Sebastiano Lillo – Loving duende (Trulletto Records)

Loving Duende | Sebastiano Lillo | Trulletto Records

Fantasmi abbandonati allo scorrere dei giorni diventano punto di rottura sostanziale con il passato per divenire un qualcosa di malleabile e duraturo, capace di scrutare all’interno dell’animo umano perpetuando l’idea che tutto ciò che viene costruito ha bisogno di essere ricordato. Il disco di Sebastiano Lillo profuma di blues, ma nel contempo odora di musica afro ricordando le sperimentazioni degli I hate my village, ma proiettando le atmosfere ricreate in una quotidianità da cui uscire per costruire interpretazioni sonore che vanno aldilà di ciò che definiamo musica. Loving duende è un affresco esistenziale e multisfaccettato di un momento. Una continua ricerca che ingloba le elucubrazioni dei Dead cat in a bag, di Stella Burns per un insieme di pezzi che ricoprono elaborate visioni di ciò che sarà. Loving duende è un disco che non si accontenta, una smisurata attenzione ai dettagli, poi, riesce a disegnare un quadro d’insieme elettrizzante e nel contempo meditativo per un album che colpisce al primo ascolto.


 

Soloperisoci – Ingresso riservato (Goodfellas)

Post punk compresso modellato su un low-fi impreziosito da contrappunti sonori che trovano nel vuoto un punto essenziale per comprendere una poetica scanzonata, fatta di momenti vissuti, di rimpianti, a disegnare un suono maledettamente pop sporcato da un alternative da preservare. Il disco d’esordio della band romana Soloperisoci suona diretto, senza troppi orpelli. Una musica capace di fotografare momenti in simultanea con un qualcosa che richiede magnetica interpretazione, ma nel contempo intrinseca sensazione che tutto ci tocchi da vicino, parlando al cuore e all’anima di chi ascolta. Sono nove canzoni non troppo veloci, ma ballabili, interiori quanto basta per suscitare sentimenti metropolitani scardinati da una wave particolare e di puro effetto. Un marchio di fabbrica importante che costruisce attese snocciolando pezzi come l’apertura affidata a Bristol per poi proseguire con Dipendente, Ho paura, Terza guerra mondiale, per una album ben pesato e carico di un appeal emozionale davvero esaltante.


LeBron Johnson – Anonymous (Bajun Records)

LEBRON JOHNSON - Anonymous - Radiocoop

Musica di strada complementare ad un’esigenza di sentire lo scorrere interiore del sangue attraverso una perenne contaminazione di momenti, stili, sovraincisioni funk materiche di stampo blues e in continuo movimento. Il disco di  LeBron Johnson suona in modo formidabile sin dalla traccia d’apertura. Un album maturo, vivo e reale. Passato e presente che si intersecano nel creare qualcosa che valga la pena assaporare. Un concentrato di energia che trova nel soul e nel primo rock sperimentale di Hendrix la chiave di volta per far rinascere contesti contenuti nell’attualità. Anonymous è un disco ambizioso e nel contempo diretto. Un insieme di tracce dove la produzione di Riccardo Rinaldi già con Sud Sound System, Neffa, Colle Der Formento è di essenziale importanza per far uscire il massimo da una già potenza notevole sia a livello poetico che compositivo.  LeBron Johnson, con la sua band, ci fa ballare e lo fa grazie ad una qualità globale davvero sorprendente.


Marta Dell’Anno – Tempo di metamorfosi, di Sante e di Madonne (Controra Records di MID SIDE aps)

MARTA DELL'ANNO - Tempo di Metamorfosi, di Sante e di Madonne - Radiocoop

Puzzle emozionale cucito addosso allo scorrere del tempo in grado di amplificare vedute all’interno di un diario di vita dove sensazioni, stati d’animo, momenti che non torneranno più si incrociano per inglobare strade di mondo, strade di vita, strade di un essere oltre ogni cosa. Il nuovo di Marta Dell’Anno, il settimo disco per la precisione, è un lavoro stratificato capace di mescolare lingue e vissuti all’interno di un sentiero perennemente in salita, ma ricco di soddisfazioni, dove jazz, musica d’autore, world music, prog si fondono per creare una sorta di magia da respirare. Dodici acquerelli disegnati attorno ad un accostamento cromatico fatto di vicoli baciati dal sole, notti infinite e poesia in musica che convince per solidità e maturità raggiunta nel corso del divenire. Tempo di metamorfosi, di Sante e di Madonne non è solo una lezione di stile,  come potrebbe ricordare, per certi versi, la musica della nostra, ma piuttosto un’esigenza interiore di raccontarsi amalgamando l’originalità con quel qualcosa in più tipico di chi la musica oltre che farla, la sente.


Anna Soares – Dionysus (Lost Generation Records)

Dionysus

Meraviglie sonore disincantate producono metamorfosi in divenire toccando vertici di musica sopraffina ad inglobare Massive attack, Björk, Amycanbe in un’apoteosi di chiaro scuri emozionali capaci di entrare dentro e non lasciarti mai più. Nel nuovo disco di Anna Soares si respira un’elegante rappresentazione di ingegno elettronico messa a disposizione di una voce vellutata e perennemente parte di una rappresentazione erotica e di un suono multiforme e accomodante, penetrante e sulfureo, enigmatico e costruito attorno ad un trip – hop che accarezza il pop e lo rende degno di compartecipazione, mai astratto, ma piuttosto calato nella realtà. Anna Soares in questo nuovo capitolo fatto di rituali e e architetture ammalianti si avvale anche delle collaborazioni, in alcuni pezzi, di Dorian Nox, Gennaro Ferraro, Fabio Fraschini, Pasquale De Rosa nel tentativo di dare peso e sostanza ad una prova che trova, nel buio che avanza, una sorta di luce illuminante che come abbaglio ci rende più liberi nelle nostre scelte quotidiane.


Hoodya – A song has a thousand years (Record Y)

Fiammiferi esplosivi si lanciano nell’etere e imprigionano energia vitale attraverso una composizione fatta di sensazioni post psichedeliche raggruppate nella torre di un suono minimale impreziosito da contrappunti sonori entusiasmanti, ma nel contempo meditativi. La musica delle Hoodya sembra provenire da terre lontane, è un connubio apocalittico con la natura circostante a ricoprire i vuoti di voci che si rincorrono creando atmosfera e riuscendo nel tentativo di dare alla luce un disco molto particolare, mai banale, ma piuttosto verboso, circolare, con punte di lirismo non convenzionale e lisergico quanto basta per farci entrare in un flusso canalizzatore che ingloba passato, presente e futuro. Tracce come l’apertura I have never loved someone sono necessarie per comprendere un’unione di parole mai lasciate al caso, come del resto I migliori anni della nostra vita, canzone clamorosa estrapolata e reinterpretata, senza dimenticare poi le essenziali Replay e Hyperballad per un album d’insieme dove magia e poesia sembrano essere un’unica cosa.


FUMETTI – David Rubín – Il fuoco (Tunué)

Titolo: Il fuoco

Autore: David Rubín

Casa Editrice: Tunué

Caratteristiche: 256 p./Rilegato

Prezzo: 29 €

ISBN: 9788867905324

 

 

Passato, presente e futuro collimano nel raccontare, a voce gridata, a voce sussurrata, ampliando vedute, una storia distopica impressionante per narrazione fluida e potente e nel contempo visivamente grandiosa e cesellata attorno a dimensioni oniriche capaci di diventare incubi ad occhi aperti e disegnati, per l’occasione, attorno al nostro lento migrare. Uno spostarsi verso un qualcosa di indefinito, composito, materialmente sfuggente.

Ci sono fumetti che penetrano il cuore, ti lasciano interdetto, profumano di clamore e abbracciano la moltitudine dei sentimenti umani partendo da una fantascienza di matrice classicheggiante che si espande e come flusso vitale scorre nelle vene, si trasforma e diventa metamorfosi, diviene ingrediente necessario per raccontare di questa e altre vite, di ciò che siamo stati e di ciò che non saremo mai.

Gli intrecci narrati si sviluppano in modo semplice e lineare, ma la grandezza di quest’opera è racchiusa nella raffinata scelta di esporre particolari che brillano di luce propria, di ampiezza raggiunta e di stimoli visivi di una bellezza sconvolgente, cinematografica e insiti in quell’eterna meraviglia chiamata vita da cui traiamo spunto per ricreare interiormente le nostre esperienze evolutive.

Ad Alexander Yorba, architetto di importanza mondiale a cui è stato diagnosticato un cancro in fase terminale, è stata commissionata la costruzione di una colonia lunare per permettere, a parte degli abitanti della Terra, di salvarsi prima che un enorme asteroide colpisca e distrugga il pianeta. Il cambiamento del personaggio, lungo il corso della vicenda, è straordinariamente caratterizzato e la riflessione scaturita dall’introspezione sarà la chiave di volta per comprendere un finale commovente, maestoso e definito soltanto nelle ultime pagine del libro.

Il lavoro di David Rubín ricorda alcune scelte stilistiche di Danijel Žeželj e le intense inquadrature apocalittiche sono essenziali per assaporare una poetica visionaria intrisa di realtà tangibile. Bellissimo l’omaggio a Roma, città senza tempo sul sentiero del crepuscolo, delicata inoltre la rappresentazione di un amore che prova a sfidare il nulla che avanza.

Uscito per Tunué, Il fuoco, è uno dei capolavori di questo tempo. Un autore in stato di grazia per un fumetto pregno di sentimenti innescati da una miccia fuori controllo. Un’ apoteosi cerebrale che divampa oltre la ragione e colpisce inevitabilmente un cuore che si consuma fino all’ultimo respiro.
Per info e per acquistare il fumetto:
https://www.tunue.com/product/il-fuoco/

 

Roberto Benatti – Aspettando Ribot (Autoproduzione)

Aspettando Ribot

Incrocio reale tra Lolli e Cohen passando per Fabrizio De André in un’intimista e onirica prova fatta di sudore, parole sussurrate e introspezioni che sfociano all’interno di mari in tempesta pronti a calmarsi in qualsiasi momento per poi ripartire più fragorosi che mai. Aspettando Ribot è un disco di rimpianti, in parte. Un diario intimo e soggettivo che ricerca, nella metamorfosi, un ineguagliabile mondo in dissoluzione. Roberto Benatti, contrabbassista alla Scala di Milano, ci regala una visione del tutto personale e autobiografica di un universo fatto di paesaggi mutevoli e cangianti. Mondi costruiti attorno alle piccole cose, ai contesti di ogni giorno, alla vita simultanea e condivisibile che diventa perpetua e si affaccia sul nostro crescere, sul nostro costruire elementi portanti da qui al futuro. Dalla title track fino a Brivio il nostro gioca con le parole dipingendo dodici quadretti di vita famigliare tra un velato acquarello e una materica costruzione esaltante fatta di vissuti che lasciano il segno.



 

Nickel Kosmo – In principio era il nichel (Record Y)

Sentieri inesplorati fatti di materia e polvere si inabissano all’interno di cristalli simultanei che scorrono alla velocità della luce trasformando un’opera multidisciplinare in qualcosa di intimo e coraggioso. Musica, narrativa e fumetto concentrati nel dare un senso tangibile e volutamente reale ad un qualcosa che nasce dalla fantasia per poi condensare l’esperienza vissuta in unicità in evoluzione. In principio era il nichel racchiude i segreti della nostra Terra e del Cosmo intero. Un viaggio emblematico dove sintetizzatori riescono a cucire una sorta di jazz sperimentale ed elettronico dove i singoli momenti vanno a confluire in un unico quadro d’insieme che si fa bellezza nell’incedere quotidiano. Un album davvero particolare e suadente quanto basta per affascinare anche l’ascoltatore più dubbioso. Da Thus was born Nickel Kosmo, fino a Insolita emozione, Flavio Zanuttini e Michele Bonifati riescono a costruire architetture spaziali per un insieme di tracce calate nella contemporaneità. Un album ricco di sfumature capace di sfidare il tempo. 


Phorminx – Phorminx (Record Y)

La creatura sonora di Ruggero Fornari prende vita incentrando una ricerca musicale che si apre a suggestioni impressionanti a ricoprire la natura circostante di messaggi da decifrare, di codici esistenziali, di passaggi verso altri mondi mai descritti prima e ricamati nel tessuto cerebrale di un progetto qualitativamente importante. Oltre al già citato Ruggero Fornari alla chitarra troviamo Alessandro Cianferoni al basso e Lorenzo Brilli alla batteria per un risultato d’insieme, una musica strumentale, davvero destabilizzante e in grado di inglobare caleidoscopi difficili da incasellare. Un art rock sporcato dal jazz, dal suono tribale, una colonna sonora metafisica d’ampio respiro che non si accontenta, ma che riesce a trovare spiragli necessari grazie ad ogni nota riprodotta e incapsulata all’interno di universi in divenire che donano all’insieme prodotto una delicata visione di una realtà che cerca di scoprire la propria interiorità. Dai Pink Floyd fino ai Radiohead  passando per Mogway e Portishead i nostri riescono a trovare una propria strada da seguire nella complessità narrata.