cohen in un viaggio all’interno della nostra anima che scava e circonda, assapora e rende leggero il nostro vagare intorno. Nelle composizioni di Francesco respiriamo la magia di un bosco autunnale e della montagna, delle porte tarlate abbandonate al tempo e dei fiori che via via si stanno per appassire lasciando posto al ricordo, alla malinconia e allo spogliarsi di ogni orpello per ridiventare sempre e solo noi stessi. Da Sonno, il singolo O morte passando per Nordest, Le belle canzoni e il lungo e a sorpresa finale di No pasaran il nostro ci regala una prova d’autore intensa e meditata di quelle che hanno il sapore della polvere e della realtà che ci costringe ad aprire gli occhi e a guardare il resto attraverso nuove prospettive.

Andrea Brunini – L’isola dei giocattoli difettosi (Autoproduzione)

Incrociatori di stili, umori e colori, per la seconda prova del cantautore toscano Andrea Brunini, per un disco che porta con sé il sapore dell’amore, delle cose semplici e di tutto ciò che velatamente fa muovere gli ingranaggi di questa società malata ponendo l’individuo sempre e comunque all’interno di storie da cui è difficile uscire. L’isola dei giocattoli difettosi è un insieme di canzoni che con ironia ci fa vedere la nostra finitudine, il nostro lavora, consuma, crepa. Lo fa con una capacità cantautorale mescolata al folk delle tradizioni e facendo del citazionismo letterale e cinematografico un punto d’incontro con uno stile asciutto e sincero. Ciò che ne esce è una prova curiosa e ricercata soprattutto in chiave testuale, ricordiamo l’iniziale Fuori posto, il singolo Giulia o pezzi come la title track e la finale lasciata a Notte, quasi una chiusura del cerchio naturale che nell’istantanea del momento si fa presenza e per un attimo consola e svanisce. Un album diretto, senza giri di parole che trova nel senso di illusione quotidiana una profonda rinascita e un punto di partenza per comprendere ciò che ci circonda.

Il colle – Dalla parte dello scemo (Autoproduzione)

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Adrenalinici con poesia Il colle rassicura con testi che ci toccano da vicino e nel contempo dipanano le ombre del passato con una musica fresca e genuina, capace di far penetrare le parole e le storie da raccontare in un saliscendi vorticoso che spazia e sa cambiare facilmente di registro, maturando idee, sperimentando concezioni di vita. Il colle, provenienti da Empoli, con questo loro primo disco dalla forte attitudine punk si fanno portatori di un suono particolare che porta con sé delle vibrazioni malinconiche ed introspettive capaci di fondersi in modo del tutto naturale con le prose in musica proposte, senza il bisogno di raggiungere la rima facile per esprimere un concetto, ma piuttosto facendo della ricerca una chiave costante che li accomuna a band come Diaframma o a realtà più scanzonate come la Bandabardò. Le dodici tracce proposte sono l’eco naturale dei nostri giorni e arrivano ad intensità importanti in canzoni come Con in tasca la morte, nel non sense del singolo di Io ti amo Calimero (Parigi), nelle passioni di Alessandra o di L’albero di cedro. Un disco che suona completo sotto molti punti di vista, brani in grado di analizzare la nostra realtà con occhio panoramico, con sguardo pop di sicuro interesse e con la voglia di mettersi in gioco con attenta leggerezza.

TWEE – Mango (Autoproduzione)

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Suoni estivi per una produzione che guarda al passato e nel contempo al futuro con il sorriso e con la caparbietà di chi sa curare fin nei minimi particolari i suoni colorati che provengono da una dimensione terrena fatta di verismo musicale e approccio costante nell’uso di stratagemmi per coordinare ritmo e pensieri al suono di una musica piena di coinvolgimento e di facile appeal. I Twee con la prova Mango, loro disco d’esordio, confezionano un album davvero eclettico sotto molti punti di vista, un album che lascia correre dentro di sé il sapore dei parallelismi con una musica fresca e nel contempo sporcata dal blues, dal jazz e dall’indie folk fatto con ukulele e chitarrine da spiaggia il tutto condito con salsa rinfrescante e produttiva, mettendo da parte malinconie autunnali e lacrime facili all’angolo della strada. Ciò che ne esce è un disco curato dove tutti i pezzi proposti hanno una loro omogeneità d’insieme da Swng It fino a Cold Monday per dieci brani che non si prendono troppo sul serio, ma nel contempo fanno della serietà cesello essenziale per arrivare a notevoli e interessanti risultati, davvero bravi.

Family Business – Family Weakness (Believe)

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Incrociatori pop per un duo liquido fatto di pelle e sudore, coppia sul palco e coppia nella vita, buskers per scelta e musicisti per esigenza che sapientemente raccolgono l’eredità dei suoni popolari, quelli un po’ammiccanti con ritornelli che si fanno ricordare per consegnarci una prova finanziata attraverso la piattaforma Music Raiser, una prova di sostanza dove non ci sono sbavature e i pezzi presenti sono la summa interiore di un pensiero che affronta la vita a testa alta. Registrato, mixato e masterizzato al Fusix Studio di Andrea Fusini, il disco dei Family Business suono di per sé molto internazionale con piglio deciso e voce graffiante non si limita a scopiazzare qualcosa di già sentito, ma piuttosto l’energia che traspare dalla prova stessa è veicolo per dare forma a concetti che si fanno portatori di vastità da incamerare e dove tutto è al proprio posto tra il folk e lo gipsy, passando per il già citato pop, tra il partire e il tornare e tutto il mondo all’interno da scoprire in sodalizi che non si pongono una fine, ma piuttosto ricercano costantemente un inizio da cui partire.

Carlo Mazzoli – Avalanche Blues (Autoproduzione)

Disco d’esordio in solitaria che accarezza il vento e la brezza marina per ricondurre cascate di parole ad una forma essenziale, quasi primordiale, cogliendo sfumature e aspetti di vita intersecati ad ogni mirata latitudine. Carlo Mazzoli dopo l’esperienza con i Dead Bouquet e dei Rubacava Sessions ci regala un disco malinconico caratterizzato da accenni di sorpassi graffianti che rendono l’album apprezzabile sotto molti punti di vista. C’è il passato del primo Springsteen e dei cantautori che hanno fatto la storia della musica come Dylan e Cohen e c’è un piglio di modernità sfiorata con stile e rimandi a Rufus Wainwright e movimento in dissoluzione nelle canzoni più energiche di band come REM e Counting Crows concedendo all’ascoltatore spazi di pensiero in un disco ben amalgamato che come fiume in piena ci trasporta attraverso il suo significato più profondo. Dall’apertura di Avalanche Blues fino a On the horizons e passando per quella Steel rails blues firmata dal cantautore country canadese Gordon Lightfoot il nostro Carlo Mazzoli ci consegna un prova che porta con sé un leggero sapore di polvere e sedie a dondolo, verande di legno e solitari pensieri che si aprono all’orizzonte.

Malamanera – Dimmi cosa vedi (Autoproduzione)

Se devo rispondere alla domanda che da il titolo al disco, vedo tanta bella speranza utopica che converge e si apre in tutta la sua bellezza attraverso queste canzoni che danno un senso profondo al nostro esistere, fuori dai cliché di stile e implementando un pensiero che si staglia oltre le solite mete per cercare di dare un senso al tutto che ci circonda, soffermandosi sull’importanza del vivere sociale, dello stare insieme, del condividere e dello sperare. I Malamanera sono tornati con un disco emblematico per i nostri giorni, sono tornati raccontandoci un pezzo di mondo che non conosciamo o che troppe volte ci siamo dimenticati di osservare da vicino. La band toscana parla di vite, le nostre, abbandonando per certi versi la leggerezza del precedente album per concentrasi maggiormente sulla forma e sul contenuto impresso in questi pezzi in levare che si approcciano ad un cantautorato d’insieme che prende forma via via che le canzoni si susseguono, da Piccola goccia fino a Panamerikana, giocando con le parole, ma ricordando ancora una volta il bisogno di schierarsi sempre e solo da una parte: la parte migliore che possiamo intravedere in tutte le cose.

Per ulteriori info e per acquistare l’album:

https://malamanera.bandcamp.com/album/dimmi-cosa-vedi-4