Espana Circo Este – Scienze della maleducazione (Garrincha Dischi)

Disco critico e proiettato nel mondo della mercificazione dove la protesta degli Espana Circo Este si fa sentire vomitando al suolo parole soppesate e nel contempo di pura energia vitale che ci fa in qualche modo entrare in un universo diverso e possibilmente autentico, criticando in maniera sovversiva i così tanti soprusi che caratterizzano la nostra società, la inchiodano al suolo e non le permettono di entrare in contatto con una realtà tangibile e mutevole.

Gli Espana Circo Este sono tornati e in questa loro seconda prova si respira un’autenticità che fa ballare, loro primo e indiscusso marchio di fabbrica, un ballo che si fa riflessione e inno alla non troppa leggerezza, un guardarsi dentro in qualche modo, guardare alle imperfezioni come punto di svolta permettendo all’ascoltatore di superare barriere prima insormontabili.

Sono dieci tracce per questo suono punk contaminato, un po’ zingaresco e un po’ tangheggiante che esprime la massima ambizione poetica in Dammi un beso e si proietta nelle sperimentazioni di Gabriel PT1 e Gabriel PT2 per sodalizi di un’altra terra polverosa in cui vivere per sentirsi finalmente a casa.

Edo e i bucanieri – Canzoni a soppalco (Garrincha Dischi)

Canzoni disimpegnate con fondi di verità ineguagliabile per Edo, che si affaccia al pubblico nazionale con un nuovo nome a sancire le collaborazioni preziose del tempo, a sancire l’esigenza di non essere solo e unico fulcro di un mirabile progetto, ma piuttosto un’esigenza che si fa portatrice di nuovi stimoli per affrontare in modo diverso ciò che la realtà, giorno dopo giorno, ci offre.

Sono storie di vita, quelle scritte da Edoardo Cremonese, cantautore di origini padovane e trapiantato a Milano, sono i racconti delle coppie, sono gli amori indissolubili che si sciolgono come neve al sole, sono il fumo che ci pervade gli occhi prima di riuscire a piangere di nuovo e inevitabilmente sono piccoli fotogrammi di un film che vivono di vita propria: crescono e si adattano, fino al momento dell’abbandono, fino al momento dell’ultimo saluto in un cerchio continuo che si chiama vita.

Ecco allora che gli episodi quotidiani si alternano ai generi più disparati, dal reggae al brit pop per toccare un’elettronica ben dosata e utile nel creare un’atmosfera esigente e al contempo frivola, una dicotomia che parte dal mondo che si osserva, da ciò che gli occhi possono vedere.

Ogni canzone quindi è storia a sé ed è pura sostanza per questi giorni, dieci piccoli racconti che chiedono al tempo di fermarsi e di immortalare, ancora per un momento, quell’attimo infinito.

Officina della camomilla – Palazzina Liberty (Garrincha Dischi/Panico Dischi)

Disco che disorienta e spazia in maniera del tutto improvvisata da sonorità lisergiche e quasi psichedeliche verso sostanziose ballate chitarristiche quasi live che in primo piano si fanno racconto di un mondo in decadenza, di un’istantanea accesa dal colore del mare e pronta a sconfiggere l’inutilità per arrivare al succo comprensibile solo da pochi; questo disco è un salto nel vuoto, il vuoto del tempo da colmare, il passaggio segreto, osando e ripetendo, evitando la caduta e magari costruendo nuove forme di società reale, vera, grazie ad occhi sempre aperti, fatti per vedere, fatti per respirare.

Sgangheratezza cosmica che si lascia espandere con intro infinite, dilatate, orchestrali, arrangiamenti studiati per creare tappeti addobbanti foreste, tra Swing, Valzer, Industrial da rave e quell’approccio tanto caro al passato che vede ancora quella tastiera a comporre melodie di facile presa e giusta ambizione, i Beatles e i Verdena, spruzzate di Pink Floyd, Sycamore Age e la cover simil Closer dei compianti Division per un album che è pura transizione per i giorni che verranno, uno studio di un concetto, di un qualcosa che era e che ora si fa ombra, un corridoio oscuro, una porta in fondo alla notte e poi la luce, tanto bella ed essenziale che ti viene voglia di baciarla.