Fabrizio Tavernelli – Fantacoscienza (Lo Scafandro)

Anfratti crepuscolari di un universo d’autore che si stagliano nella coscienza a riformare una parte di noi che si è persa nel buio, a riformare un bisogno esistenziale di cura verso ciò che stiamo perdendo, una fusione tra spazio e subconscio che mira a comprendere le ardite sperimentazioni della nostra mente che si protraggono da qui all’eternità in un circolo senza fine, mirabile e strutturato che va oltre il cantautorato, rendendo la proposta di Fabrizio Tavernelli, attivo già dagli anni ’90 con AFA, CSI, la creazione del progetto Materiale Resistente, passando per Duozero, Groove Safari, Ajello e Babel, una proposta dal sapore personale e soggettiva che interseca la poesia e la letteratura, passando per il cinema e dando vita a sperimentazioni sonore che si fanno veicolo per nuove malinconie postmoderne  e esistenzialismo elegantemente conclamato e atteso, ritrovato e inglobato, un mirare il cielo da nuovi punti di vista, verso l’ignoto, verso ciò che non conosciamo, capire la fine per comprendere il principio, in un’eterna attesa che si dimostra essere parte integrante di noi, tra lo sprofondare negli abissi e quella cura nel particolare che spesso paga, spesso dona soddisfazioni, per attimi di luce che possono durare solo il tempo di un abbaglio, un abbaglio però che sa ancora di speranza.

Barachetti / Ruggeri – White Out (Ribéss Records/DGRecords)

Lo spazio inteso come luogo dove vivere non è mai stato così ben definito, l’idea, il concetto di ambientazione sonora qui travalica il senso del già sentito per inglobare un’idea di musica, che musica non è, ma è narrazione lacerante di un racconto post futurista e egregiamente colpito fino al midollo, nella sua imperscrutabile essenzialità, maturata nel tempo, maturata negli anni.

Il duo Barachetti/Ruggeri intasca una prova innovativa che si fa prima di tutto interrogazione sul tempo che abbiamo davanti e su quello che è appena passato, una prova fluida e scarna, quasi malata, sintomo di un qualcosa che ci rende prigionieri, che non ci rendi liberi, ma è ossessione fanciullesca narrata, è abbandono e accoglienza in un moto perpetuo assordante, nel bianco e fuori di esso.

C’è del colore però nella narrazione, c’è il Ferretti del post CSI e tanto desiderio nel ricreare qualcosa che va oltre gli schemi precostituiti, abbattendo le tre dimensioni che conosciamo e facendo dell’elettronica una costante gravitazionale che annienta le produzioni odierne e si fa veicolo e funzione della stessa storia, dello stesso racconto sonoro.

Il bianco che fa da sfondo e l’oscurità che avanza già dal primo pezzo fino a convogliare le energie in quel fiume verticale di mirata desolazione; i nostri, con questo disco hanno saputo raccontare di luoghi inospitali, così vicini alla nostra anima dannata e capaci di infondere l’esigenza di uscire dalla scatola che ci tiene prigionieri.

Astolfo sulla luna – CancroRegina (MiaCamerettaRecords)

Astolfo sulla luna è:

Lei – Divagazioni in delay, sfoghi letterali e sottofondi synthetici Lui – Catenelle a caso su piatti ben precisi L’altra – Reazioni calcolate ad overdrive costante

Astolfo ruba pezzi di Letteratura per renderli propri. Astolfo inventa bpm a Tempi dispari. Astolfo ricopre il tempo con un basso Incostante. Astolfo synthetizza la realtà per poi Sputarci sopra con distorsioni in delay. Astolfo è antipatico, antisettico, matematico, irrequieto, irreale, malvagio, tenero. Astolfo non sa cantare nè parlare, però si veste bene. Astolfo è postneoclassicismorealista qualcosa. Astolfo si vede una volta si e 364 no. Astolfo va sulla luna a riprendere il Senno perso, lo riporta Qui. Sotto forma di Rumore.

Concentrato di affanni in delay, sontuose cavalcate attorniate da epiche parole, quasi un poema, quasi un Ariosto del XXI° secolo a scandire il tempo in una giornata di pioggia dove il nulla sembra essere al suo posto.

Ed ecco la rabbia scatenata, momenti di acuto silenzio e sana recitazione contrapposti allo scatenarsi della tempesta inondante. Recitato Offlaghiano, struttura compatta, quasi sensuale carezza, quasi stucchevole ragione dell’intendere.

Trio di batteria chitarra e basso che raccoglie spunti dalla tradizione post rock, per dilatare il tutto con stile.

4 Canzoni che destrutturano la forma canzone, citando anche Dante e il passato, un’anima tormentata quella che canta, un’anima che raccoglie le ore dove la mezzanotte scuote la memoria, dove ci sono anni per costruire e attimi per distruggere, i nostri sogni in un unico sogno. Sono felice per Astolfo, felice che abbia trovato la sua strada.